Nella guerra dei dazi fra Cina e Stati Uniti a perdere è l’economia di tutta l'Asia

Fra i più colpiti i Paesi produttori di “beni intermedi”, fra cui Taiwan, Corea del Sud e nazioni del Sud-est asiatico. Esperti: uno scontro che rischia di provocare “uno shock in tutta la regione”. Cala il valore delle valute locali. Dopo la Turchia anche l’India annuncia dazi per 240 milioni di dollari sull’importazione di prodotti alimentari “made in Usa”. 


Pechino (AsiaNews/Agenzie) - La guerra commerciale in atto fra Pechino e Washington, fatta a colpi di dazi su beni e prodotti, rischia di affossare l’intera economia asiatica, con particolari ripercussioni su Taiwan, Corea del Sud e nazioni del Sud-est asiatico. Secondo gli esperti, questi Paesi sono fra i principali esportatori di “beni intermedi” verso la Cina, dove vengono assemblati i pezzi fino alla realizzazione del prodotto finito, la cui principale destinazione sono gli Stati Uniti.

Un crollo nelle esportazioni cinesi negli Usa, come conseguenza diretta delle tariffe punitive in atto fra i due Paesi, finirebbe dunque per affossare anche quelle economie “di mezzo”, legate a doppio filo alla realizzazione di beni e prodotti. Un effetto domino che trascinerebbe verso il basso l’intero continente, impartendo un colpo durissimo ai sogni di crescita di molte nazioni emergenti. 

Fra gli esempi di “beni intermedi” vi sono chip semiconduttori e schermi. Si tratta di componenti che vengono realizzate in diverse parti dell’Asia e poi inviate in Cina per essere assemblate in computer e telefoni cellulari. Sebbene al momento non vi sia una lista definitiva dei prodotti oggetto della guerra commerciale fra Cina e Stati Uniti, per gli esperti di J.P. Morgan è “molto probabile” che vi siano i prodotti elettronici. 

“Per la loro natura - avverte un analista - questi pezzi dipendono da una catena di produzione integrata. In quest’ottica, [la guerra dei dazi] provocherebbe uno shock in tutta la regione”. In questo contesto a preoccupare sono anche i deflussi dei capitali e l’indebolimento delle valute locali nei confronti del dollaro. 

Lo testimoniano alcuni esempi di questi giorni: il 20 giugno scorso il dollaro taiwanese registrava perdite dell’1,7%, mentre il won coreano registrava un calo del 4,2% dall’inizio dell’anno. E ancora, la moneta di Singapore faceva registrate un meno 1,5% e il baht thai un calo [sebbene più contenuto] dello 0,6%. Tutte queste monete hanno fatto registrare il loro punto più basso dall’inizio del 2018 e sono diretta conseguenza delle tensione fra le due principali potenze economiche e commerciali al mondo. 

Tuttavia, concludono gli esperti, sino a che non saranno definiti con chiarezza i beni oggetto di dazi non sarà possibile quantificare con certezza l’impatto complessivo sull’economia del continente asiatico. Inoltre, le richieste del mercato interno cinese dovrebbero permettere di contenere -almeno nel breve e medio periodo - le perdite per i Paesi fornitori. 

Infine, alla Turchia si unisce anche l’India che diventa l’ultimo Paese in ordine di tempo a imporre milioni di dollari in dazi sui prodotti importati dagli Stati Uniti. Ieri il governo di New Delhi ha annunciato imposte extra per 240 milioni di dollari su generi alimentari “made in Usa”, con effetto dal prossimo 4 agosto. Il timore è che la guerra commerciale possa continuare nelle prossime settimane con ulteriori misure protezionistiche unilaterali.