La società contro la conversione forzata dei minori

Con una storica sentenza, la Corte federale afferma che entrambi i genitori devono dare il consenso al cambiamento di religione. La Costituzione dichiara che la religione di una persona di età inferiore ai 18 anni deve essere decisa dal suo genitore o tutore. Appello per una clausola che stabilisce che la religione di un figlio “debba rimanere quella con cui è stato cresciuto prima della conversione di uno dei genitori”.


Kuala Lumpur (AsiaNews/Agenzie) – Dopo un dibattimento durato 14 mesi, lo scorso 29 gennaio il più alto tribunale malaysiano ha reso nulla la conversione unilaterale all'islam dei tre figli di una madre indù, Indira Gandhi, stabilendo che entrambi i genitori devono dare il consenso al cambiamento di religione di un minore. Ciò costituisce per la nazione un importante precedente legale. Ancora minorenni e ad insaputa loro e della madre, i tre ragazzi erano stati convertiti all'islam nel 2009 dal padre, alcune settimane dopo esser diventato musulmano. L’uomo è poi fuggito portando via con sé la figlia più piccola, all’epoca di soli nove mesi. La signora Gandhi non l'ha più vista da allora. I figli hanno ora 20 anni, 19 e 9 anni.

L'Alta corte di Ipoh, capitale dello stato di Perak, aveva in precedenza annullato la conversione, ma il padre, il Mohd Riduan Abdullah, ha ricorso in appello. Per la custodia dei minori ha avuto luogo una battaglia legale anche tra i tribunali civili, che la assegnavano alla sig.ra Gandhi, mentre i tribunali della sharia si schieravano con Riduan. Nel 2014, la polizia non ha rispettato l'ordine dei tribunali civili di arrestare l’uomo, citando il conflitto giuridico come ragione del rifiuto. La Malaysia pratica un sistema legale a doppio binario con alcune questioni come quelle relative alla famiglia e ai matrimoni che ricadono sotto la giurisdizione dei tribunali islamici. Tuttavia, casi come questo hanno portato a aree legali “grigie”.

La sentenza è stata accolta con favore da organizzazioni locali ed internazionali, tra cui l'Unicef. “Questa decisione è in linea con il principio del ‘miglior interesse del bambino’, sostenuto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia”, dichiara la rappresentante regionale Marianne Clark-Hattingh. “Le conversioni unilaterali alla fine distruggono le famiglie e le battaglie per la custodia che ne derivano sono spesso lunghe e dolorose per tutti gli interessati, in particolare i bambini stessi”.

Tuttavia, il presidente dell'Associazione degli avvocati musulmani della Malaysia, Zainul Rijal Abu Bakar, afferma che la decisione della Corte federale è “molto rattristante” e non coerente con le precedenti delibere in materia. “Tuttavia, dobbiamo accettare questa decisione poiché presa da un tribunale competente. La comunità musulmana dovrà aspettare che venga ascoltato un altro caso, quindi questo giudizio sarà messo da parte”, afferma Zainul Rijal Abu Bakar.

In seguito al verdetto della Corte federale, il 30 gennaio il Primo ministro malaysiano Seri Najib Tun Razak ha affermato che il governo potrebbe prendere in considerazione la possibilità di modificare la legge per allinearla alla sentenza. L’ipotesi del governo di Kuala Lumpur riceve il forte sostegno da parte di moderati, avvocati e politici malaysiani. Essi ritengono opportuno reintrodurre una specifica postilla alla Legge sulla riforma del matrimonio e divorzio (Lra). La clausola 88A stabilisce che la religione di un figlio “debba rimanere quella con cui è stato cresciuto prima della conversione di uno dei genitori” e che il bambino può, dopo aver compiuto 18 anni e con il consenso di padre e madre, convertirsi all'islam.

In Malaysia la Costituzione stabilisce che l’islam è religione di Stato ed il 61,3% della popolazione si dichiara musulmano. L'articolo 12, paragrafo 4 della Carta dichiara che la religione di una persona di età inferiore ai 18 anni deve essere decisa dal suo genitore o tutore.