La centralità dell'Eucaristia nella relazione del card. Scola

Città del Vaticano (AsiaNews) - Il Sinodo dovrà "indagare" le ragioni che, specialmente in Occidente, hanno portato allo "spegnersi" dello "stupore eucaristico", la consapevolezza, cioè, di "un avvenimento inatteso e del tutto gratuito", "non diritto né possesso", ma  "dono" di Dio che dà senso ad ogni "vocazione" di vita, e "suggerire i rimedi possibili". La relazione introduttiva "Relatio ante disceptationem", del cardinale Angelo Scola, relatore generale al Sinodo, ha centrato l'attenzione sull'incontro tra Dio e l'uomo e sulle conseguenze che esso ha. "Il nascere, il crescere, l'educare, l'amare, il soffrire e il morire sono segnati dalla potenza eucaristica"

Lo spegnersi dello stupore eucaristico - è il "rilievo generale" posto dal cardinale - ."dipende, in ultima analisi, dalla finitudine e dal peccato del soggetto. Spesso però questo trova un terreno di coltura nel fatto che la comunità cristiana che celebra l'Eucaristia è distante dalla realtà. Vive astrattamente. Non parla più all'uomo concreto, ai suoi affetti, al suo lavoro, al suo riposo, alle sue esigenze di unità, di verità, di bontà, di bellezza. E così l'azione eucaristica, separata dall'esistenza quotidiana, non accompagna più il credente nel processo di maturazione del proprio io e nel suo rapporto con il cosmo e con la società".

L'analisi del relatore generale ha quindi esaminato i risvolti "personali" e quelli comunitari dell'Eucaristia.

La visione unitaria dell'azione eucaristica come cuore di tutta l'esistenza cristiana mostra che "la vita di ogni uomo è obiettivamente vocazione. Ogni stato di vita - matrimonio, sacerdozio ministeriale, verginità consacrata - riceve dal mistero eucaristico la radice ultima della propria forma. Pertanto, nella convocazione eucaristica, ogni credente trova l'origine ed il senso della propria vocazione che imprime alla sua esistenza una forma eucaristica".
Di fronte ad essa l'uomo deve riconoscere la sua piccolezza e povertà, per questo è chiamato ad una esame di coscienza prima di accostarvisi e in particolare ad elevare il suo sguardo verso l'alto, ad andare oltre la sua dimensione orizzontale. "Sono quindi indispensabili l'annuncio e la testimonianza personale e comunitaria di Gesù Cristo a tutti gli uomini ai fini di suscitare comunità cristiane vitali ed aperte". Occorre per questo una adeguata formazione liturgica indirizzata a tutto il popolo di Dio ed a tutti coloro che sono chiamati a svolgere ministeri o uffici durante la celebrazione.

A questo proposito il cardinale ha affrontato temi come l'"intercomunione" di fedeli appartenenti a diverse Chiese e comunità ecclesiali, chiedendosi se "può costituire uno strumento adeguato per favorire il cammino verso l'unità dei cristiani". La risposta dipende dal fatto che la celebrazione eucaristica "è per sua natura professione di fede integrale della Chiesa" e ne assicura la piena unità. Per questo "una celebrazione o una partecipazione all'Eucaristia che non implichi il rispetto di tutti i fattori che concorrono alla sua pienezza finirebbe, al di là di ogni buona intenzione, per dividere ulteriormente e all'origine la comunione ecclesiale. L'intercomunione, pertanto, non appare come un mezzo adeguato per raggiungere l'unità dei cristiani". Ciò non esclude che, "in circostanze del tutto speciali e nel rispetto di condizioni oggettive, si possano ammettere alla comunione eucaristica, singole persone appartenenti a Chiese o comunità ecclesiali che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica".

Proprio il concetto di unità che discende dall'Eucaristia ha motivato le risposte che il cardinale ha dato a questioni come il celibato dei sacerdoti e la comunione ai divorziati risposati, pure sollevate da alcuni dei partecipanti al Sinodo.

La questione del celibato è stata posto in relazione a situazioni di scarsità del clero. "Essendo intimamente correlato all'Eucaristia, il sacerdozio ordinato partecipa della sua natura di dono e non può essere oggetto di un diritto. Se è un dono il sacerdozio ordinato chiede di essere incessantemente domandato. E diventa assai difficile stabilire il numero ideale di sacerdoti nella Chiesa, dal momento che essa non è una "azienda" che si debba dotare di una determinata quota di "quadri dirigenti"! Sul piano pratico l'improcrastinabile urgenza della salus animarum [la salvezza dei fedeli] spinge a ribadire con forza, soprattutto in questa sede, la responsabilità che ogni Chiesa particolare ha nei confronti della Chiesa universale e pertanto di tutte le altre Chiese particolari. Saranno, perciò, di grande utilità le proposte che in questa Assemblea Sinodale verranno fatte per individuare i criteri di una più adeguata distribuzione del clero nel mondo".

Quanto ai divorziati, "al di là delle considerevoli diversità di situazioni nei vari continenti, si deve riconoscere che - soprattutto in paesi di lunga tradizione cristiana - non pochi battezzati si sono uniti in matrimonio sacramentale per meccanica adesione alla tradizione. Parecchi di questi divorziano e si risposano". Verso costoro, da un lato "occorre che tutta la comunità cristiana sostenga i divorziati risposati nella consapevolezza di non essere esclusi dalla comunione ecclesiale", dall'altro "nella presente Assemblea saranno tuttavia da approfondire ulteriormente e prestando grande attenzione ai complessi e assai differenziati casi, le modalità oggettive per verificare l'ipotesi di nullità del matrimonio canonico. Verifica che per rispettare la natura pubblica, ecclesiale e sociale del consenso matrimoniale non potrà non avere a sua volta un carattere pubblico, ecclesiale e sociale".

Ultima considerazione: "riunirsi ogni domenica, in qualunque luogo della terra, per aver parte allo stesso Corpo e allo stesso Sangue di Cristo, impone il dovere di una lotta tenace a tutte le forme di emarginazione e di ingiustizia economica, sociale e politica cui sono sottoposti i nostri fratelli e sorelle, soprattutto i bambini e le donne". "La comunità cristiana, cosciente della sua singolare natura, deve continuare, con appropriate analisi e operando le debite distinzioni, a cercare i mezzi adeguati per far fronte ad un male che oggi ha assunto dimensioni planetarie e più che mai grida vendetta al cospetto di Dio. Appare evidente che l'affronto di una questione così rilevante, come quella della giustizia sociale, non può essere disgiunto dall'instancabile dovere di perseguire la pace. Del resto il rapporto pace-Eucaristia, ben espresso nel rito latino dall'abbraccio fraterno che precede la comunione, si fonda sull'incrollabile convinzione che "Cristo stesso è la nostra pace" . La radice eucaristica dell'azione del cristiano per la pace lo porrà al riparo da due gravi insidie in proposito. Quella del pacifismo utopico, da una parte, e quella di una sorta di Realpolitik che considera inevitabile la guerra, dall'altra". (FP)