Papa in Cile: le Beatitudini ‘nuovo giorno’ per quelli che continuano a scommettere sul futuro

Nella prima messa celebrata nel suo viaggio Francesco dice che Gesù “viene a scuotere quella prostrazione negativa chiamata rassegnazione che ci fa credere che si può vivere meglio se evitiamo i problemi”, “se ci addormentiamo in un consumismo tranquillizzante”. La pace si “semina” andando incontro a chi si trova in difficoltà, a chi non è stato trattato come persona.


Santiago del Cile (AsiaNews) – Quando nelle Beatitudini Gesù dicendo “beato il povero, colui che ha pianto, l’afflitto, il sofferente, colui che ha perdonato…, viene a sradicare l’immobilità paralizzante di chi crede che le cose non possono cambiare”, “viene a scuotere quella prostrazione negativa chiamata rassegnazione che ci fa credere che si può vivere meglio se evitiamo i problemi, se fuggiamo dagli altri, se ci nascondiamo o rinchiudiamo nelle nostre comodità, se ci addormentiamo in un consumismo tranquillizzante”. Prima messa di papa Francesco nel suo sesto viaggio in America latina: nel Parque O’Higgins di Santiago (nella foto) c’è, forse, quasi mezzo milione di persone. Una folla partecipe, colorata e festosa, risposta significativa ad alcune polemiche sollevate nei giorni scorsi contro la visita papale.

Francesco prende spunto dalle Beatitudini per evidenziare che “non sono state idee o concetti a muovere Gesù... sono stati i volti, le persone; è la vita che grida alla Vita che il Padre ci vuole trasmettere”.

“Da tale incontro nasce questo elenco di beatitudini che sono l’orizzonte verso il quale siamo invitati e sfidati a camminare. Le beatitudini non nascono da un atteggiamento passivo di fronte alla realtà, né tantomeno possono nascere da uno spettatore che diventa un triste autore di statistiche su quanto accade. Non nascono dai profeti di sventura che si accontentano di seminare delusioni. Nemmeno da miraggi che ci promettono la felicità con un ‘clic’, in un batter d’occhi. Al contrario, le beatitudini nascono dal cuore compassionevole di Gesù che si incontra con il cuore di uomini e donne che desiderano e anelano a una vita beata; di uomini e donne che conoscono la sofferenza, che conoscono lo smarrimento e il dolore che si genera quando ‘trema la terra sotto i piedi’ o ‘i sogni vengono sommersi’ e il lavoro di tutta una vita viene spazzato via; ma che ancora di più conoscono la tenacia e la lotta per andare avanti; ancora di più conoscono il ricostruire e il ricominciare”.

“Le beatitudini non nascono da atteggiamenti di facile critica né dagli ‘sproloqui a buon mercato’ di coloro che credono di sapere tutto ma non vogliono impegnarsi con niente e con nessuno, e finiscono così per bloccare ogni possibilità di generare processi di trasformazione e di ricostruzione nelle nostre comunità, nella nostra vita. Le beatitudini nascono dal cuore misericordioso che non si stanca di sperare. E sperimenta che la speranza «è il nuovo giorno, lo sradicamento dell’immobilità, lo scuotersi da una prostrazione negativa’ (Pablo Neruda, El habitante y su esperanza, 5)”.

“Le beatitudini sono quel nuovo giorno per tutti quelli che continuano a scommettere sul futuro, che continuano a sognare, che continuano a lasciarsi toccare e sospingere dallo Spirito di Dio”.

“Di fronte alla rassegnazione che come un ruvido brusio mina i nostri legami vitali e ci divide, Gesù ci dice: beati quelli che si impegnano per la riconciliazione. Felici quelli che sono capaci di sporcarsi le mani e lavorare perché altri vivano in pace. Felici quelli che si sforzano di non seminare divisione. In questo modo, la beatitudine ci rende artefici di pace; ci invita ad impegnarci perché lo spirito della riconciliazione guadagni spazio fra noi. Vuoi gioia? Vuoi felicità? Felici quelli che lavorano perché altri possano avere una vita gioiosa. Desideri pace? Lavora per la pace”.

“Seminare la pace a forza di prossimità, a forza di vicinanza! A forza di uscire di casa e osservare i volti, di andare incontro a chi si trova in difficoltà, a chi non è stato trattato come persona, come un degno figlio di questa terra. Questo è l’unico modo che abbiamo per tessere un futuro di pace, per tessere di nuovo una realtà che si può sfilacciare. L’operatore di pace sa che molte volte bisogna vincere grandi o sottili meschinità e ambizioni, che nascono dalla pretesa di crescere e ‘farsi un nome’, di acquistare prestigio a spese degli altri. L’operatore di pace sa che non basta dire: non faccio del male a nessuno, perché, come diceva San Alberto Hurtado: «Va molto bene non fare il male, ma è molto male non fare il bene’ (Meditación radial, abril 1944)”.