Vescovo del Kashmir indiano: "Qui la devastazione è immensa"
di Nirmala Carvalho

In un'intervista ad AsiaNews mons. Peter Celestine, vescovo della diocesi di Jammu-Srinagar, racconta il terremoto, la devastazione ed i primi soccorsi alle vittime. Ora l'importante sono gli aiuti.


Srinagar (AsiaNews) – Nel Kashmir indiano l'obiettivo più importante ora "è soccorrere le vittime con cibo, vestiti e calore umano". Il vescovo della diocesi di Jammu-Srinagar, mons. Peter Celestine, parla ad AsiaNews della situazione attuale del Kashmir indiano, colpito sabato mattina dal terremoto, e racconta in prima persona la scossa ed i suoi primi effetti.

"Bisogna portare subito soccorso alle vittime - sottolinea il presule – e per questo abbiamo aperto tutti gli ospedali dove infermieri e dottori lavorano giorno e notte per dare assistenza medica. Io stesso ho dato la mia macchina per trasportare i pazienti dalle zone rurali, meno accessibili, fino ai punti di soccorso". A Baramulla, uno dei centri più colpiti, "ora c'è la Caritas indiana che sta prestando il primo soccorso: con il Centro per i servizi sociali diocesano coordineranno gli aiuti".

Il governo indiano parla di circa 750 vittime e mons. Celestine è chiaro nel sottolineare che per questi "c'è molto da fare, dal ricostruire le case al ridare la speranza a chi ha perso anche quel poco che aveva. Le celebrazioni per il centenario della scuola diocesana, per le quali io mi trovavo a Baramulla e che sono state annullate, dovevano durare 10 giorni: rimarrò qui il tempo stabilito per sovrintendere in prima persona ai lavori".

Il soccorso locale è organizzato: "La struttura scolastica ha reagito bene – racconta - anche se presenta alcune grosse crepe, e p. Sebastian, il preside, ha invitato la popolazione a dormire nelle aule. Il parroco si occupa di cibo e vestiti per i locali mentre i preti della parrocchia sono impegnati a raggiungere le zone più remote per portare il primo soccorso a chi vive lì, dato che strade e comunicazioni sono interrotte".

"Le suore della Missione carmelitana – aggiunge- si occupano di donne, ragazze e bambine. Già da sabato notte si sono tutte trasferite nel convento dove le suore cercano di dare loro il necessario. Molte sono traumatizzate dal terremoto ma le suore sanno che, la prima cosa da dare, è conforto e calore umano".

"Ogni casa – racconta il prelato - ha subito forti danni strutturali ed ora la gente è costretta a bivaccare all'aperto perché gli edifici potrebbero crollare da un momento all'altro. E' così triste che queste persone, già molto povere, abbiano perduto anche quei pochi beni che avevano da parte ed ora siano sedute sul ciglio della strada aspettando che qualche veicolo li porti via da qui".

Il presule racconta in prima persona l'esperienze della scossa e spiega che la gente del posto non ha capito subito cosa fosse il terremoto e quali danni avesse portato con sé. "Per celebrare il centenario della St. Joseph School, la scuola diocesana di Baramulla, - racconta – mi trovavo nel cortile verso le 9 del mattino. Alle 9.20, la scuola ha iniziato a tremare: è stata una visione terribile, i bambini urlavano e nessuno riusciva a capire cosa stesse succedendo".

La gente non capiva perché "qui non è facile confrontarsi con queste cose: le persone sono abituate alla violenza ed al terrorismo ed ogni cosa che non riescono a capire viene collegata a queste. Dato che ci trovavamo all'aperto e la scuola aveva retto bene alla scossa, non abbiamo capito la gravità del terremoto".

"Abbiamo annullato il programma delle celebrazione – prosegue - per riprenderle più tardi: le persone volevano controllare che nulla si fosse rotto nelle loro case. Non avevamo idea della devastazione che ci aspettava tornati nei villaggi. Dire che la scossa è stata di grado 7,5 può sembrare una mera statistica; dovreste essere qui per capire cosa significa quel numero e quanta distruzione porti con sè. Sfortunatamente poi, come spesso accade, la disgrazia colpisce chi ne è già pieno".

Il vescovo spiega che la prima cosa da fare, per lui, è stata quella di parlare con chi era stato colpito dal terremoto. "Ho celebrato messa all'una di pomeriggio del sabato – racconta - il giorno che doveva essere dedicato a ringraziare Dio per i cento anni della scuola. Durante la mia omelia ho detto che le vie del Signore sono misteriose. Non possiamo interrogarci sul perché, ma dobbiamo alzarci ed affrontare i problemi che ci attendono. Dio userà questa tragedia, forse per portare finalmente la pace fra il Pakistan e l'India. Potrebbe essere il punto di svolta nelle lotte per le quali abbiamo sofferto così tanto. I piani divini sono a volte difficili da capire sul momento, ma sono sempre pensati per il bene dell'umanità".

Finito il servizio eucaristico il presule, accompagnato dal parroco e dalla superiora del convento delle carmelitane, viaggia fino al confine con il Pakistan, verso Uri e le zone limitrofe. Solo arrivati qui vedono "l'immensità della devastazione: corpi di bambini sotto le macerie, persone intrappolate dal crollo degli edifici… Ero personalmente distrutto. Prima il terrorismo, poi gli estremisti, ora il terremoto: quando finirà la sofferenza di questa gente?". Le vittime di questi mali "sono sempre le stesse, ovvero coloro che già affrontano ogni giorno le sofferenze più atroci per sopravvivere alla povertà ed alle tragedie".