Troppi impegni amministrativi. Le promesse di un vescovo ai giovani di Terra Santa
di Fady Noun

Prelato di Terra Santa: Oberati di impegni amministrativi, liberare i vescovi perché possano tornare pastori. Ai giovani del Medio oriente necessario garantire un futuro di pace e sicurezza. Essi desiderano un lavoro e una famiglia, senza il pericolo del “fanatismo” presente in altre fedi. La scelta di restare nella propria terra una “vocazione”.


Beirut (AsiaNews) - Che un vescovo sia alleggerito dalle cariche amministrative, per poter tornare a essere “più pastore” e presente verso i fedeli. È l’appello lanciato da mons. Georges Bacouni, arcivescovo greco-cattolico di San Giovanni d’Acri, in Terra Santa, durante il suo intervento alla congregazione generale del Sinodo dei giovani, in corso dal 3 al 27 ottobre in Vaticano. Il prelato insiste inoltre nel compito di rafforzare l’unità dei cristiani e di garantire loro un futuro migliore e più sicuro nella loro terra di origine.  

Mons. Bacouni è uno dei partecipanti al Sinodo provenienti dal Medio oriente, una terra in cui spesso i cristiani sono vittime di violenze e persecuzioni. Due giorni fa abbiamo pubblicato la prima parte della riflessione, in cui si sottolinea l’importanza del Libano quale Paese-antenna caratterizzato da una “mescolanza di cultura e religione” che “ne fanno un conduttore per eccellenza”. Clicca qui per leggere. 

Mons. Georges Bacouni è una delle voci del Medio oriente che partecipa al Sinodo dei giovani. Arcivescovo greco-cattolico di san Giovanni d’Acri, in Terra Santa, egli è alla guida di una congregazione composta da 70mila fedeli. Durante il suo intervento, lo scorso 11 ottobre, alla congregazione generale, questo prelato che è uno dei più giovani della sua Chiesa, ha pregato per l’alleggerimento delle cariche amministrative del vescovo per permettergli di “tornare a essere più pastore” verso i fedeli.

“Quando sono stato consacrato vescovo, 13 anni fa - ha raccontato mons. Bacouni alla catena televisiva cattolica francese KTO - l’ultima parte della cerimonia era incentrata sul tema delle pecorelle smarrite. Mi hanno detto: ‘Tu sei il pastore, a te spetta il compito di andare alla ricerca delle pecorelle smarrite’. Ho finito per comprendere, nel farmi carico delle responsabilità episcopali, che non ho più il tempo di cercare né la pecora smarrita, né quella che nemmeno si è persa. Siamo fin troppo oberati di compiti e impegni di natura amministrativa, il cosiddetto lavoro di ufficio, e desidero con tutto il cuore che ci possa essere un giorno risparmiato. Bisogna liberare i vescovi, perché possano tornare a essere pastori”. 

“Da troppo tempo, ben prima di questo sinodo, mi sono messo all’ascolto dei giovani. Essi nutrono molte attese - avverte - ma soprattutto aspettano di incontrare pastori che siano loro vicini, di essere dei veri testimoni. Ho assistito al precedente sinodo, dedicato alla famiglia, e alcune cose che sono state dette oggi sono state dette anche allora” aggiunge mons. Bacouni. “Anche le famiglie si aspettano dei pastori che siano loro vicini. Come i giovani, i vecchi, i migranti, le famiglie hanno delle motivazioni ben precise nel loro essere in attesa. Ma come si fa - si chiede il prelato - a trovare del tempo oggi, nel sistema attuale in cui siamo invischiati che spesso sembra affogarci?”. 

Restare in Oriente: una vocazione 

In merito alle sfide vissute dai giovani del Medio oriente, mons. Bacouni afferma: “La prima sfida, che è comune a tutti i giovani cristiani del Medio oriente, è quella legata alla loro volontà di avere un avvenire migliore e più sicuro. Vogliono trovare un lavoro, creare una famiglia in un ambiente sicuro; e, allo stesso tempo, temono la presenza delle correnti fanatiche ed estremiste presenti in altre religioni. 

Ecco perché vi sono dei giovani che non vogliono restare in Oriente, che desiderano andarsene. Questo è uno dei problemi chiave del discernimento vocazionale da noi; quelli che desiderano restare in Medio oriente, al giorno d’oggi - fatta eccezione per i poveri che non possono andarsene - sono i giovani che sono convinti che Dio li chiama a restare in Oriente”. 

Il prelato ha affrontato al contempo il tema dell’unità: “I giovani dicono: voi parlate di una sola Chiesa, voi parlate di amore fraterno, di amarci gli uni gli altri; ma uno dei segni di questo amore, è quello di essere uniti, almeno durante le nostre ricorrenze, con le altre Chiese apostoliche, tanto le cattoliche quanto quelle ortodosse. Attenzione, tenete presente che sto parlando delle aspettative dei giovani, di ciò che sentiamo dire da loro. I giovani da noi non si preoccupano certo per considerazioni di carattere ecumenico”. “Alle volte - conclude il prelato - mi rendo ben conto che alcuni responsabili non sono consapevoli quanto dovrebbero della necessità di lavorare con maggior vigore per l’unità dei cristiani”.