Ancora nessun accordo sui tessili fra Pechino e Unione Europea

Falliti gli incontri fra i rappresentanti del governo cinese e la Commissione commercio di Bruxelles. La questione ancora sul tavolo oggi, data di apertura dell'annuale incontro sino-europeo.


Pechino (AsiaNews/Scmp) – Non vi è ancora accordo, nonostante i molti incontri, fra i rappresentanti dell'Unione europea (Ue) e quelli del governo cinese sulla questione dell'importazione dei tessili. "Vi sono stati colloqui costruttivi fra l'Ue e Pechino – dice un portavoce del Commissario del Commercio per l'unione, Peter Madelson – ed i 2 lati sono entrambi convinti di doversi accordare sulla questione, già tirata per le lunghe, delle quote per i tessili". "Questo – continua – servirà a sbloccare i beni tessili fermi ai confini, ma vi sono alcuni aspetti importanti ancora da chiarire: le discussioni continuano ad alto livello".

L'annuncio di un accordo sulla questione era atteso per ieri, prima l'inizio dell'annuale incontro sino-europeo, che inizia oggi. Esso ha come oggetto la cooperazione politica, economica ed energetica – oltre all'embargo sulla vendita delle armi imposto nel 1989 – fra Pechino e Bruxelles, ma la questione tessile rimane in primo piano.

Nella serata di ieri Mandelson ha dichiarato: "Non vi sono punti di scontro fino ad ora, ma il patto uscirà quando sarà pronto". "Abbiamo pensato molte volte – aggiunge il suo portavoce – di essere molto vicini ad una risoluzione durante la giornata".

Un sistema congiunto di quote per limitare l'esportazione di 10 categorie di tessili all'interno dell'Unione è stato accettato il 10 giugno. Ma le quote – oscillanti fra l'8 ed il 12,5 % di crescita annuale – si sono prosciugate dopo solo 2 mesi e reggiseni, magliette e calzoni "made in China" hanno iniziato ad accumularsi nei porti cinesi ed europei. Al momento circa 80 milioni di capi - per un valore di oltre 400 milioni di euro – sono bloccati perché "fuori quota".

La questione ha diviso gli Stati membri dell'Unione: Italia, Spagna, Portogallo e Polonia – nazioni che producono materiale tessile – vogliono la continuazione del sistema delle quote per proteggere la produzione nazionale mentre Germania, Paesi Bassi e nazioni Scandinave vogliono vedere il problema risolto in modo veloce.

Mandelson ha cercato in giugno l'approvazione da parte dell'Unione per concedere quote extra fino a 140 milioni di euro, ma al momento non vi è ancora una risposta chiara da Bruxelles. Nonostante i rivenditori di abbigliamento di tutta Europa denuncino perdita di posti di lavoro, bancarotta e penuria di indumenti invernali qualora i tessili cinesi rimangano bloccati, Mandelson sostiene che l'accordo di giugno non è fallito. "Se quegli accordi sono falliti – dice il Commissario – perché altri stanno tentando di fare la stessa cosa?". Il riferimento è ai falliti accordi fra Stati Uniti e Cina, sempre sulla questione del tessile, che si sono conclusi la scorsa settimana.

L'esportazione di tessili ed indumenti dalla Cina all'Unione europea è cresciuta nei primi 6 mesi del 2005 del 57 % (pari a 8,65 miliardi di dollari americani). Al momento le quote sono diminuite al 39 % ma le esportazioni europee in Cina sono comunque ferme al 2 %.