Attivisti malaysiani contro la condanna a morte di nove militanti islamici filippini

Gli imputati sono coinvolti in una violenta incursione islamista nel Sabah del 2013. Ribaltata la sentenza d’ergastolo della Corte suprema di Kota Kinabalu. Attivisti per i diritti umani: “La gravità dell'incidente mai sufficiente per giustificare una condanna ingiusta”. Il dipartimento degli Affari esteri filippino: “La sentenza non è ancora definitiva”.


Kuala Lumpur (AsiaNews/Agenzie) – Attivisti malaysiani per i diritti umani criticano con forza la Corte d'appello del Paese per aver condannato a morte nove cittadini filippini musulmani.

Lo scorso 8 giugno la Corte d'Appello ha annullato una precedente sentenza d’ergastolo per i nove filippini, coinvolti quattro anni fa in una violenta incursione islamista a Sabah (Stato malaysiano situato nel nord del Borneo), e li ha condannati a morte per aver mosso guerra contro il Yang di-Pertuan Agong, re di Malaysia.

Nel 2013, circa 200 militanti islamisti provenienti dalla provincia di Sulu, Filippine meridionali, sono sbarcati in Malaysia nel tentativo di reclamare alcuni territori del Borneo. L’operazione era stata ispirata dall’autoproclamato sultanato di Sulu, che intendeva affermare il presunto dominio storico sulla provincia di Sabah.

“La pena di morte ha dimostrato di non avere valore deterrente sui crimini”, ha dichiarato Charles Hector del gruppo Malaysians Against Death Penalty and Torture il 12 giugno. Hector contesta la decisione dei tre giudici della Corte d'appello di ribaltare una precedente sentenza della Corte suprema di Kota Kinabalu, che nel 2016 aveva condannato i filippini al carcere a vita.

Il giudice Stephen Chung dell'Alta Corte di Kota Kinabalu aveva deliberato che non vi erano prove sufficienti che gli accusati avessero preso parte in maniera diretta agli scontri armati con le forze governative.

Il dipartimento degli Affari esteri delle Filippine ha dichiarato che “la pena di morte non è ancora definitiva”, aggiungendo che il caso sarà ancora discusso dalla Corte federale malaysiana.

L’assedio di Lahad Datu (Sabah) aveva causato la morte di 68 persone, 56 delle quali guerriglieri di Sulu, mentre il resto delle vittime erano soldati malaysiani e civili. L'attacco degli islamisti ha rappresentato la più grave crisi militare che la Malaysia abbia affrontato negli anni. Tuttavia, Hector afferma che la gravità dell'incidente “non dovrebbe mai essere sufficiente per giustificare l'imposizione di una condanna ingiusta, in particolare la pena di morte”.