Papa: le sofferenze dei cristiani in Medio Oriente al centro del viaggio a Bari

All’Angelus Francesco ha chiesto di pregare per la pace, al centro dell’incontro con capi di Chiese cristiane mediorientali. Un pensiero per i ragazzi dispersi in Thailandia e per il Nicaragua. “Sulla strada di Gesù” nessuno deve sentirsi un abusivo


Città del Vaticano (AsiaNews) – Le sofferenze di tanti cristiani in Medio Oriente saranno al centro dell’incontro che papa Francesco avrà sabato prossimo a Bari con molti capi di Chiesa cristiane orientali. L’ha ricordato lo stesso Papa dopo la recita dell’Angelus, quando ha invitato a pregare per la popolazione della Siria e per i giovani dispersi in una grotta in Thailandia.

“Sabato prossimo – le sue parole - mi recherò a Bari, insieme a molti Capi di Chiese e Comunità cristiane del Medio Oriente. Vivremo una giornata di preghiera e riflessione sulla sempre drammatica situazione di quella regione, dove tanti nostri fratelli e sorelle nella fede continuano a soffrire, e imploreremo a una voce sola: ‘Su di te sia pace!’ (Sal 122,8). Chiedo a tutti di accompagnare con la preghiera questo pellegrinaggio di pace e di unità”.

Sempre riguardo al Medio Oriente, Francesco ha detto che “rimane grave la situazione in Siria, in particolare nella provincia di Daraa, dove le azioni militari di questi ultimi giorni hanno colpito anche scuole e ospedali, e hanno provocato migliaia di nuovi profughi. Rinnovo, insieme con la preghiera, il mio appello perché alla popolazione, già duramente provata da anni, siano risparmiate ulteriori sofferenze”.

Il Papa ha anche espresso solidarietà per “gli sforzi che stanno compiendo i vescovi del Paese e tante persone di buona volontà, nel loro ruolo di mediazione e di testimonianza per il processo di dialogo nazionale in corso sulla strada della democrazia”.

Prima della recita della preghiera mariana, alle 20mila persone presenti in piazza san Pietro, Francesco aveva detto che tutti sono ammessi sulla strada del Signore, “nessuno deve sentirsi un intruso, un abusivo o un non avente diritto”. E’ l’insegnamento che papa Francesco trae dai due prodigi raccontati nel Vangelo di oggi (Mc 5,21-43): quelli della figlia di Giairo e dell’emorroissa.

“Dapprima l’Evangelista narra di un certo Giairo, uno dei capi della sinagoga, che viene da Gesù e lo supplica di andare a casa sua perché la figlia di dodici anni sta morendo. Gesù accetta e va con lui; ma, lungo la strada, giunge la notizia che la ragazza è morta. Possiamo immaginare la reazione di quel papà. Gesù però gli dice: «Non temere, soltanto abbi fede!» (v. 36). Arrivati a casa di Giairo, Gesù fa uscire la gente che piangeva e anche c’erano le donne prefiche, che urlavano forte, entra nella stanza solo coi genitori e tre discepoli, e rivolgendosi alla defunta dice: «Fanciulla, io ti dico: alzati!» (v. 41). Subito la ragazza si alza, come svegliandosi da un sonno profondo (cfr v. 42).

Dentro il racconto di questo miracolo, Marco ne inserisce un altro: la guarigione di una donna che soffriva di emorragie e viene sanata appena tocca il mantello di Gesù (cfr v. 27). Qui colpisce il fatto che la fede di questa donna attira, viene voglia di dire ‘ruba’ la potenza salvifica divina che c’è in Cristo, il quale, sentendo che una forza «era uscita da lui», cerca di capire chi sia stato. E quando la donna con tanta vergogna si fa avanti e confessa tutto, Lui le dice: «Figlia, la tua fede ti ha salvata» (v. 34).

Si tratta di due racconti ad incastro, con un unico centro: la fede; e mostrano Gesù come sorgente di vita, come Colui che ridona la vita a chi si fida pienamente di Lui. I due protagonisti, cioè il padre della fanciulla e la donna malata, non sono discepoli di Gesù eppure vengono esauditi per la loro fede. Hanno fede in quell’uomo. Da questo comprendiamo che sulla strada del Signore sono ammessi tutti: nessuno deve sentirsi un intruso, un abusivo o un non avente diritto. Per avere accesso al suo cuore, al cuore di Gesù, c’è un solo requisito: sentirsi bisognosi di guarigione e affidarsi a Lui”. E Francesco, come fa spesso ha chiesto ai presenti se “ognuno si sente bisognoso di guarigione” e “se si sente bisognoso, ha fede in Gesù”.

“Gesù va a scoprire queste persone tra la folla e le toglie dall’anonimato, le libera dalla paura di vivere e di osare. Lo fa con uno sguardo e con una parola che li rimette in cammino dopo tante sofferenze e umiliazioni. Anche noi siamo chiamati a imparare e a imitare queste parole che liberano e questi sguardi che restituiscono, a chi ne è privo, la voglia di vivere.

In questa pagina evangelica si intrecciano i temi della fede e della vita nuova che Gesù è venuto ad offrire a tutti. Entrato nella casa dove giace morta la fanciulla, Egli caccia fuori quelli che si agitano e fanno lamento (cfr v. 40) e dice: «La bambina non è morta, ma dorme» (v. 39). Gesù è il Signore, e davanti a Lui la morte fisica è come un sonno: non c’è motivo di disperarsi. Un’altra è la morte di cui avere paura: quella del cuore indurito dal male! Quella sì dobbiamo avere paura,  quando il cuore si indurisce, quando abbiamo il cuore ‘mummificato’”. “Ma anche il peccato, per Gesù, non è mai l’ultima parola, perché Lui ci ha portato l’infinita misericordia del Padre. E anche se siamo caduti in basso, la sua voce tenera e forte ci raggiunge: «Io ti dico: alzati!». E’ bello sentore quella parola di Gesù rivolta a ognuno di noi; ‘Alzati’”. “Chiediamo alla Vergine Maria – ha concluso - di accompagnare il nostro cammino di fede e di amore concreto, specialmente verso chi è nel bisogno. E invochiamo la sua materna intercessione per i nostri fratelli che soffrono nel corpo e nello spirito”.

E infine, “una iniziativa che si può definire storica - e si può dire anche che è una buona notizia: in questi giorni, dopo vent’anni, i governi di Etiopia ed Eritrea sono tornati a parlare insieme di pace. Possa tale incontro accendere una luce di speranza per questi due Paesi del Corno d’Africa e per l’intero continente africano”.