La conferenza stampa di Li Keqiang: il detto e il non detto
di Bernardo Cervellera

È durata oltre due ore. Il premier ha risposto a 18 domande: sui rapporti fra Cina e Stati Uniti; sul Mar Cinese meridionale, su Hong Kong e Taiwan; sulla penisola coreana; sull’economia. Una specie di “tisana” che calma le acque. Ma le tensioni rimangono. Pechino in guerra commerciale con Taiwan e Corea del Sud. Le “distorsioni” verso Hong Kong. I Paesi dell’Asean non devono “prendere posizione”, ma intanto cresce la militarizzazione delle isole contese.


Roma (AsiaNews) – A chiusura dell’Assemblea nazionale del popolo, come da tradizione pluriennale, questa mattina il premier Li Keqiang ha presieduto una conferenza stampa di oltre due ore, rispondendo a ben 18 domande postegli da giornalisti stranieri e cinesi.

I partecipanti hanno ammirato l’affabilità familiare con cui Li si è rivolto ai giornalisti, il quale si è stupito più volte al sentire stranieri parlare un buon cinese. Allo stesso tempo essi esprimono dubbi che la conferenza stampa sia stata una specie di “tisana” che calma e appiana ogni cosa, senza evidenziare i problemi. In più, a seguire le cronache di questi giorni ci si accorge che quanto detto da Li è contraddetto dai fatti.

Il tempo più lungo nelle risposte è stato preso dai rapporti fra Cina e Stati Uniti e dalle questioni economiche. A seguire, i problemi della penisola coreana, i rapporti con Hong Kong e Taiwan.

Cina-Usa

Li ha confermato che Pechino e Washington stanno lavorando per un summit fra i presidenti Xi Jinping e Donald Trump. Nonostante le accuse di quest’ultimo su Pechino come “manipolatrice di valuta”, le minacce di mettere tasse sulle importazioni cinesi e la mossa di rivedere la politica dell’unica Cina (tornando a valorizzare il rapporto con Taiwan), Li ha espresso speranza che il rapporto “possa continuare in una direzione positiva”. Egli ha fatto notare che una guerra commerciale fra le due potenze danneggerebbe anzitutto le industrie americane. Per questo egli suggerisce alle due parti di “mettersi a sedere e cominciare a dialogare e lavorare insieme per trovare soluzioni”.

Ai problemi del rapporto fra Cina e Usa è legata la questione del Mar Cinese meridionale, con l’escalation militare della Cina e le minacce degli Stati Uniti. Almeno due giornalisti hanno fatto notare che i Paesi del Sud-est asiatico si trovano divisi e costretti a “prendere posizione” per uno o l’altro. Li ha detto che non vuole vedere i Paesi dell’Asean “prendere posizione” come è avvenuto in passato durante la Guerra fredda. Egli ha assicurato che Pechino continuerà a sostenere il ruolo autorevole dell’Asean nella regione e a coltivare rapporti di buon vicinato con essi, usando la diplomazia per risolvere le differenze sulle dispute territoriali. In realtà – una cosa non detta da Li – la Cina continua la sua opera di militarizzazione in alcune delle isole contese nel mar Cinese meridionale, facendole apparire come “costruzioni civili” e stornandole dal suo bilancio militare.

Economia

Il premier ha rassicurato sulle capacità del Paese di crescere secondo le previsioni attorno al 6.5% e ha detto che è tempo di eliminare le previsioni di una “dura caduta (hard landing)” dell’economia cinese. Egli ha anche assicurato che la crescita di questi anni è dovuta non alle iniezioni di capitali statali e ai prestiti facili delle banche, ma a una modernizzazione delle industrie e alla crescita del consumo interno. In realtà, ancora lo scorso gennaio il governo ha iniettato enormi crediti nell’economia e lo stesso è avvenuto in febbraio.

In ogni modo, Li ha ribadito che grazie alla crescita del 6,5%, la Cina rimarrà un’importante forza a sostegno della crescita economica globale. Secondo Li, la sfida più grande per il Paese è ridurre le procedure amministrative e burocratiche.

Negli ultimi quattro anni la Cina ha creato più di 13 milioni di posti di lavoro ogni anno. A causa delle ristrutturazioni, quest’anno dovrà provvedere a reinserire nel mondo del lavoro almeno un milione di disoccupati. Il governo ha stabilito un fondo speciale di 100 miliardi di yuan per offrire assistenza ai disoccupati.

Penisola coreana

Sul tema della Nord Corea e del suo programma nucleare e delle tensioni crescenti nella penisola, Li ha messo in guardia tutti dicendo che tali tensioni “potrebbero portare a un conflitto”.

Curiosamente, egli non ha accennato al braccio di ferro con Seoul e Washington sul dispiegamento del sistema anti-missili Thaad, che vede Pechino fortemente contraria. E, al di là del suo mostrarsi come campione di economia globalizzata, con le “porte sempre aperte”, la Cina sta attuando una guerra economica contro la Corea del Sud.

Hong Kong e Taiwan

Su Hong Kong, Li ha messo in luce l’urgenza di maggiore cooperazione con la madrepatria e ha proposto una nuova iniziativa per permettere agli investitori del territorio di entrare nel mercato dei buoni del tesoro cinesi. Egli ha anche ribadito l’importanza del principio “Una nazione due sistemi”, ma ha anche detto che esso non va “distorto”. Dieci giorni prima, nella sua relazione iniziale, Li aveva accennato alla “strada senza sbocco” di una possibile indipendenza di Hong Kong. In ogni caso, né allora, né oggi si è fatto accenno alle “distorsioni” del principio “una nazione, due sistemi” che la Cina attua su Hong Kong, con i sequestri di editori, businessmen, e la massiccia influenza sulle elezioni.

Riguardo a Taiwan, Li ha proclamato che Cina e Taiwan “sono un’unica famiglia”. Ma non ha detto che nessuna tivu di Taiwan ha avuto il permesso di trasmettere in diretta la conferenza stampa. Li ha naturalmente escluso l’indipendenza dell’isola, ma ha nascosto la guerra commerciale in corso da quando Tsai Ing-wen è presidente, con prodotti taiwanesi bloccati alla dogana.

Un’ultima cosa importante su cui Li non si è pronunciato è sul suo destino. Molti osservatori pensano che in ottobre, con il prossimo Congresso del Partito, egli sarà defenestrato da Xi Jinping. Con molta cautela, alla fine della conferenza stampa egli ha solo detto: “Ci vedremo quando ci sarà un’altra occasione”.