Il Patriarcato ecumenico rimanda la decisione finale sull’autocefalia ucraina
di Vladimir Rozanskij

Il Sinodo di Costantinopoli conferma la volontà di concederla, forse in novembre. La condizione: un accordo fra le tradizioni ortodosse presenti in Ucraina. Ritornate alla comunione ortodossa il patriarcato di Kiev di Filaret e la Chiesa autocefala ortodossa ucraina, la comunità “sotterranea” dei tempi sovietici. Il comunicato del Patriarcato di Costantinopoli e l’esortazione a “evitare violenze e rappresaglie”. Mosca: Una decisione “catastrofica”.


Mosca (AsiaNews) - Il Sinodo del patriarcato ecumenico di Costantinopoli ha rimandato la concessione del Tomos di autocefalia alla Chiesa ortodossa ucraina, pur confermando la volontà di concederlo. La decisione definitiva è subordinata all’accordo da trovare tra le varie giurisdizioni ortodosse presenti nel Paese: l’ortodossia moscovita, quella del patriarcato di Kiev di Filaret (Denisenko) e della Chiesa autocefala ortodossa ucraina, la comunità “sotterranea” dei tempi sovietici, guidata attualmente dal luogotenente di Filaret, il vescovo Makarij (Maletič). Ieri Costantinopoli ha reintegrato queste ultime due Chiese nella piena comunione ortodossa. Ecco il testo ufficiale del comunicato:

 

Presieduto da Sua Santità il Patriarca Ecumenico, il Santo e Sacro Sinodo si è riunito in regolare sessione dal 9 all’11 ottobre, per esaminare e discutere gli argomenti all’ordine del giorno.

Il Santo Sinodo ha discusso nei dettagli e a lungo la situazione ecclesiastica dell’Ucraina, alla presenza di Sua Eccellenza l’Arcivescovo Daniel di Pamphilon e di Sua Grazia il Vescovo Hilarion di Edmonton, Esarchi Patriarcali in Ucraina, e ha decretato le seguenti deliberazioni generali:

1) Rinnovare la decisione già presa, che il Patriarcato Ecumenico proceda a garantire l’Autocefalia della Chiesa in Ucraina.

2) Ristabilire al momento lo Stavropegion [sede indipendente] del Patriarcato Ecumenico a Kiev, come uno dei tanti Stavropegia già esistenti da sempre in Ucraina.

3) Accogliere ed esaminare le richieste di appello di Filaret Denisenko, Makarij Maletič e dei loro seguaci, che si sono trovati in condizione di scisma non per ragioni dogmatiche, secondo le prerogative canoniche del Patriarcato di Costantinopoli nel ricevere tali petizioni dai gerarchi e dall’altro clero da tutte le Chiese Autocefale. In questo modo, le persone summenzionate sono state ristabilite canonicamente al loro stato gerarchico o sacerdotale, e i loro fedeli sono stati riammessi alla comunione con la Chiesa.

4) Revocare gli obblighi giuridici della Lettera Sinodale del 1686, concessa in forza delle circostanze di quel tempo, che assegnava al patriarca di Mosca – in via di economia – il diritto di nominare il metropolita di Kiev, scelto dall’assemblea del clero e dei laici della sua diocesi, sempre commemorando il Patriarca Ecumenico in qualità di primo gerarca in qualunque celebrazione, proclamando e confermando la propria dipendenza canonica dalla Chiesa-madre di Costantinopoli.

5) Appellarsi a tutte le parti in causa, con l’invito a evitare l’appropriazione delle chiese, dei monasteri e delle altre proprietà, e qualunque altra azione di violenza e rappresaglia, affinché possa prevalere la pace e l’amore di Cristo.

 

Dato al Patriarcato Ecumenico, l’11 ottobre 2018.

 

L’Ucraina rimane dunque al momento senza il tanto sospirato (e temuto) Tomos di autocefalia, come ha chiarito subito dopo la riunione sinodale uno dei suoi membri più influenti, il metropolita di Austria e Ungheria Arsenij (Kardamakis). In realtà il documento non era neanche all’ordine del giorno. Uno dei relatori, Daniel di Pamphilon, ha spiegato: “Tutti erano interessati alla questione ucraina, ci sono state molte domande e risposte. La relazione è stata molto considerata, e vi saranno altre discussioni e valutazioni”, lasciando intendere che si riprenderà la questione alla prossima sessione del Sinodo (forse il mese prossimo, a novembre).

Si prevedono anche nuove consultazioni con il metropolita di Kiev Onufrij (Berezovskij), capo della giurisdizione filo-moscovita. In questi giorni Onufrij è stato ricoverato per un malore provocato dallo stress della questione in discussione a Costantinopoli.

Saranno da verificare anche le intenzioni del patriarca di Kiev Filaret (Denisenko), ristabilito al suo “stato gerarchico” originario, che era in realtà quello di metropolita: il quasi 90enne gerarca potrebbe pretendere per sé la guida della nuova Chiesa autocefala. E si attendono le reazioni di Mosca e del suo patriarca Kirill (Gundjaev), certamente assai contrariato per il perdono accordato al suo eterno nemico Filaret, ma anche sollevato per il supplemento di valutazione sinodale della questione.

Vista la posizione interlocutoria di Costantinopoli, l’autocefalia sarà verosimilmente concessa soltanto dopo un’assise conciliare che riunisca tutte le ramificazioni dell’Ortodossia in Ucraina, ammesso che si riesca a convocarla senza suscitare ulteriori contrasti. Da qui la scelta di istituire una sede stabile del Patriarcato Ecumenico a Kiev, lo stavropegion, e la raccomandazione a “evitare violenze e rappresaglie”, come già avvenuto nel passato remoto e prossimo della vita religiosa di questo Paese “di confine” (in slavo u-kraina).

Le prime reazioni dall’ortodossia russa non sono molto pacifiche. In un commento alla televisione, il portavoce di Kirill, Aleksandr Volkov, ha dichiarato: “Oggi il Patriarcato di Costantinopoli ha preso decisioni catastrofiche, anzitutto per sé e poi per il mondo ortodosso. Costantinopoli ha superato una linea rossa”.

In precedenza, Kirill aveva minacciato la rottura della comunione con Costantinopoli.