Sri Lanka, dubbi sul nuovo ‘canale tv per la riconciliazione’: comprensibile solo ai tamil
di Melani Manel Perera

Il canale è in onda sulla televisione nazionale. Trasmette programmi su cultura, identità e religione dei tamil. Per alcuni è “inutile” un canale incomprensibile agli abitanti del sud; per altri è “uno sforzo positivo perché i giovani tamil di oggi hanno abbandonato la propria cultura e seguono solo le mode occidentali”.


Colombo (AsiaNews) – Il governo di Colombo ha sponsorizzato l’apertura del primo canale televisivo in lingua tamil su Sri Lanka Rupavahini Corporation (Slrc), la televisione di Stato. L’obiettivo delle autorità è sostenere l'unità nazionale e la riconciliazione tra la popolazione segnata da 30 anni di guerra civile. Ad AsiaNews però in molti esprimono dubbi sulla validità dell’operazione. “L’emittente è in lingua tamil, perciò solo i tamil possono capire – lamentano –. Il nuovo canale non soddisfa lo scopo”.

“Reconciliation Channel” è in onda dallo scorso 20 febbraio. Gode del patronato del presidente Maithripala Sirisena e diffonde in lingua tamil programmi di approfondimento sull’identità nazionale, religiosa e culturale della popolazione tamil. Secondo alcuni spettatori, le trasmissioni “avrebbero dovuto essere sia in lingua singalese che tamil. In questo modo invece coloro che non parlano la lingua non riescono a comprenderne il valore della cultura”.

Sundaram Velayudhan, commerciante 59enne della capitale, sostiene che si tratta “di uno sforzo senza senso. Perché il canale della riconciliazione deve essere solo in una lingua?”. L’uomo è nato nella penisola di Jaffna [nel nord del Paese, ndr], ma dal 1978 vive nella cittadina di Wattala. “Ho tre figli maschi – riferisce – che oggi sono tutti sposati. Nel 1983, durante i violenti scontri provocati dai buddisti singalesi, essi hanno bruciato tutte le mie proprietà. È stata dura ricominciare dal nulla, abbiamo sofferto molto. Io e mia moglie abbiamo fatto di tutto per proteggere la nostra vita e quella dei nostri figli. Abbiamo ancora un brutto ricordo di quel periodo”. Sundaram, di religione indù, fa fatica a dimenticare le violenze e i soprusi. Per questo, afferma, “se il governo vuole creare una società pacifica e giusta per tutta la nazione, dobbiamo conoscere gli uni il valore degli altri, le identità nazionali, religiose e culturali”.

Per Anusha Sivalingam, giovane attivista tamil che lavora come traduttrice, il canale “è un passo positivo” ma non basta. “Per ora la parola ‘riconciliazione’ non è adatta. Quella giusta dovrebbe essere ‘giustizia’ o ‘uguaglianza’. Il governo deve insegnare l’umanità, perché non possiamo sperare nella riconciliazione senza conoscere o rispettare l’umanità [altrui]. Deve esserci il modo di presentare alle persone nel sud del Paese i problemi reali di coloro che vivono al nord. Altrimenti è inutile”.

Mano Ganesan, ministro della Coesistenza nazionale, del dialogo e delle lingue ufficiali, afferma: “Apprezzo il nuovo canale, ma esso deve essere rivolto non solo al nord. Gli abitanti del sud devono conoscere i problemi del nord. Solo così vedremo un percorso di riconciliazione”.

Oltre alle perplessità, in molti esprimono anche soddisfazione. È il caso della signora Anandi di Jaffna, oggi in pensione, che per anni ha insegnato alla Muslim Maha Viddyala a Matugama, nel distretto di Kalutara [circa 60 km a sud di Colombo, ndr]. “Questo canale è uno sforzo positivo – sostiene – perché i tamil di oggi hanno dimenticato la nostra cultura. Essi seguono le mode occidentali”.