Le lacrime dei vescovi cinesi. Un ritratto di mons. Zhuang, vescovo di Shantou
di Padre Pietro

Un sacerdote della Chiesa ufficiale, ricorda il vescovo 88enne che il Vaticano vuole sostituire con un vescovo illecito, gradito al regime. Mons. Zhuang Jianjian è diventato vescovo sotterraneo per volere del Vaticano nel 2006. Il card. Zen e mons. Zhuang, immagine della Chiesa fedele, “che fa provare un’immensa tristezza e un senso di impotenza”. Le speranze del card. Parolin di consolare “le sofferenze passate e presenti dei cattolici cinesi”.


Pechino (AsiaNews) – La decisione del Vaticano di sostituire mons. Pietro Zhuang Jianjian con un altro vescovo (al presente scomunicato), gradito al governo cinese, sta suscitando dolore e confusione in Cina. Ad AsiaNews è giunta questa riflessione di p. Pietro, sacerdote della Chiesa ufficiale, che esprime il dolore per il modo in cui viene trattato questo vescovo della Chiesa sotterranea, divenuto tale per ordine del Vaticano nel 2006. Il p. Pietro ricorda anche il tentativo del card. Joseph Zen di comunicare con papa Francesco per evitare un altro “caso Mindszenty”. A differenza di certe immagini diffuse da alcuni media, il tentativo del card. Zen e le lacrime di mons. Zhuang sono viste come “impotenti” e “tristi”. Per il sacerdote si aprono nuove sofferenze e problemi di coscienza per i fedeli in Cina.

 

Non ho alcuna impressione diretta del vescovo della diocesi di Shantou mons. Pietro Zhuang Jianjian. So solo che quando ero un seminarista, mi piaceva ascoltare Radio Veritas Asia e ho sentito proprio da Radio Veritas Asia la notizia dell’ordinazione sacerdotale di Zhuang Jianjian a Shanghai – è stata la prima volta che sono venuto a sapere del prete Zhuang Jianjian della diocesi di Shantou.

A diffondere la notizia dell’ordinazione di p. Zhuang Jianjian, non è stata solo Radio Veritas Asia: anche la rivista "Chiesa cattolica della Cina" ha pubblicato un articolo che raccontava: "p. Zhuang Jianjian, è nato nella contea di Jiexi della diocesi di Shantou, nella provincia di Guangdong. Nella sua gioventù ha frequentato i seminari di Meixian (in Guangdong) e Shanghai per ricevere l’istruzione. Non ha mai cambiato la sua decisione nonostante l’interruzione dei 10 anni durante la Rivoluzione culturale. È poi entrato nel Seminario di Sheshan (Shanghai) nel 1985. Completati gli studi, il 21 dicembre 1986, ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale nella basilica di Nostra Signora di Sheshan, e celebrato la prima messa in veste di sacerdote”.

Secondo le circostanze dell'epoca, penso che l’ordinazione di p. Zhuang Jianjian sia stata celebrata da mons. Jin Luxian, anche se la Radio Veritas Asia non ha rivelato chi fosse il vescovo che ha presieduto la cerimonia. Ma sono sicuro nell’affermare che p. Zhuang Jianjian è sempre stato un pastore della Chiesa ufficiale. Fino al 2006, quando p. Zhuang Jianjian è stato nominato dal Papa come vescovo di Shantou e ha ricevuto l’ordinazione episcopale in segreto, il suo nome è divenuto noto a tutti.

Negli ultimi decenni, ogni Papa ha sperato di migliorare i rapporti con la Cina continentale, in particolare Papa Francesco, sin dall’inizio del suo pontificato, desidera ardentemente che venga raggiunto un accordo con il governo cinese sulla nomina dei vescovi. Nell'ottobre 2017, il rappresentante della Santa Sede mons. Claudio Maria Celli ha domandato due volte le dimissioni di mons. Zhuang Jianjian. Ad un incontro a Pechino, una delegazione del Vaticano ha chiesto in persona a mons. Zhuang di lasciare la cattedra a mons. Huang Bingzhang, il quale è un vescovo scomunicato. L’88enne mons. Zhuang nel sentire la richiesta è scoppiato a piangere, ha rifiutato di accettare e ha piuttosto voluto “portare la croce per aver disobbedito”.

Secondo la normale pratica ecclesiastica, un vescovo dovrebbe presentare le dimissioni al Papa all'età di 75 anni, ma date le circostanze particolari della Chiesa cinese, molti vescovi sono stati ordinati all’età di 75 anni, ed alcuni sono ancora responsabili degli affari diocesani all'età di oltre 80 anni. Questo è dovuto al fatto che, dal 1960 al 1980, la Chiesa cinese non ha mai avuto la possibilità di fare ordinazioni sacerdotali ed episcopali.

Non è che mons. Zhuang voglia aggrapparsi al posto di vescovo, il punto è che non può accettare di lasciare la sacra cattedra ad un vescovo illecito. È una questione di fede e di coscienza: non si deve considerare come una mera questione di obbedienza o disobbedienza. Per questo egli sperava che il card. Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong, potesse avere l'opportunità di esprimere la sua preoccupazione al Papa. Il 10 gennaio 2018, il card. Zen ha messo nelle mani del Santo Padre la busta con la lettera di mons. Zhuang ed un’altra lettera a nome suo, in occasione del “baciamano” alla fine dell’udienza generale del mercoledì con il Papa.

Dalle foto scattate in quel momento, si vedono i capelli bianchi come la neve e la schiena incurvata del card. Zen che consegna le lettere al Papa: un’immagine che fa provare un’immensa tristezza e un senso di impotenza. È ammirevole il gesto di lotta disperata e il coraggio nell’esprimere un monito scomodo da parte del card. Zen. La sua figura è proprio la figura della Chiesa fedele in Cina. Anche mons. Zhuang Jianjian: le sue lacrime sono proprio le lacrime dei sacerdoti fedeli in Cina, lacrime piene di mortificazioni e sacrifici.

In un’intervista pubblicata il 31 gennaio 2018 sul giornale italiano La Stampa, il Segretario di Stato vaticano card. Pietro Parolin ha parlato della recente confusione causata dal comportamento della Santa Sede spiegando che “le trattative in corso si muovono esattamente su questa linea: apertura costruttiva al dialogo e fedeltà alla genuina tradizione della Chiesa”. Ha aggiunto in modo speranzoso che “si arrivi, quando il Signore vorrà, a non dover più parlare di vescovi ‘legittimi’ e ‘illegittimi’, ‘clandestini’ e ‘ufficiali’ nella Chiesa in Cina, ma ad incontrarsi tra fratelli, imparando nuovamente il linguaggio della collaborazione e della comunione”. Per quanto riguarda la preoccupazione dei fedeli che le sofferenze inflitte nel passato ed al presente siano cancellate, il card. Parolin – sembra dare un po’ di consolazione alla gente che vive in queste sofferenze – e ha detto che “la Chiesa non dimenticherà mai le prove e le sofferenze passate e presenti dei cattolici cinesi. Tutto questo è un grande tesoro per la Chiesa universale”.

Mi auguro che le parole del card. Parolin siano sincere e vengano dal cuore. Ma la questione importante rimane come potrà l’autorità ecclesiale asciugare le lacrime dei fedeli e consentire alla loro coscienza di provare una vera e genuina pace e consolazione?

 

P. Pietro

giovedì, 1 febbraio 2018