Il Partito comunista cinese in crisi di legittimità chiede la riforma del sindacato statale

Nella società cresce la disparità fra ricchi e poveri e crescono le manifestazioni di massa. Da tempo Xi Jinping ha chiesto un cambiamento di stile e di obiettivi alla Federazione dei sindacati, ma inutilmente. L’analisi del China Labour Bulletin.


Hong Kong (AsiaNews) – Nella Cina del “socialismo con caratteristiche cinesi” il Partito sembra scivolare sempre più verso una crisi di legittimità. Ciò è dovuto all’enorme divario esistente nel Paese fra ricchi e poveri. L’enorme sviluppo registrato in questi decenni non si è diffuso nella maggioranza della popolazione.

Secondo un’inchiesta del centro di ricerche di scienze sociali dell’università di Pechino, nel 2014 l’1% delle persone più ricche del Paese possedeva un terzo delle ricchezze della nazione. Allo stesso tempo, il 25% dei più poveri possedeva solo l’1%. La situazione sta portando a una crescita degli scioperi e delle manifestazioni di massa di lavoratori nel Paese. Per evitare una polarizzazione sociale, il Partito comunista cinese sta operando pressioni sociali, politiche, economiche sulla Federazione unitaria dei sindacati cinesi (All-China Federation of Trade Unions, ACFTU), che si prepara al suo congresso nazionale a Pechino, che si tiene ogni cinque anni. L’ACFTU è accusato di essere sotto le direttive del Partito e di non difendere i lavoratori nelle loro dispute, ma di proteggere l’alleanza esistente in Cina fra imprenditoria e Partito, economia e potere politico.

Riportiamo stralci di un’analisi della situazione pubblicata dal China Labour Bulletin lo scorso 10 ottobre.

 

Perché l’ACFTU ha bisogno di essere riformato?

1. La crescente disparità fra ricchi e poveri ha portato a una crisi di legittimità del Partito

Il tanto decantato “miracolo economico” della Cina ha senz’altro rafforzato lo stato della nazione, accresciuto la produttività, migliorato la vita materiale di milioni. Ma tutto questo è stato raggiunto con il sangue, il sudore e le lacrime dei lavoratori cinesi. Sebbene il numero delle persone in povertà si sia ridotto, e si è espansa la classe media, la crescita più grande è avvenuta nella ricchezza dell’1% [della popolazione]. Secondo un’inchiesta del Centro di ricerche di scienze sociali dell’università di Pechino, nel 2014 l’1% delle persone più ricche del Paese possedeva un terzo delle ricchezze della nazione. Allo stesso tempo, il 25% dei più poveri possedeva solo l’1%. Ufficialmente, dal 2008 il coefficiente Gini è disceso, ma nel 2016 era ancora a 0,465, molto al di sopra del livello di pericolo di 0,4. L’estrema disparità fra ricchi e poveri pone una sfida molto seria alla legittimità politica del Partito comunista.

Dal periodo delle riforme di 40 anni fa, i leader cinesi hanno sempre poggiato la loro legittimità sulla crescita economica che ha garantito risultati, ma è stata compiuta a spese di salari bassi, sicurezza sociale inadeguata e degradazione ambientale. I comuni lavoratori non sopportano più che continui a crescere lo squilibrio fra ricchi e poveri. Se ai lavoratori non è possibile condividere i frutti dello sviluppo economico, mentre testimoniano l’assordante collusione fra grandi imprese e governo, la crescita dell’asse che lega soldi e potere, essi potrebbero mettere in causa la legittimità del governo e la sua promessa di una vita felice. Come risultato, continueranno a scoppiare disordini sociali, compresi conflitti di lavoro. Ora il Partito comprende alla perfezione la minaccia imminente alla sua legittimità e ha lanciato una proposta comprensiva per cambiare la direzione delle riforme e focalizzarsi su una più bilanciata, razionale distribuzione della ricchezza.

2. I cammini divergenti dello sviluppo economico e dell’uguaglianza sociale

Nei primi stadi del programma di riforma economica, il Partito e il governo avevano adottato la politica del “dare priorità allo sviluppo economico, dando una dovuta considerazione all’uguaglianza sociale”. A quel tempo, ciò era comprensibile, ma oggi, quasi 40 anni dopo, non possiamo più accettare che il governo permetta al grande business di sfruttare manodopera a basso costo, rifiutandosi di stabilire un sistema di contrattazione collettiva. La situazione va contro la necessità di migliorare il livello di vita della gente. Mentre l’economia continua a crescere, la proporzione fra salari e Pil si è abbassata e i salari non hanno tenuto il passo con il generale sviluppo sociale ed economico. Se continuiamo a seguire il principio di “dare priorità allo sviluppo economico, dando una dovuta considerazione all’uguaglianza sociale”, la gente comune verrà lasciata sempre più indietro.

