Cina, Trump e politica interna: le ragioni della visita di Abe a Pearl Harbor

Il primo ministro nipponico vuole rinsaldare l’“alleanza di speranza” con Washington in attesa di conoscere le intenzioni del prossimo presidente americano. La Cina invita Abe a scusarsi per il massacro di Nanchino. L’indice di approvazione del premier sale al 60%.


Honolulu (AsiaNews/Agenzie) – Non dobbiamo mai più “ripetere gli orrori della guerra, questo è il giuramento solenne che il Giappone ha preso”. Lo ha dichiarato ieri il primo ministro giapponese Shinzo Abe concludendo la visita alla base militare di Pearl Harbor, teatro dell’attacco del 7 dicembre 1941 con cui aviazione giapponese causò 2400 perdite americane. Abe, che non ha chiesto scusa per l’accaduto, è il primo leader giapponese a recarsi al memorial della Uss Arizona, una delle corazzate affondate nell’attacco.

Accompagnato da Obama, il primo ministro ha pregato per i morti e rinnovato l’“alleanza di speranza” con Washington. Abe ha poi ringraziato gli Stati Uniti per gli sforzi compiuti nel riallacciare i rapporti diplomatici dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Il primo ministro ha avuto modo di stringere le mani e parlare con alcuni superstiti dell’attacco.

Secondo gli analisti, l’obiettivo della visita di Abe è triplice: rafforzare i rapporti in attesa della salita al potere del nuovo presidente Donald Trump; rinsaldare l’alleanza con gli Stati Uniti in funzione anti-cinese; guadagnare consensi nel proprio Paese in vista delle prossime elezioni.

La politica del prossimo inquilino della Casa Bianca è fonte di inquietudine a Tokyo per diversi motivi. Durante la campagna elettorale il magnate ha messo in discussione il valore della presenza militare statunitense in Giappone (fondamentale per Tokyo soprattutto in caso di armamento nucleare della Corea del Nord) e in generale l’assetto della sicurezza regionale, che secondo Trump farebbe troppo affidamento su Washington. Il neo presidente ha anche suggerito che il Giappone si doti di armi nucleari proprie.

Il secondo aspetto che preoccupa Abe è di tipo economico. Lo stesso Trump, infatti, ha promesso di abbandonare il Ttp (Trans Pacific Partnership), trattato di libero scambio che il primo ministro nipponico ha appoggiato con forza, facendolo approvare dal parlamento all’inizio di dicembre. Hiromichi Shirakawa, capo economista di Credit Suisse Securities a Tokyo, afferma che la decisione di Trump “peggiorerebbe in modo significativo le relazioni commerciali fra i due Paesi”. Shinzo Abe è stato il primo leader internazionale ad incontrare il neo eletto presidente americano, in un colloquio di 90 minuti al termine del quale lo ha definito “un leader verso il quale io posso avere piena fiducia”.

I rapporti con Washington sono considerati fondamentali da Tokyo per limitare l’influenza della Cina nell’Asia-Pacifico. Pechino cerca nella regione il predominio economico e militare, assumendo un atteggiamento sempre più deciso nelle acque contese del mar Cinese meridionale e orientale. La visita di Abe a Pearl Harbor non è stata ben accolta dalla Cina, che pretende che il Giappone faccia la stessa cosa per ricucire gli strappi causati dalla guerra. Zhao Quansheng, professore dell’American University, ha suggerito che Abe visiti anche Nanchino, dove nel 1937 le truppe giapponesi massacrarono civili e soldati disarmati cinesi.

Il primo ministro nipponico è al quarto anno del suo secondo mandato. Secondo i sondaggi il tasso di approvazione in patria raggiunge il 60%. Il suo entourage ritiene che la visita storica a Pearl Harbor potrebbe dare ad Abe un vantaggio sufficiente per vincere ipotetiche elezioni anticipate nel 2017.