Elezioni generali, Mahatir: ‘No alla svendita del Paese a Pechino’

La Cina è la principale fonte di investimenti esteri diretti, contribuendo per il 7% al totale di 11,5miliardi di euro ricevuti lo scorso anno. Mahathir sfiderà il Primo ministro Najib Razak, favorito e in passato suo delfino, in quella che secondo gli analisti potrebbe essere la consultazione elettorale più combattuta dall'indipendenza del Paese nel 1957. Nei prossimi giorni la data esatta delle votazioni. L’opposizione accusa il governo di brogli.


Kuala Lumpur (AsiaNews/Agenzie) – “Molte persone non gradiscono gli investimenti cinesi. Non vogliamo vendere pezzi di questo Paese a compagnie straniere che svilupperanno intere città”. È quanto afferma Mahathir Mohamad, candidato premier dell’opposizione, aggiungendo che in caso di vittoria della sua coalizione nelle prossime elezioni generali, i progetti finanziati da Pechino saranno soggetti a più approfondite indagini da parte delle autorità malaysiane.

Mahathir sfiderà il Primo ministro Najib Razak, in passato suo delfino, in quella che secondo gli analisti potrebbe essere la consultazione elettorale più combattuta dall'indipendenza del Paese nel 1957. La Commissione elettorale si riunirà nei prossimi giorni per stabilire la data esatta delle votazioni, previste per fine aprile o inizio maggio, prima del mese di ramadan. Circa 15 milioni di elettori registrati, su una popolazione di 32, si recheranno alle urne per eleggere 222 parlamentari e 505 funzionari delle varie assemblee statali,

Il politico 92enne, già premier dal 1981 al 2003 e leader più longevo della storia nazionale, ha dichiarato lo scorso 6 aprile che gli investimenti cinesi sono benvenuti solo se le compagnie sono disposte a svolgere le operazioni sul territorio, offrendo posti di lavoro ai cittadini malaysiani e portando nel Paese capitali e tecnologia. “Se dai questi progetti non guadagniamo nulla, allora non li vogliamo”, ha ribadito Mahathir.

I commenti del leader di Pakatan Harapan (Patto per la Speranza), coalizione che raggruppa quattro partiti, riflettono le sempre più diffuse preoccupazioni investimenti cinesi in Asia, che hanno alimentato tensioni politiche dall'Australia allo Sri Lanka. Sebbene molti Paesi siano desiderosi di beneficiare del piano del presidente Xi Jinping per facilitare centinaia di miliardi di dollari in investimenti infrastrutturali in tutto il mondo, essi temono di diventare troppo dipendenti da Pechino.

In Malaysia, gli investimenti cinesi hanno sollevato preoccupazioni per la sovranità e l'ineguaglianza economica. Mahathir ha fatto riferimento ai piani della Country Garden Holdings Co. Ltd., pronta ad investire 100 miliardi di dollari Usa nello stato di Johor per costruire appartamenti dal valore di oltre 1 milione di ringgit (258mila dollari) l’uno. Nel 2016, il reddito annuale medio in Malaysia è stato di 62.736 ringgit (poco più di 13mila euro). “Non abbiamo abbastanza persone con la ricchezza necessaria per comprare quegli appartamenti così costosi – ha affermato Mahathir – quindi si vogliono portare stranieri nel Paese”, ha detto Mahathir.

Il primo ministro Najib Razak, in corsa per il suo terzo mandato e che secondo gli osservatori detiene i favori del pronostico, respinge le preoccupazioni dell'opposizione definendole “irresponsabili allarmismi politici”. La Cina è la principale fonte di investimenti esteri diretti della Malaysia, contribuendo per il 7% al totale di 54,7 miliardi di ringgit (11,5miliardi di euro) ricevuti lo scorso anno. Pechino è coinvolta in diversi progetti nel Paese come la East Coast Rail Link, 688 chilometri di ferrovia dal costo di 55 miliardi di ringgit.

Due giorni fa, Najib, a capo del Barisan Nasional (Fronte Nazionale), due giorni fa ha presentato il suo manifesto elettorale. Egli promette di aumentare il massimale annuale di distribuzioni di denaro a 7 milioni di poveri, per lo più malesi, da 1.200 ringgit (253 euro) a 2.000 ringgit (422 euro); cancellare i debiti degli agricoltori malesi, suo maggior serbatoio di voti, e dei proprietari terrieri collegati alle società statali; creare 3 milioni di nuovi posti di lavoro, per contrastare l'aumento della disoccupazione giovanile.

Nel frattempo, l’opposizione accusa il Barisan Nasional di aver truccato il risultato delle elezioni a suo favore ancor prima che inizi la campagna elettorale. Ad alimentare queste accuse vi è l’approvazione di alcune leggi, che introducono radicali cambiamenti pro-governo ai confini dei collegi elettorali e una nuova controversa legge per combattere le cosiddette “fake news”.

Lo scorso 5 aprile, il Registro delle società aveva disposto il temporaneo scioglimento del Parti Pribumi Bersatu Malaysia (Ppbm) di Mahathir, partito componente il blocco dell'opposizione, per discrepanze nelle sue pratiche burocratiche. Mahathir, ha in seguito dichiarato che il partito continuerà ad operare e ha accusato il rivale di "barare per paralizzare i suoi avversari" prima delle elezioni.