Il Papa pubblica il Messaggio per la Pace 2017: La non violenza, stile di una politica per la pace

Nel Messaggio per la 50ma Giornata mondiale della pace, papa Francesco afferma che la nonviolenza è la scelta più ragionevole; la violenza è invece illusoria. Il vangelo dell’amare i nemici è “la magna charta della nonviolenza cristiana”. Le testimonianze di Madre Teresa, Gandhi, Martin Luther King, Giovanni Paolo II. “Nessuna religione è terrorista”. “Le politiche di nonviolenza devono cominciare tra le mura di casa per poi diffondersi all’intera famiglia umana”. Le otto beatitudini, manuale di nonviolenza per leader politici e religiosi, imprenditori, dirigenti e media. Il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale aperto alla collaborazione di tutti.


Città del Vaticano (AsiaNews) – Davanti a un mondo che si presenza con “una terribile guerra mondiale a pezzi” (n. 2), l’unica risposta per costruire la pace è la pratica della nonviolenza come “lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme” (n. 1), abbracciando l’educazione in famiglia fino ad “un appello in favore del disarmo, nonché della proibizione e dell’abolizione delle armi nucleari” (n. 5).

È questa la proposta di papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della Pace, che si celebra l’1 gennaio e che nel 2017 giunge al suo 50mo anno. Firmato l’8 dicembre scorso, festa dell’Immacolata Concezione, per chiedere “alla Vergine di farci da guida” (n.7), il Messaggio ha come tema “La nonviolenza: stile di una politica per la pace”.

Citando Paolo VI e il primo Messaggio per la Pace del 1968, Francesco mette in guardia dal “pericolo di credere che le controversie internazionali non siano risolvibili per le vie della ragione, cioè delle trattative fondate sul diritto, la giustizia, l’equità, ma solo per quelle delle forze deterrenti e micidiali” (n. 1).

Una scelta ragionevole

La nonviolenza è dunque la scelta più ragionevole; la violenza è invece illusoria: “La violenza permette di raggiungere obiettivi di valore duraturo? Tutto quello che ottiene non è forse di scatenare rappresaglie e spirali di conflitti letali che recano benefici solo a pochi ‘signori della guerra’? La violenza non è la cura per il nostro mondo frantumato. Rispondere alla violenza con la violenza conduce, nella migliore delle ipotesi, a migrazioni forzate e a immani sofferenze, poiché grandi quantità di risorse sono destinate a scopi militari e sottratte alle esigenze quotidiane dei giovani, delle famiglie in difficoltà, degli anziani, dei malati, della grande maggioranza degli abitanti del mondo. Nel peggiore dei casi, può portare alla morte, fisica e spirituale, di molti, se non addirittura di tutti” (n. 2).

Amare i nemici, la magna charta della nonviolenza

Più in positivo, la nonviolenza è la “via tracciata” da Gesù Cristo, che “predicò instancabilmente l’amore incondizionato di Dio che accoglie e perdona e insegnò ai suoi discepoli ad amare i nemici (cfr Mt 5,44) e a porgere l’altra guancia (cfr Mt 5,39)” (n. 3)

Il vangelo dell’amare i nemici è “la magna charta della nonviolenza cristiana”. A conferma, papa Francesco cita un intervento di Benedetto XVI del 18 febbraio 2007, in cui egli affermava che la nonviolenza “è realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo ‘di più’ viene da Dio”. E ancora: “La nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della ‘rivoluzione cristiana’” (n. 3).

I frutti della nonviolenza

La nonviolenza non è “resa, disimpegno e passività”. Al contrario, produce “risultati impressionanti” (n. 4). A dimostrazione di ciò, Francesco cita anzitutto Madre Teresa, “un’icona dei nostri tempi” per gli operatori di pace. Egli cita il discorso che la Madre ha tenuto nel 1979 al ricevimento del Premio Nobel per la pace: “Nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di bombe e di armi, di distruggere per portare pace, ma solo di stare insieme, di amarci gli uni gli altri [...] E potremo superare tutto il male che c’è nel mondo”. E cita la sua stessa omelia per la canonizzazione avvenuta lo scorso 4 settembre, in cui metteva in luce la sua disponibilità: “l’accoglienza e la difesa della vita umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata. [...] Si è chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva loro dato; ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini – dinanzi ai crimini! – della povertà creata da loro stessi”.

