Qatar e Arabia Saudita litigano sull’Iran. Ministro Uae: a rischio l’alleanza del Golfo

Il ministro degli Esteri degli emirati parla di grave crisi, necessario ricostruire la fiducia fra governi. Dietro le tensioni le relazioni con Teheran e gli equilibri per la supremazia nella regione. I discendenti sauditi di al-Wahhab chiedono ai vertici del Qatar di cambiare il nome della moschea di Doha.

 


Dubai (AsiaNews/Agenzie) - L’alleanza fra le nazioni del Golfo arabo vive un momento di grave crisi ed è necessario ricostruire il clima di fiducia fra i vari governi, in particolare fra le leadership di Arabia Saudita e Qatar per quanto concerne i rapporti con l’Iran. È quanto ha affermato Anwar Gargash, ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti (Uae), il quale conferma le tensioni in atto fra Doha e Riyadh, che finiscono per coinvolgere anche le altre monarchie della regione.

A innescare le scontro, alcune dichiarazioni pubblicate dai media ufficiali del Qatar e attribuite all’emiro Tamim bin Hamad al-Thani, il quale avrebbe usato espressioni critiche verso la retorica ostile del Golfo verso Teheran. La stampa locale rilancia pure le voci di “tensioni” fra l’emiro e il presidente statunitense Donald Trump durante il vertice della scorsa settimana a Riyadh.

Una controversia che si innesca nelle tensioni in atto da tempo fra Iran e nazioni del Golfo, che accusano Teheran di voler espandere la propria influenza sulle nazioni arabe dell’area, in particolare Siria e Yemen. I vertici del Qatar hanno smentito i commenti critici, denunciando un attacco informatico ai propri mezzi di informazione.

Tuttavia a fronte delle smentite sbandierate da Doha, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno dato mandato agli organi di stampa ufficiali di dare ampio risalto alla vicenda. Un comportamento che fatto infuriare i vertici del Qatar e alimentato la tensione.

“I Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo [che comprende anche Bahrain, Oman e Kuwait] - ha sottolineato il ministro Gargash - stanno attraversando una grave crisi, che porta dentro di sé un grande pericolo. Per allentare il pericolo di divisioni è necessario modificare il comportamento, ricostruire la fiducia reciproca e riguadagnare la credibilità perduta” ha proseguito, pur senza menzionare in modo diretto il Qatar.

Finora non vi sono ulteriori commenti da parte delle monarchie regionali sulla vicenda, emersa all’indomani dell’incontro fra Trump e i capi di Stato musulmani nel suo primo viaggio ufficiale all’estero dopo il suo insediamento nel gennaio scorso. All’origine dello scontro, i dissapori in atto fin dal 2014 fra le potenze dell’area; in particolare, il fronte di scontro ruota attorno alle accuse lanciate da Arabia Saudita ed Emirati al Qatar, colpevole di “sostenere” gruppi estremisti islamici al bando negli altri due Paesi [i Fratelli musulmani, ostili alle dinastie di Riyadh e Abu Dhabi]. Per il ministro Uae degli Esteri la strada per risolvere la crisi passa attraverso la “sincerità delle intenzioni” e dalla volontà comune di aprire “una nuova pagina” nelle relazioni fra i Paesi. Per raggiungere l’obiettivo della “unità” è essenziale garantire “stabilità” nell’area.

Lo scontro fra Arabia Saudita e Qatar ha un risvolto anche di carattere religioso. In questi giorni i discendenti sauditi di Ibn Abd al-Wahhab, capostipite della fazione wahhabita, hanno preso le distanze dalla famiglia reale del Qatar, chiedendo di cambiare nome alla più importante moschea del Paese. A lanciare l’iniziativa 200 discendenti del leader religioso musulmano del 18mo secolo, i quali negano una parentela diretta fra al-Wahhab e l’attuale famiglia regnante in Qatar, gli al-Thani.

Il luogo di culto al centro della controversia sorge a Doha e ha aperto i battenti nel 2011. La moschea è in grado di ospitare fino a 11mila fedeli. L’imam è Yusuf Al Qaradawi, uno dei leader dei Fratelli musulmani che ha spesso sollevato controversie con le sue fatwa (editti religiosi).