Papa: Gesù risorto è invito a rinnovarsi e a sperare di fronte alle difficoltà

Nella Veglia della notte di Pasqua Francesco dice che “celebrare la Pasqua significa credere nuovamente che Dio irrompe e non cessa di irrompere nelle nostre storie, sfidando i nostri determinismi uniformanti e paralizzanti”. “E’ risorto! E’ l’annuncio che sostiene la nostra speranza e la trasforma in gesti concreti di carità. Quanto abbiamo bisogno di lasciare che la nostra fragilità sia unta da questa esperienza!”.


Città del Vaticano (AsiaNews) – Gesù è risorto, è il messaggio della Pasqua. Con lui “risorge la nostra speranza creativa per affrontare i problemi attuali, perché sappiamo che non siamo soli”. E “celebrare la Pasqua significa credere nuovamente che Dio irrompe e non cessa di irrompere nelle nostre storie, sfidando i nostri determinismi uniformanti e paralizzanti. Celebrare la Pasqua significa lasciare che Gesù vinca quell’atteggiamento pusillanime che tante volte ci assedia e cerca di seppellire ogni tipo di speranza”. E’ rispondere all’invito a rompere le abitudini ripetitive, a rinnovare la nostra vita, le nostre scelte e la nostra esistenza”. E’ il messaggio che papa Francesco ha rivolto ai fedeli nella notte di Pasqua, la “veglia di tutte le veglie”.

E’ un rito pieno di significati, emozionante. E’ iniziato nell’atrio della basilica di San Pietro con la benedizione del fuoco e la preparazione del cero pasquale. L’ingresso della processione, al buio, con il cero pasquale acceso, è stato accompagnato dall’improvviso accendersi di tutte le luci della basilica e dal canto dell’Exultet.

Nel corso della messa, il Papa ha rinnovato la tradizione dei battesimi nella notte di Pasqua, amministrando i sacramenti dell’iniziazione cristiana a 8 catecumeni provenienti da: Albania, Italia, Nigeria, Perù e Stati Uniti d’America.

La rinascita, legata alla Risurrezione, con l’esortazione a rinnovarsi sono stati al centro dell’omelia di Francesco, che ha preso le mosse dal “peso del silenzio davanti alla morte del Signore, un silenzio in cui ognuno di noi può riconoscersi e che cala profondo nelle fenditure del cuore del discepolo che dinanzi alla croce rimane senza parole. Sono le ore del discepolo ammutolito di fronte al dolore generato dalla morte di Gesù: che dire davanti a questa realtà? Il discepolo che rimane senza parole prendendo coscienza delle proprie reazioni durante le ore cruciali della vita del Signore: di fronte all’ingiustizia che ha condannato il Maestro, i discepoli hanno fatto silenzio; di fronte alle calunnie e alla falsa testimonianza subite dal Maestro, i discepoli hanno taciuto. Durante le ore difficili e dolorose della Passione, i discepoli hanno sperimentato in modo drammatico la loro incapacità di rischiare e di parlare in favore del Maestro; di più, lo hanno rinnegato, si sono nascosti, sono fuggiti, sono stati zitti (cfr Gv 18,25-27)”.

“E’ il discepolo di oggi, ammutolito davanti a una realtà che gli si impone facendogli sentire e, ciò che è peggio, credere che non si può fare nulla per vincere tante ingiustizie che vivono nella loro carne tanti nostri fratelli. E’ il discepolo frastornato perché immerso in una routine schiacciante che lo priva della memoria, fa tacere la speranza e lo abitua al ‘si è fatto sempre così’”.

Ma “in mezzo ai nostri silenzi”, sono le pietre a gridare per “il più grande annuncio che la storia abbia mai potuto contenere nel suo seno: «Non è qui. E’ risorto» (Mt 28,6). La pietra del sepolcro gridò e col suo grido annunciò a tutti una nuova via. Fu il creato il primo a farsi eco del trionfo della Vita su tutte le realtà che cercarono di far tacere e di imbavagliare la gioia del vangelo”.

“E se ieri, con le donne, abbiamo contemplato «colui che hanno trafitto» (Gv 19,37; cfr Zc 12,10), oggi con esse siamo chiamati a contemplare la tomba vuota e ad ascoltare le parole dell’angelo: «Non abbiate paura […] E’ risorto» (Mt 28,5-6). Parole che vogliono raggiungere le nostre convinzioni e certezze più profonde, i nostri modi di giudicare e di affrontare gli avvenimenti quotidiani; specialmente il nostro modo di relazionarci con gli altri. La tomba vuota vuole sfidare, smuovere, interrogare, ma soprattutto vuole incoraggiarci a credere e ad aver fiducia che Dio ‘avviene’ in qualsiasi situazione, in qualsiasi persona, e che la sua luce può arrivare negli angoli più imprevedibili e più chiusi dell’esistenza. E’ risorto dalla morte, è risorto dal luogo da cui nessuno aspettava nulla e ci aspetta – come aspettava le donne – per renderci partecipi della sua opera di salvezza. Questo è il fondamento e la forza che abbiamo come cristiani per spendere la nostra vita e la nostra energia, intelligenza, affetti e volontà nel ricercare e specialmente nel generare cammini di dignità. Non è qui… E’ risorto! E’ l’annuncio che sostiene la nostra speranza e la trasforma in gesti concreti di carità. Quanto abbiamo bisogno di lasciare che la nostra fragilità sia unta da questa esperienza! Quanto abbiamo bisogno che la nostra fede sia rinnovata, che i nostri miopi orizzonti siano messi in discussione e rinnovati da questo annuncio! Egli è risorto e con Lui risorge la nostra speranza creativa per affrontare i problemi attuali, perché sappiamo che non siamo soli”.

“Celebrare la Pasqua significa credere nuovamente che Dio irrompe e non cessa di irrompere nelle nostre storie, sfidando i nostri determinismi uniformanti e paralizzanti. Celebrare la Pasqua significa lasciare che Gesù vinca quell’atteggiamento pusillanime che tante volte ci assedia e cerca di seppellire ogni tipo di speranza. La pietra del sepolcro ha fatto la sua parte, le donne hanno fatto la loro parte, adesso l’invito viene rivolto ancora una volta a voi e a me: invito a rompere le abitudini ripetitive, a rinnovare la nostra vita, le nostre scelte e la nostra esistenza. Un invito che ci viene rivolto là dove ci troviamo, in ciò che facciamo e che siamo; con la ‘quota di potere’ che abbiamo. Vogliamo partecipare a questo annuncio di vita o resteremo muti davanti agli avvenimenti? Non è qui, è risorto! E ti aspetta in Galilea, ti invita a tornare al tempo e al luogo del primo amore, per dirti: Non avere paura, seguimi”. (FP)