Il papa ricorda pure “I successi ottenuti dal Mahatma Gandhi e Khan Abdul Ghaffar Khan nella liberazione dell’India, e da Martin Luther King Jr contro la discriminazione razziale”; l’impegno di “Leymah Gbowee e migliaia di donne liberiane, che hanno organizzato incontri di preghiera e protesta nonviolenta (pray-ins) ottenendo negoziati di alto livello per la conclusione della seconda guerra civile in Liberia” (n. 4);  la “caduta dei regimi comunisti in Europa”, a cui hanno dato un grande contributo “le comunità cristiane… con la preghiera insistente e l’azione coraggiosa”.

“Speciale influenza – aggiunge - hanno esercitato il ministero e il magistero di san Giovanni Paolo II. Riflettendo sugli avvenimenti del 1989 nell’Enciclica Centesimus annus (1991), il mio predecessore evidenziava che un cambiamento epocale nella vita dei popoli, delle nazioni e degli Stati si realizza «mediante una lotta pacifica, che fa uso delle sole armi della verità e della giustizia»” (n. 4).

Nel suo impegno “per l’attuazione di strategie nonviolente di promozione della pace in molti Paesi, sollecitando persino gli attori più violenti in sforzi per costruire una pace giusta e duratura”, la Chiesa cattolica non è sola, ma insieme a “molte tradizioni religiose, per le quali «la compassione e la nonviolenza sono essenziali e indicano la via della vita»” (n. 4). E qui egli ricorda che “nessuna religione è terrorista. La violenza è una profanazione del nome di Dio. Non stanchiamoci mai di ripeterlo: «Mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra!»” (n. 4).

La famiglia e la politica

Gesù Cristo ha insegnato che “il vero campo di battaglia, in cui si affrontano la violenza e la pace, è il cuore umano” (n. 2). Per questo, papa Francesco parla della famiglia come il luogo originario da cui partire per educare alla nonviolenza: “La famiglia è l’indispensabile crogiolo attraverso il quale coniugi, genitori e figli, fratelli e sorelle imparano a comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri in modo disinteressato, e dove gli attriti o addirittura i conflitti devono essere superati non con la forza, ma con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell’altro, la misericordia e il perdono. Dall’interno della famiglia la gioia dell’amore si propaga nel mondo e si irradia in tutta la società” (n. 5). Per questo il pontefice mette sullo stesso piano “un appello in favore del disarmo, nonché della proibizione e dell’abolizione delle armi nucleari”, insieme alla richiesta “che si arrestino la violenza domestica e gli abusi su donne e bambini”, certi che “le politiche di nonviolenza devono cominciare tra le mura di casa per poi diffondersi all’intera famiglia umana”.

Le beatitudini, ispirazione per la politica

La “strategia di costruzione della pace” ha anche un “manuale”: le otto beatitudini. Francesco propone “un programma e una sfida per i leader politici e religiosi, per i responsabili delle istituzioni internazionali e i dirigenti delle imprese e dei media di tutto il mondo: applicare le Beatitudini nel modo in cui esercitano le proprie responsabilità” (n. 6). Ciò significa: “dare prova di misericordia rifiutando di scartare le persone, danneggiare l’ambiente e voler vincere ad ogni costo. Questo richiede la disponibilità «di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo». Operare in questo modo significa scegliere la solidarietà come stile per fare la storia e costruire l’amicizia sociale” (n. 6).

Il papa assicura che “la Chiesa Cattolica accompagnerà ogni tentativo di costruzione della pace anche attraverso la nonviolenza attiva e creativa” e ricorda che dal 1° gennaio 2017 sarà varato “il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che aiuterà la Chiesa a promuovere in modo sempre più efficace «i beni incommensurabili della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato» e della sollecitudine verso i migranti, «i bisognosi, gli ammalati e gli esclusi, gli emarginati e le vittime dei conflitti armati e delle catastrofi naturali, i carcerati, i disoccupati e le vittime di qualunque forma di schiavitù e di tortura»” (n. 6)

“Nel 2017 – conclude -  impegniamoci, con la preghiera e con l’azione, a diventare persone che hanno bandito dal loro cuore, dalle loro parole e dai loro gesti la violenza, e a costruire comunità nonviolente, che si prendono cura della casa comune. «Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace»” (n. 7).