La leadership del Partito, comprendendo che camminando su questa pista si pongono minacce alla sua legittimità politica, nel 2013 ha deciso di mettere l’accento sull’assicurarsi che la crescita dei salari vada di pari passo con l’incremento di produttività, alzando il salario minimo, combattendo gli arrestati salariali, migliorando i negoziati collettivi portati avanti dai sindacati nelle imprese. Il 13mo Piano quinquennale (2016-2020) comprendeva proposte per migliorare la diffusione della ricchezza, mentre al 19mo Congresso del Partito nel 2017, Xi Jinping ha segnato un importante cambio nella politica, affermando che il mantra del 18mo Congresso del Partito - che incoraggiava la liberazione e lo sviluppo delle forze sociali produttive per affrontare “le contraddizioni fra i crescenti bisogni materiali e culturali delle persone e la consunta produttività sociale della Cina” – dovrebbe virare verso “le contraddizioni fra il desiderio di molte persone per una vita migliore e l’insufficiente e disuguale sviluppo della Cina”. Invece di sottolineare uno sviluppo economico vigoroso e la creazione di ricchezza, il partito ora si concentra su uno sviluppo economico equilibrato e su una razionale distribuzione della ricchezza.

Possiamo vedere che, prima dell’ascesa dell’amministrazione di Xi nel 2013, la questione della distribuzione della ricchezza non riceveva una meritata attenzione da parte dei massimi leader della Cina. Il governo aveva introdotto il sistema del salario minimo nel 1993, la legge sul lavoro nel 1994, e le indennità nel 1999. Comunque, questi meccanismi garantiscono solo il minimo e sono inutili ad affrontare il problema fondamentale della distribuzione della ricchezza o assicurare un livello decente di vita per i comuni operai. Inoltre, queste misure amministrative hanno fallito nell’affrontare il travolgente squilibrio di potere che esiste ancora in Cina nei rapporti di lavoro. Le diffuse e frequenti proteste degli operai cinesi sono una risposta diretta a questa iniqua distribuzione di ricchezza e al fatto che gli operai non hanno alcuna voce nel processo di distribuzione.

3. Il Partito spera tanto nell’ACFTU

Nell’ottobre 2013, Xi Jinping ha rotto con la tradizione e ha redarguito la leadership del sindacato unitario (ACFTU), fresca di nomina, invitandoli a una discussione di gruppo nel quartier generale del Partito a Zhongnanhai. Il segretario generale Xi ha detto loro di “integrare in pieno il ‘Sogno cinese’ negli ideali e nel lavoro di ogni operaio”, proponendo che il sindacato si focalizzi sui “temi di più grande preoccupazione e sui diretti interessi dei lavoratori”.

In pratica, ciò significa che i livelli di vita e la qualità del lavoro dovrebbero migliorare in concomitanza con lo sviluppo economico, perché gli operai possano infine godere dei benefici del miracolo economico in Cina. E’ chiaro che all’inizio del suo mandato come segretario generale, Xi Jinping era scontento del lavoro dell’ACFTU, ma aveva anche grandi attese e molte speranze che esso si elevasse nella sfida e aiutasse a risolvere i problemi vissuti da centinaia di milioni di operai in Cina.

Dal punto di vista del Partito, l’ACFTU dovrebbe rappresentare gli interessi dei lavoratori cinesi e organizzarli e proteggere i loro diritti e interessi fondamentali. A livello d’impresa, il sindacato dovrebbe migliorare la paga degli impiegati e i loro benefits mediante contrattazione collettiva con l’amministrazione, stabilendo relazioni di lavoro armoniose e stabili.

A livello di politica, i sindacati locali dovrebbero aiutare il governo a escogitare soluzioni macroeconomiche che possano ridurre il divario fra ricchi e poveri. In altre parole, il Partito spera che il sindacato aiuti i lavoratori a realizzare il “Sogno cinese” e prendere due piccioni con una fava, migliorando il livello di vita delle persone e rafforzando la legittimità politica del Partito. Purtroppo, la leadership dell’ACFTU è emersa con la sua propria interpretazione delle istruzioni di Xi Jinping, basata sui propri interessi, e cioè rafforzando i sistemi esistenti e continuando con le politiche introspettive adottate per tanti anni.

Se l’ACFTU e le sue federazioni locali continuano a non fare nulla di fronte all’attivismo crescente degli operai e alle richieste di riforma da parte del Partito, e se adottano il tradizionale approccio sul programma di riforma, come una routine, il sindacato perderà una reale opportunità di aiutare i lavoratori e allo stesso tempo getterà il Partito in una crisi di legittimità. Intanto, i lavoratori continueranno a protestare e a compiere azioni collettive in numero sempre maggiore.

 

(Nella foto: manifestazione di migliaia di minatori del carbone, in sciopero per non essere pagati da mesi, a Shuangyashan, 2016)