Senza fine le sofferenze dei Rohingya: campi profughi allagati dal monsone
di Sumon Corraya

Nell’ultima settimana sono morte tre persone. I rifugiati sono scappati dal vicino Myanmar, dove vengono perseguitati. Più di 3mila case distrutte, pozzi e bagni inutilizzabili. Negli accampamenti dilagano malattie e infezioni. La Mezzaluna Rossa sospende le vacanze dei dipendenti musulmani per la festa di Eid-ul-Fitar.


Cox’s Bazar (AsiaNews) – Non si placano le sofferenze per i musulmani Rohingya accampati dallo scorso anno nei campi profughi di Cox’s Bazar (Bangladesh meridionale). A lungo annunciato, alla fine il monsone è arrivato e con esso altra morte e distruzione. Negli ultimi cinque giorni sono decedute almeno tre persone a causa delle forti precipitazioni che hanno provocato allagamenti e frane.

Secondo il nucleo per i Rohingya del Disaster Management and Relief Ministry, quasi 700mila sfollati sono scappati dal Myanmar dal 25 agosto 2017, quando sono riprese le violenze tra i militanti musulmani dell’Arakan Rohingya Salvation Army (Arsa) e i militari dell’esercito.

In un comunicato stampa la “Inter Sector Coordination”, alleanza di Ong che lavorano con i profughi, pubblica i numeri della devastazione del monsone: “Piogge e tempeste hanno pesantemente afflitto la vita di 28.373 persone. Di queste, 32 sono rimaste ferite e due uccise, compreso un bambino. Altri 6.023 rifugiati sono stati colpiti [dagli effetti] delle valanghe. Allo stesso tempo, le precipitazioni hanno danneggiato 3.302 case, 22 pozzi e 298 bagni”.

Nella sola giornata di ieri, 108 abitazioni e 4 latrine hanno riportato danni. Le conseguenza peggiori delle piogge sono evidenti soprattutto negli alloggi costruiti sui pendii delle colline. Moniruzzaman Islam, un profugo, afferma: “Viviamo nella paura. Se la pioggia dovesse continuare ancora per una settimana, saremo colpiti ancora più duramente. Preghiamo Allah affinchè ci salvi”.

L’Organizzazione mondiale della sanità lancia un allarme sulla possibile propagazione di malattie infettive. Le pessime condizioni igienico-sanitarie in cui vivono i Rohingya, insieme al ristagno delle acque, potrebbero scatenare vere e proprie epidemie di dengue, chikungunya, tifo, epatite E, malaria. A queste si aggiungono problemi respiratori, infezioni e dissenteria. La signora Jorunia Akter ha contratto il tifo da una settimana. “Ho la febbre – riferisce – non posso lavorare e mi sento molto debole. Ho perso la speranza di vivere”.

Di fronte a questa emergenza, molte associazioni hanno sospeso le vacanze dei volontari musulmani per la festa dell’Eid-ul-Fitar, che conclude il mese sacro del Ramadan. Un funzionario della Mezzaluna Rossa (Red Crescent Society) dichiara: “Non consentiremo al nostro staff di lasciare i campi. I Rohingya hanno bisogno della nostra assistenza”.