Doping di Stato, il Cio esclude la Russia dalle Olimpiadi invernali 2018

Alcuni atleti potranno partecipare a titolo individuale e dietro procedure rigide. Non sarà ammessa la bandiera nazionale e in caso di vittoria risuonerà l’inno olimpico. Bandito a vita il vice-premier russo Vitaly Mutko, responsabile dell’organizzazione dei mondiali di calcio. Mosca parla di scelta “ingiusta e immorale”. Esultano gli Stati Uniti. 

 


Mosca (AsiaNews/Agenzie) - Il Comitato olimpico internazionale (Cio) ha bandito la Russia dai Giochi invernali 2018 in programma a Pyeongchang, in Corea del sud, a partire dal prossimo 9 febbraio. Dietro la decisione “senza precedenti” nella storia ufficializzata ieri, vi sarebbe l’uso sistematico del doping di Stato promosso da Mosca per far vincere i propri atleti nelle rassegne precedenti e, in particolare, all’ultima olimpiade a Sochi (Russia) nel 2014.

I vertici del massimo organismo sportivo internazionale hanno inoltre disposto che “alcuni” atleti russi potranno prendere parte ai Giochi “rispettando regole strette”; gli sportivi potranno gareggiare come singoli individui, la bandiera nazionale non verrà esposta alla cerimonia di apertura e il medagliere mostrerà sempre zero medaglie per la Russia. 

Il bando della Russia alle Olimpiadi è il risultato di una lunga indagine avviata in seguito ai precedenti Giochi, in cui il Paese ospitante si è classificato al primo posto nel medagliere. Gli esperti del Cio hanno comprovato la pratica “sistematica” dello doping di Stato pianificata da Mosca per far vincere i propri atleti. 

Il Cio ha inoltre disposto il bando a vita per il vice Primo Ministro russo Vitaly Mutko, coinvolto - secondo le accuse - in prima persona nello scandalo; all’epoca dei Giochi di Sochi egli ricopriva la carica di ministro dello Sport. La decisione getta più di un’ombra sull’opportunità che egli possa oggi continuare a guidare il Comitato organizzatore dei mondiali di calcio 2018, in programma in Russia nell’estate prossima. 

In una nota Thomas Bach, presidente Cio, parla di “attacco senza precedenti all’integrità dei Giochi olimpici e allo sport in generale”. Ad oggi il provvedimento di squalifica a vita ha coinvolto 25 atleti russi e ancora oggi l’organismo preposto ai controlli sul doping accusa la Russia di non rispettare le direttive internazionali. Il bando riguarda inoltre il Comitato russo paralimpico; la decisione finale su un possibile reintegro verrà presa il 22 dicembre prossimo a Londra. 

Immediata la replica del presidente del Comitato olimpico russo Alexander Zhukov, che accusa il Cio di punire atleti puliti. Una decisione, aggiunge, “ingiusta e immorale”, una “umiliazione” oltre che “un pugno allo stomaco” che “contraddice” i “principi di base” dello sport olimpico. “Ciascuno - ha concluso - dovrebbe rispondere in modo individuale delle proprie colpe”. 

In passato alcune nazioni, come il Sud Africa ai tempi dell’Apartheid, sono stati banditi dai giochi ma non si era mai verificata una decisione simile per doping. Gli atleti russi che riceveranno il nulla osta per Pyeongchang gareggeranno sotto il nome di “Atleti olimpici della Russia”, con una uniforme che porterà questo nome; in caso di vittoria, durante la cerimonia di consegna della medaglia verrà suonato l’inno olimpico al posto di quello russo. 

Se in Russia la condanna del mondo politico è generale, il Comitato olimpico statunitense festeggia la decisione, giudicandola legittima e doverosa. Ad avviare l’inchiesta in corso ormai da oltre due anni le rivelazioni del dottor  Grigory Rodchenkov, direttore del laboratorio russo anti-doping all’epoca dei Giochi di Sochi del 2014. Egli ha parlato di un programma sistematico, diffuso, implementato dallo Stato per migliorare le prestazioni degli atleti; i responsabili avrebbero inoltre scambiato le provette contenenti i campioni di urine per aggirare i controlli.