Nunzio a Damasco: Sanità al collasso, ospedali cattolici una 'grazia' aperta a tutti

Continua l’escalation di violenze in diverse zone della Siria. Si combatte a Goutha est, Idlib e Hama; colpi di mortaio sulla capitale. Card Zenari: Più vittime per mancanza di cure che per le bombe. Metà dei nosocomi e delle cliniche “fuori servizio”, il 75% del personale è fuggito. La testimonianza degli “Ospedali aperti” che curano cristiani e musulmani poveri”. 

 


Damasco (AsiaNews) - In queste ultime settimane il conflitto siriano è tornato a intensificarsi “con scontri sanguinosi a Goutha est” [circa 400 vittime secondo alcune fonti] e “lanci di mortai su alcuni quartieri centrali di Damasco”, provocando diverse vittime “anche fra i bambini”. Vi sono poi in atto “aspri scontri a Idlib”, che provocano “ogni giorno morti e feriti”, nella provincia centrale di Hama” e “al nord, nell’area di Afrin” dove è in atto l’offensiva turca. È quanto racconta ad AsiaNews il card. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, descrivendo un quadro che rischia di aggravare ancor più una situazione sanitaria nel Paese già critica. “È ormai accertato - sottolinea il porporato - che muoiono più persone per mancanza di cure ospedaliere e medicine, che per scontri o sotto le bombe”. 

Gil ultimi dati ufficiali disponibili, forniti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), risalgono al settembre 2017 e confermano il peggioramento della situazione. A causa del conflitto siriano, prosegue il nunzio apostolico, la metà degli ospedali pubblici (111 in totale) e dei centri di assistenza al malato (1806 sparsi sul territorio) sono “completamente fuori servizio, o lavorano in modo incompleto o parziale”. 

“Se il numero delle vittime dirette del conflitto [divampato nel marzo 2011] - aggiunge il card Zenari - è di circa mezzo milione, sono molti di più quelli che sono deceduti per la mancanza di cure sanitarie”. La situazione è vicina al collasso, anche perché [sempre secondo dati Oms] “i due terzi (il 75% circa) del personale sanitario fra medici, tecnici ospedalieri e infermieri ha lasciato la Siria. E questo è un quadro allarmante”. 

Il nunzio apostolico a Damasco ricorda che la guerra non miete vittime solo attraverso le armi e gli eserciti in contrapposizione fra loro. Essa provoca anche morti a causa della crescente povertà e condizioni di vita sempre più difficili da sostenere. “Prima quanti avevano un lavoro - spiega - potevano beneficiare anche di una assistenza mutualistica. Ora la mancanza di lavoro ha determinato anche la decadenza dei servizi mutualistici e le persone faticano a farsi curare”.

Il 69% dei siriani, continua il porporato, vive in condizioni di “estrema povertà”, quindi “se uno ha un malanno, dall’influenza alla polmonite, al cancro o altre patologie gravi, è costretto a tenersele senza poter intervenire”.  

Di fronte all’emergenza, la Chiesa siriana - con la collaborazione della Santa Sede e il sostegno dello stesso papa Francesco - ha deciso di rilanciare le prestazioni offerte dai tre ospedali cattolici del Paese (due a Damasco e uno ad Aleppo) nel contesto del progetto “Ospedali aperti”. Due anni fa visitando i tre centri gestiti da istituti religiosi femminili, ricorda il porporato, “sono rimasto colpito perché non lavoravano al pieno delle possibilità. Vedevo posti letto vuoti, gli ambulatori che non funzionavano e questo a causa dei costi di mantenimento e manutenzione elevati, dall’elettricità al gasolio, ai macchinari e le attrezzature”. 

La nunziatura e il papa hanno quindi voluto impegnarsi per “rilanciare questi tre ospedali cattolici”, garantendo “libero accesso a chi non può pagare. Un malato si presenta in una delle strutture, viene valutata la malattia e viene verificata la sua disponibilità finanziaria. Se povero, gli vengono aperte le porte e fornite tutte le cure possibili e ciò avviene sia che si chiami Pietro, sia che si chiami Mohammed. Non si fanno differenze [di fede religiosa] e si dà a tutti il benvenuto”. 

Proprio questa apertura a tutti i bisognosi, senza distinzioni, diventa una “grande gesto” di “carità” in un contesto di conflitto, violenze e divisioni, aggiunge il card. Zenari. “Una bella testimonianza di evangelizzazione” aggiunge, anche se spesso “sembrano solo tre gocce nel deserto”. “Con questo progetto - conclude il nunzio apostolico - non possiamo risolvere l’emergenza sanitaria, ma vogliamo continuare a essere un segno della carità di papa Francesco e della Chiesa in Siria”.(DS)