Continuano le manifestazioni in molte città iraniane. Ucciso un poliziotto

Da cinque giorni si susseguono dimostrazioni. A tema le difficoltà economiche, la disoccupazione giovanile, l'aumento dei prezzi, ma anche critiche al governo e alla corruzione del regime. Rouhani: Sì alle critiche, no alle violenze. Per le Guardie della Rivoluzione i dimostranti sono sostenuti dall'estero. Le reazioni negli Usa, in Israele, in Arabia saudita. Russia: Un affare interno.


Teheran (AsiaNews/Agenzie) – Un poliziotto iraniano è stato ucciso e altri tre sono rimasti feriti in uno scontro avvenuto ieri fra le forze dell’ordine e manifestanti anti-governo nella città di Najafabad. Sono queste le ultime vittime in una serie di violenze legate a manifestazioni che da cinque giorni, a partire da Mashad, nel nord-est, si sono diffuse in diverse città del Paese: Kermanshah, Shahinshahr, Takestan, Zanjan, Toyeserkan, Nahavand, Teheran.

In totale finora sono state uccise 13 persone: due manifestanti sono stati uccisi il 30 dicembre; altri otto in varie città il giorno dopo. Un padre e un figlio sono morti a Doroud: la loro vettura è stata investita da un camion di pompieri rubato dai manifestanti.

Le manifestazioni proseguono nonostante il blocco operato dalle autorità su cellulari e sui social come Telegram e Instagram, che i dimostranti usano per comunicare. A Teheran la polizia ha utilizzato gas lacrimogeni e idranti per disperdere centinaia di persone radunate nel quartiere dell’università che lanciavano slogan ostili al governo. Almeno 200 persone sono state arrestate nella capitale; altre 200 nelle altre città.

Secondo alcuni esperti, le sommosse sono provocate dalle misure di austerità varate dal presidente Hassan Rouhani, che comprendono la riduzione degli aiuti sociali e l’aumento dei prezzi dei cibi e del carburante.

Le notizie frammentarie che provengono dai social dei manifestanti parlano di migliaia di persone che chiedono soluzioni alla disoccupazione giovanile, ma anche la fine del dominio degli ayatollah e dei loro privilegi, come pure delle sovvenzioni iraniane alle guerre in Medio oriente (Iraq, Siria, Yemen).

Le notizie dei media di Stato parlano invece di gruppi di qualche centinaio, sobillati da forze straniere, che si abbandonano a violenze e distruzioni contro edifici municipali, auto della polizia, banche.

Queste manifestazioni sono le prime dopo quelle molto più vaste del 2009, quando è stato rieletto Mahmoud Ahmadinejad, accusato di brogli. Allora le manifestazioni dette dell’Onda Verde sono state soppresse nel sangue.

In un comunicato diffuso ieri, Rouhani ha definito i dimostranti una “piccola minoranza che… insulta i valori sacri e rivoluzionari”. Egli ha anche promesso di perseguire coloro che hanno scelto la violenza, ma in precedenza aveva anche dichiarato che l’Iran deve fornire alla popolazione “uno spazio” perché essa possa esprimere pe proprie “inquietudini”. In ogni caso, egli ha sottolineato, “criticare è totalmente diverso dall’utilizzare la violenza”.

In un incontro con il governo, due giorni fa, egli ha detto: “Noi siamo una nazione libera e basata sulla Costituzione e sui diritti dei cittadini; la gente è totalmente libera di esprimere le loro critiche e anche di protestare”, ma ha anche richiamato che le critiche e le proteste devono portare a un miglioramento delle condizioni del Paese e della vita del popolo.

Le Guardie della Rivoluzione e le milizie Basej, le forze conservatrici che dominano l’economia e le forze di sicurezza del Paese, accusano forze straniere di essere dietro le manifestazioni. I media di Stato riportano le dichiarazioni del segretario del Consiglio supremo della sicurezza, per il quale “gli hashtag e i messaggi [sui social] a proposito della situazione iraniana provengono dagli Stati Uniti, dal Regno Unito e dall’Arabia saudita”.

Rouhani, eletto per un secondo mandato nel maggio 2017, ha permesso al Paese di uscire dall’isolamento, giungendo all’accordo sul nucleare che ha portato alla caduta di molte sanzioni internazionali. Gli iraniani speravano che questo portasse a un miglioramento della situazione economica, ma i frutti dell’accordo tardano a farsi sentire anche perché gli Stati Uniti continuano a mantenere un divieto all’uso del dollaro nelle transazioni finanziarie con l’Iran, frenando la firma di molti contratti.

Le manifestazioni anti-governo sono state accolte con soddisfazione da Stati Uniti, Israele e Arabia saudita.

Il presidente Usa Donald Trump, in un tweet del 31 dicembre ha detto che le manifestazioni mostrano “il fallimento ad ogni livello” dell’Iran e che il popolo “ha fame di cibo e di libertà. È tempo di cambiare”.

In Israele il ministro per la cooperazione regionale, Tzachi Hanegbi, ha dichiarato che i dimostranti iraniani “rischiano con coraggio la loro vita alla ricerca di libertà” e chiede al “mondo civilizzato” di sostenerli.

Non vi sono dichiarazioni ufficiali da parte di Riyadh, ma da tempo il giovane principe Mohammed bin Salman cerca di ridurre l’influenza di Teheran sul Medio oriente, dove l’Iran ha mietuto successi in Iraq e in Siria.

Ieri, il ministro russo degli esteri, ha detto che le sommosse sono “un affare interno dell’Iran” e che “ogni interferenza esterna che destabilizzi la situazione è inammissibile”.