Kerala, facoltà cattolica di Giurisprudenza propone una modifica del codice civile
di Nirmala Carvalho

A tema la discussione sull’uniformazione delle leggi in tema di matrimonio. Nel Paese tutte le comunità religiose seguono regole diverse. Le più contestate solo quelle che legittimano il divorzio breve islamico. “La Chiesa cattolica appoggia tutte le proposte che sostengono uguaglianza, fraternità e libertà”.


Thiruvananthapuram (AsiaNews) – Una facoltà cattolica di Giurisprudenza ha inviato a Delhi una proposta di modifica del codice civile indiano. Si tratta della Mar Gregorios College of Law di Thiruvananthapuram, in Kerala. I suoi studenti hanno partecipato ad una competizione nazionale, lanciata dalla Commissione legislativa. Il governo di Delhi ha formulato un questionario tramite il quale ha invitato la popolazione a presentare suggerimenti su uno dei temi più discussi degli ultimi tempi: l’uniformazione del codice civile, in particolare delle norme che regolano matrimonio, divorzio, eredità, mantenimento ed adozione. Ad AsiaNews p. Paul Thelakat, direttore di “Light of Truth” ed ex portavoce del Sinodo siro-malabarese, tiene a sottolineare che “si tratta di una semplice competizione studentesca, che non riguarda le posizioni della Chiesa”.

Il sacerdote aggiunge che le autorità ecclesiastiche sono sì “interessate a definire una politica ben precisa, ma il compito di stipularla spetta al dibattito in sede accademica. Di certo la Chiesa darà la sua opinione, ma la cosa più importante è che nel Paese ci sia unità sui principi di base. Essi sono uguaglianza, fraternità e libertà, così come affermati nella Costituzione”.

Il dibattito su un codice civile uniforme va avanti da mesi. L’aspetto del diritto matrimoniale in India è molto complesso e regolato da varie norme. La Costituzione prevede l’esistenza di codici civili diversi, in modo da tutelare al meglio le varie comunità religiose presenti nel Paese. L’articolo 44 della Costituzione è menzionato tra i “principi direttivi” (cioè linee guida, non norme obbligatorie) e invita all’attuazione di un codice civile uniforme, ma poi lascia ampia libertà di autodeterminazione tra le comunità.

Le discussioni vertono sulla modifica di questo articolo e una maggiore tutela delle donne musulmane. Nel Paese il diritto matrimoniale islamico è regolato dal Muslim Personal Law (Shariat) Application Act 1937, una legge approvata sotto il dominio coloniale britannico. Siglata con l’intento di garantire il rispetto della tradizione culturale islamica, con gli anni la legge ha consentito di “giustificare” pratiche discriminatorie. Le donne più volte hanno denunciato un vero e proprio abuso del divorzio verbale (triplo talaq), che spesso è attuato anche “a distanza” con l’invio di messaggi sul cellulare o per posta.

Secondo p. Thelakat, “ciò che deve regnare è l’approccio umano e il rispetto di tutti i cittadini. La Chiesa cattolica sosterrà con entusiasmo ogni iniziativa in questo senso”. Egli riporta che in alcuni contesti le leggi sono già uniformi, il particolare in ambito criminale, dove “non esistono distinzioni di casta, religione, lingua o provenienza regionale. Solo in materia civile non c’è uniformità”.

Tale uniformità però, avverte, “non può essere raggiunta con imposizioni dall’esterno da parte di uno Stato che vuole interferire negli affari religiosi creando una tirannia del monologo. L’uniformità si ottiene solo portando tutte le comunità interessate ad avere fiducia nel dialogo”. “Il nostro desiderio – conclude – è che qualche riforma avvenga anche dall’interno delle stesse comunità, come rinnovamento e ripensamento di se stesse”.