Bahrain, il re riforma la Costituzione: tribunali militari per i civili. Critiche degli attivisti

Secondo il governo il provvedimento riguarderà solo le persone coinvolte in casi di terrorismo. Attivisti e associazioni pro diritti umani avvertono: misura “vaga”, può essere usata per reprimere voci critiche e dissenso. Ridotta la pena al leader dell’opposizione sciita Sheikh Ali Salman.

 


Manama (AsiaNews/Agenzie) - Re Hamad del Bahrain ha ratificato ieri un emendamento alla Costituzione che autorizza i tribunali militari a processare i civili. Fonti di governo riferiscono che il provvedimento riguarderà solo le persone coinvolte nei casi di terrorismo. Tuttavia, attivisti e associazioni internazionali pro diritti umani avvertono che la misura è “così vaga” da poter essere usata per reprimere ogni voce critica  e il dissenso interno.

L’ultima volta che il tribunale militare ha processato civili risale al 2011, durante i tre mesi in cui è rimasto in vigore lo stato di emergenza proclamato in seguito alle proteste di piazza della popolazione, nel periodo della "primavera araba"; un movimento spontaneo di cittadini che chiedevano maggiori diritti e democrazia, represso nel sangue dalle autorità del regno con l’aiuto dell’Arabia Saudita.

All’epoca circa 300 persone sono state processate per “crimini” di natura “politica”. Nel corso delle udienze si sarebbero registrate “grossolane” violazione ai diritti degli imputati, fra cui l’ammissione di “confessioni” di colpevolezza ottenute mediante l’uso della tortura.

Prima della riforma, la Costituzione prevedeva che l’uso dei tribunali militari fosse riservato in via esclusiva ai reati commessi “da membri delle Forze armate del Bahrain, dalla Guardia nazionale e dalle Forze di sicurezza”, fino alla dichiarazione della Corte marziale.

Ora il testo prevede che “la magistratura militare deve essere regolata dalla legge”, che ne deve delineare “giurisdizione e competenze” in relazione a queste forze. Secondo il ministero della Giustizia del Bahrain i tribunali militari “non avranno l’autorità per mandare a processo i civili”. Tuttavia, quanti saranno coinvolti “in atti di terrorismo o in crimini violenti” saranno perseguiti da giudici in divisa perché i loro gesti saranno considerati “assalti armati”.

Una definizione vaga e che si presta a diverse interpretazioni, avvertono gli attivisti, secondo cui questa riforma è un “disastro” per il futuro dei processi e della giustizia nel Paese. “Siamo all’interno di un contesto - avverte una Ong internazionale - in cui il governo usa le aule dei tribunali per reprimere ogni forma di opposizione, a discapito dei diritti umani”.

Sempre ieri l’Alta Corte ha ridotto la pena detentiva al principale leader dell’opposizione musulmana sciita. Sheikh Ali Salman - all’epoca alla guida del disciolto Wefaq Party - dovrà scontare quattro anni, invece dei nove previsti in un primo momento, per aver cercato di “rovesciare il sistema politico” mediante l’uso della forza. Ora le accuse si sono trasformate in istigazione all’odio, disobbedienza e insulto delle istituzioni pubbliche.

Il Bahrain è una monarchia del Golfo retta da una dinastia sunnita in un Paese in cui la maggioranza della popolazione (almeno il 60-70%) è sciita e da tempo chiede cambiamenti costituzionali e diritti sociali ed economici. Nel 2011 sulla scia delle primavere arabe, vi sono state sommosse che il re - alleato di Washington e sostenuto da Riyadh - ha sconfitto con truppe inviate dall’Arabia Saudita.

Lo scorso anno le autorità hanno arrestato e condannato attivisti e leader religiosi sciiti e sospeso le attività di Al-Wefaq, principale gruppo sciita di opposizione. L’accusa è di “terrorismo, estremismo e violenza” oltre che legami con una potenza straniera (leggi Iran).