La Chiesa torni ad annunciare la resurrezione

Città del Vaticano (AsiaNews) - La Chiesa torni a parlare prima di tutto della vita dopo la morte; in una "società del'immagine" metta maggior cura nella presentazione dell'Ecaristia;  ne riscopra la dimensione mistica; cerchi di non privare i suoi fedeli del "pane di vita", perché l'allontanamento è uno degli strumenti dei quali si servono le sette per conquistare nuovi adepti. Alcuni aspetti concreti dela vita della comunità cristiana sono al cento dele preoccupazione dei vescovi che stanno intervenendo al Sinodo, dove si è anche udita la significativa testimonianza di come la Chiesa cubana, povera di sacerdoti, celebra l'Eucarista.

Parlare della resurrezione di ogni persona

La Chiesa torni a parlare dell' escatologia, della vita oltre la morte e della resurrezione individuale di ogni persona. Lo ha chiesto l'abate Andrea Pantaloni, generale dei Benedettini Silvestrini. "Ritengo – ha detto - che il problema pressante della gente di oggi sia maggiormente la preoccupazione se ci sarà qualche cosa dopo la morte! Ed è proprio questo il proprium del Crrstianesimo: la risurrezione della carne, che l'Eucarestia proclama e offre. L'abate ha quindi sostenuto la "necessità di fare della proclamazione della Risurrezione e della certezza di fede nella nostra personale risurrezione uno dei punti focali del Sinodo. Il mangiare la carne e bere il sangue di Cristo – 'degnamente', scrive S. Paolo - è il pegno, il principio e il seme certo della risurrezione della nostra carne. La missione della Chiesa è di annunciare questa risurrezione della carne, tutto il resto si riduce a ben poco, non sarà mai Evangelo".

Maggior cura nella preparazione delle celebrazioni

La cura nella preparazione delle celebrazioni è stata al centro di alcuni interventi. mons. Johannes Gerardus Maria van Burgsteden, ausiliare di Haarlem, in Olanda, ha rilevato che "viviamo in un mondo dove domina la cultura dell'immagine. Da una parte questo significa che liturgie ben curate nel rispetto dei canoni estetici possono suscitare interesse nelle persone. Dall'altra dobbiamo constatare che non si ha un'affluenza di massa alle celebrazioni eucaristiche domenicali (nei Paesi Bassi in media il 10 per cento). Il modo in cui il mistero dell'Eucaristia è spiegato fa riferimento ad un quadro di nozioni filosofiche che è estraneo all'uomo moderno. È per questo che solo con molta difficoltà, il contenuto - la dottrina - può essere proposto all'attenzione della gente. La pratica della celebrazione religiosa spesso non è fonte di ispirazione per l'uomo moderno. Trovare l'equilibrio tra contenuto ed esperienza, tra la teoria e il vissuto, mi sembra sia una delle grandi sfide che dobbiamo affrontare". Dal canto suo il portoghese mons. Albino Mamede Cleto, vescovo di Coimbra, con l'immagine che "in una società secolarizzata, non basta avere il cibo, ma bisogna sapere preparare la tavola", ha sostenuto che "più importante che collocare l'ostia nella mano o sulla lingua è farlo con quella dignità che trasmetta la fede".

Sette ed "emarginati" dall'Eucaristia

Evitare che chi non può accostarsi all'eucaristia si allontani dalla Chiesa: è la preoccupazione evoidenziata dal vescovo centroafricano Francois Xavier Yombandje, e dal cardinale Julian Herranz. "Purtroppo - ha detto mons. Yombandje, presidente della Conferenza episcopale centroafricana - una categoria di nostri fedeli non puo' accedere in modo completo" all'eucaristia, "anche se essi ne conservano il meraviglioso ricordo che li sostiene ancora nel loro impegno cristiano. Le sette e altri cercano sempre, fra i nostri migliori cristiani in difficoltà di vita, i loro adepti futuri. E' forse giunto il momento di individuare un cammino pastorale per preservarli dall'irreparabile". Il card. Herranz, presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi, ha parlato invece della comunione come "diritto fondamentale, ma non assoluto", perché "alcuni requisiti personali limitano tale diritto". C'é "gran diversità di situazioni irregolari", "tutti, però sono da seguirsi con amorevole pazienza e sollecitudine pastorale, per cercare di renderli regolari e per evitare che nessun fedele si allontani dalla Chiesa, o si consideri persino scomunicato".

La testimonianza della Chiesa cubana
"Nonostante l'esiguo numero di sacerdoti- ha raccontato mons. Alfredo Víctor Petit Vergel, vescovo ausiliare di San Cristóbal de La Habana - abbiamo grande considerazione per l'Eucaristia che viene celebrata con grande rispetto delle norme liturgiche. Comunque, dinanzi alla difficoltà e alla quasi impossibilità di costruire nuove chiese, abbiamo le cosiddette "case di preghiera" o "case di missione" nei quartieri periferici e nei piccoli paesi e villaggi, dove ogni settimana o secondo la frequenza possibile, si riuniscono piccoli gruppi di fedeli, non più di 40 persone, sotto la guida di un laico impegnato, una religiosa o un diacono. Qui giunge il sacerdote e in queste case viene celebrata la Santa Messa con grande devozione e rispetto per le norme liturgiche, preceduta dall'opportuna confessione sacramentale per coloro che, con giusta disposizione, desiderano partecipare del Pane Eucaristico". (FP)