Il Sinodo russo ricorda il martirio dello zar Nicola II, ancora dubbi sulle spoglie
di Vladimir Rozanskij

Il patriarca di Mosca Kirill celebrerà insieme ai vescovi il centesimo anniversario della morte dell’ultimo imperatore di Russia. La memoria dei “martiri regnanti” e la fucilazione ordinata da Lenin.


Mosca (AsiaNews) – Il patriarca di Mosca Kirill (Gundjaev) ha ufficialmente confermato la convocazione del Sinodo dei vescovi della Chiesa Ortodossa Russa a Ekaterinburg, nei giorni del centesimo anniversario della tragica morte dell’ultimo zar Nicola II e dei membri della sua famiglia (v. foto), sterminati dai bolscevichi su ordine di Lenin.

L’assise si terrà dal 14 al 17 luglio, e il patriarca consacrerà anche la chiesa dei Santi Martiri Regnanti (Tsarstvennye Strastoterptsy) ad Alapaev, sempre nella stessa zona degli Urali dove furono assassinati gli altri membri della famiglia Romanov. Tra di essi vi era anche la santa principessa Elizaveta Fedorovna, fondatrice del benemerito istituto caritativo di Marta e Maria a Mosca, alla cui congregazione religiosa aderirono altre donne della famiglia imperiale. La principessa venne canonizzata già nel 1992, subito dopo la caduta del comunismo.

La notte tra il 16 e il 17 luglio il patriarca guiderà un pellegrinaggio notturno con i vescovi e i fedeli, che dalla chiesa-monumento “Sul Sangue” (luogo dell’assassinio dello zar) si muoverà per raggiungere il monastero dei “Santi Martiri Regnanti nel bosco della buca di Ganina”, luogo del ritrovamento delle spoglie di Nicola II, della moglie, dei cinque figli e dei tre servitori (tra cui il famoso medico Botkin), tutti canonizzati nel Sinodo giubilare del 2000. Proprio in quella notte di cent’anni fa era avvenuta la fucilazione, decisa in segreto da Lenin mentre si aspettava il processo allo zar a Pietrogrado.

La definizione di “martiri regnanti” è molto specifica nella spiritualità russa, e trova poche analogie nelle altre tradizioni del cristianesimo orientale e occidentale. Possiamo ricordare i santi Thomas More e John Fisher, che nel 1535 si opposero alle mire assolutiste di Enrico VIII d’Inghilterra: essi sono martiri non direttamente “per la fede”, ma piuttosto per motivi politici, che seppero dare nella circostanza una fulgida testimonianza di fede. Nicola II, uomo pio e colto, ma assai sfortunato e indeciso nelle sue responsabilità di sovrano, non avrebbe meritato la palma della santità, se non avesse affrontato gli ultimi mesi con profondo spirito cristiano.

A lungo infatti la sua canonizzazione fu contestata, a causa della macchia terribile della “Domenica di sangue” del 22 gennaio 1905, quando fece trucidare sotto le mura del suo palazzo centinaia di manifestanti guidati dal prete-sindacalista Georgij Gapon, e soprattutto della “sacrilega” abdicazione del 14 marzo 1917, quando abbandonò il Paese alla bufera della rivoluzione.

Nella storia russa esistono diversi esempi di martiri “politici”, quasi tutti principi e zar, chiamati con un termine esclusivo del cristianesimo russo: gli strastoterptsy, “coloro che hanno sofferto la passione”, una modalità di “martirio passivo” senza esplicita professione di fede. I primi santi russi canonizzati, nel 1025, furono i figli di Vladimir di Kiev, i principi Boris e Gleb, assassinati dal fratello Svjatopolk per questioni dinastiche. Il racconto del loro martirio è uno dei testi fondanti della spiritualità russa. Solo alcuni anni dopo furono canonizzati anche il padre Vladimir e la nonna Olga, protagonisti del Battesimo della Rus’ di Kiev: è il gruppo degli antichi santi russi riconosciuti anche dalla Chiesa Cattolica, prima dello scisma del 1054.

La scelta del patriarca e dei vescovi russi di recarsi in pellegrinaggio sugli Urali non è quindi soltanto un omaggio alla memoria dei tempi rivoluzionari, e dei “nuovi martiri” del ‘900, ma un’occasione per ripercorrere il cammino del cristianesimo russo nei secoli.

Nell’occasione si cercherà di concludere la lunga diatriba sulle spoglie dei “martiri regnanti”, riconosciuti dallo Stato, che ha però lasciato alla Chiesa l’ultima parola sulla proclamazione della loro autenticità. I resti furono ritrovati nella zona di sepoltura di massa su cui oggi si erge il nuovo monastero di Alapaev, che si estende per 3,8 chilometri quadrati, e i governanti al momento del ritrovamento erano il presidente Eltsyn e il primo ministro designato Nemtsov, figure oggi invise all’opinione pubblica più conservatrice, che allora sfruttarono il ritrovamento a scopi propagandistici.

Per questo e altri motivi più tecnici il patriarca Kirill è piuttosto restio al riconoscimento, in favore del quale è invece schierato apertamente il nuovo metropolita di Pskov, Tikhon (Ševkunov). Al Sinodo si attende una soluzione finale al “giallo delle spoglie”, ma anche al confronto tra i due gerarchi della Chiesa russa.