‘Come in cielo così in terra’: la coraggiosa storia della Chiesa coreana in mostra al Vaticano

Si tiene al Braccio di Carlo Magno e sarà visitabile fino al 17 novembre. I 230 anni del cristianesimo in Corea un “racconto di martirio e azione” per realizzare la volontà divina in terra. L’inizio “spontaneo”, il secolo di persecuzioni e l’impegno per i diritti umani. Suora responsabile: una storia sconosciuta che commuove e “accende” la Chiesa d’Occidente.


Città del Vaticano (AsiaNews) – I 230 anni della Chiesa in Corea sono un racconto di martirio e azione, tesi a realizzare “come in cielo così in terra” la volontà divina di un mondo caratterizzato dall’uguaglianza tra i popoli e il rispetto della dignità umana. A raccontare questi anni di incrollabile fede e martirio è la mostra aperta al Braccio di Carlo Magno, alla sinistra della Basilica di San Pietro.

L’esibizione “Come in cielo così in terra. Seul e i 230 anni della Chiesa Cattolica in Corea” è stata inaugurata il 9 settembre con l’organizzazione della Chiesa cattolica coreana, dell’arcidiocesi di Seoul e del Museo di storia di Seoul, e sarà visitabile gratuitamente fino al prossimo 17 novembre.

Il percorso ci accompagna sin dalla nascita “spontanea” della Chiesa nel 1784. il Paese si chiama Joseon e la capitale Hanyang. I coreani scoprono la fede cristiana non attraverso i missionari, ma mediante i testi cattolici giunti insieme ad altre opere occidentali dalla Cina. Ben presto, i valori della nuova religione si scontrano con il rigido sistema delle classi sociali che governa la società. Inizia così una persecuzione destinata a durare un secolo e a mietere quasi 10mila vittime. La mostra dà importante risalto alle vite e le esperienze dei martiri che, con estrema semplicità, rifiutano di rinunciare alla fede. La mostra accompagna il visitatore alla fine della persecuzione, toccando le difficili prove dell’occupazione giapponese nel 1910 e la guerra di Corea fra il 1950 e 1953. Il racconto testimonia una Chiesa attiva e partecipe per la riconciliazione del popolo coreano, vicina agli emarginati e sostenitrice della democrazia e dei diritti umani. Un percorso storico che conduce fino ai giorni d’oggi, alla beatificazione dei martiri e alle sfide del futuro per una Chiesa che è diventata anche missionaria, con la presenza di 1.045 missionari in giro per il mondo, quasi la metà nel resto dell’Asia.

A settembre, la mostra è stata visitata da circa 4870 persone. Fra i visitatori, il 20% era coreano e il restante di altre nazionalità.

Suor Soo-ran Elizabeth Park, della congregazione delle Suore dei Beati Martiri Coreani, è responsabile dalle mostra. Intervistata da AsiaNews, suor Park racconta che i visitatori  rimangono sorpresi e colpiti in particolare da tre aspetti evidenziati dalla mostra: la nascita spontanea e autonoma della Chiesa, le persecuzioni e la vita attiva della Chiesa nella società coreana. “In molti ci lasciano dei commenti molto commossi”.

“Questo tipo di mostra è preziosa –  continua la suora –  perché specialmente in Occidente è una storia poco conosciuta. È una Chiesa lontana. Sarebbe una buona cosa fare spesso simili mostre, perché la gente possa conoscere le Chiese di altre parti del mondo, specialmente d’Oriente. Quello che ha sorpreso anche me è osservare il modo con cui questa fiamma della Chiesa coreana accende anche il fuoco della Chiesa d’Occidente”.

La Chiesa coreana è viva e attiva, e si impegna per la società nella penisola coreana e non solo. “Come ha detto il Santo Padre quando è venuto in visita non ci sono due Coree, ce ne è una. Per questo noi dobbiamo andare avanti promuovendo la pace in Corea. La Chiesa nella società coreana tende sempre a lavorare per i poveri, gli emarginati. E non solo in Corea. Prima venivano i missionari in Corea, ora ci sono missionari coreani”.

Giovanna Lee (nome coreano Lee Miok), interprete e guida turistica a Roma, ha collaborato  nell’organizzazione: nonostante le difficoltà che un simile lavoro ha compreso, per lei è stato bello osservare i visitatori per cui questa storia “è una scoperta molto toccante perché questa fede nasce dal loro desiderio, senza i missionari”. (MT)