Sacerdote cinese: Le gioie e i dolori della mia missione, soffocata dalla politica

La vita quotidiana di un prete del Nord della Cina, della Chiesa ufficiale, in una società dominata dall’ateismo e da superstizioni. Le pressioni dello Stato per far rompere i legami col papa. Salvaguardare la fede cattolica nei dialoghi fra Cina e Vaticano. Una testimonianza raccontata al Simposio di AsiaNews.


Pechino (AsiaNews) - Sono già 27 anni che faccio ministero sacerdotale, incontrando gioie e dolori. I cosiddetti dolori, a dire il vero non si possono considerare tali, perché non sono paragonabili alle sofferenze di Cristo in croce. Le mie sofferenze esterne sono state l’arresto, il domicilio coatto, l’essere tenuto sotto custodia, l’essere sottoposto a indottrinamento. Le sofferenze interiori sono derivate dalla situazione interna della Chiesa, cioè dai gravi scandali morali dei superiori e dagli attacchi vicendevoli tra fratelli.

Fin dal suo inizio, la religione cristiana è stata piena di tribolazioni e difficoltà, a cui ci siamo abituati come cose normali e di cui non ci si deve meravigliare. Al presente, l’atmosfera generale della società cinese mantiene l’ateismo come guida del settore ideologico, mentre il popolo comune che si incontra negli impegni di evangelizzazione è dominato dal politeismo e da superstizioni feudali. Per questo, chi è impegnato in questo ministero non solo deve capire un po’ il pensiero ateo, ma deve anche essere familiare con le radici della religione popolare e del culto politeistico.  Solo in questo modo, nel suo ministero apostolico può affrontare realisticamente i diversi tipi di persone.

Negli anni ’90 del 20mo secolo, ho generalmente esercitato il mio ministero pastorale in zone rurali, per cui ho avuto a che fare con gente comune e ordinaria. Dal momento che per lungo tempo nella nostra vita di fede avevamo subito controlli e oppressione, nel nostro animo c’era una forte desiderio di fede. Sebbene le condizioni esterne erano molto negative, nei nostri sforzi per diffondere il Vangelo, constatavamo che molti erano solleciti ad entrare nella Chiesa cattolica. Cioè, sebbene la società, le condizioni economiche e politiche lasciavano molto a desiderare, come evangelizzatori vedevamo che molti volevano ricevere il battesimo ed entrare nella Chiesa: questo ci dava tanta gioia interiore. Quando i nuovi convertiti si inginocchiavano davanti all’altare dicendo ‘io credo’, il cuore del sacerdote era oltremodo contento, perché constatava che i suoi sforzi per la diffusione del Vangelo non erano stati vani, ma producevano risultati buoni e gratificanti.

Quando la storia è entrata nel 21mo secolo, la mia vita di sacerdote ha subito un cambiamento: non solo dovevo sforzarmi di ricostruire la comunità cristiana, ma dovevo affrontare anche molti fattori politici. I rapporti tra la comunità cattolica e lo Stato non sono basati su principi chiari, e così, sebbene come sacerdote non avrei dovuto interessarmi al potere secolare, come sacerdote cinese, ero richiesto di stabilire continui contatti con le autorità ufficiali.

Nei riguardi della fede, in particolare, come sacerdote fedele alla fede cattolica, avevo il dovere di salvaguardare il primato della Santa Sede di Roma, ma le autorità secolari consideravano la Santa Sede come un’istituzione secolare straniera, richiedendo ai sacerdoti cattolici, per dovere di cittadini, di cambiare la propria fede: questa era la vera difficoltà e la vera sfida. La fede cattolica appartiene alla sfera della vita spirituale, mentre le autorità politiche secolari sono preoccupate della sfera del mondo materiale. Per principio non dovrebbero essere in contrasto, ma nella vita pratica presentano infinite difficoltà e contraddizioni: questa è la sofferenza più grave che tormenta la coscienza di ogni sacerdote cinese.

Se uno può capire le difficoltà della vita della Chiesa che vive sul continente cinese, può comprendere perché i suoi vescovi, anche se clandestini, sperino che la Cina e il Vaticano raggiungano presto un accordo e persino il riconoscimento diplomatico. Ma considerare una grande fortuna l’eventualità che Cina e Vaticano raggiungano presto un accordo e persino il riconoscimento diplomatico è troppo ingenuo e infantile, perché la cultura imperiale della Cina ha sempre inteso che la Religione sia ‘cinesizzata’. Questo è un problema che si deve prendere in seria considerazione. Se non si riesce a garantire la natura originale e autentica della fede cattolica qualsiasi accordo basato su concessione o compromesso tra la Cina e il Vaticano rimarrà un castello in aria: solo parole teoriche.