Teheran, si affaccia lo spettro della 'iper-inflazione'

Secondo la Banca centrale il dato nel mese di ottobre ha raggiunto il 15,9%. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno l’aumento è del 36,9%. Il presidente Rouhani prova a rassicurare il Paese: “Nessun pericolo”. E per l’ufficio di Statistica il tasso a ottobre è del 2,1%. Attesa per l’entrata in vigore delle sanzioni su banche e petrolio. 

 


Teheran (AsiaNews/Agenzie) - Il tasso di inflazione in Iran nel mese di ottobre ha raggiunto il 15,9%, in un contesto economico di grave crisi a causa delle sanzioni commerciali degli Stati Uniti contro la Repubblica islamica. È quanto emerge dai dati pubblicati dalla Banca centrale iraniana (Cbi), secondo cui la situazione è destinata a peggiorare ancor più nelle prossime settimane in seguito all’entrata in vigore del secondo blocco di sanzioni contro il sistema bancario e il petrolio. 

Se paragonato allo stesso mese dello scorso anno il dato sull’inflazione registra una crescita del 36,9%. Un dato allarmante, che pone il rischio concreto di “super-inflazione” e potrebbe trascinare il Paese a un collasso economico simile a quello del Venezuela. 

Il presidente Hassan Rouhani cerca di rassicurare il Paese, bollando come “bugiardi” gli economisti che lanciano l’allarme sullo stato di salute della nazione. Durante una riunione in Parlamento dei giorni scorsi egli ha affermato che quanti “lanciano il pericolo di iper-inflazione o sono bugiardi o non capiscono l’economia dell’Iran”. 

Parole smentite qualche minuto più tardi dallo stesso neo-ministro dell’Economia Farhad Dejpasand, il quale ha parlato di “rischio iper-inflazione” per la Repubblica islamica. Una gaffe che egli ha quindi cercato di correggere in un secondo intervento davanti all’Assemblea, provando a rassicurare deputati e cittadini sulla solidità del sistema Paese.

Nel maggio scorso la Casa Bianca ha ordinato il ritiro dall’accordo nucleare (Jcpoa) voluto dal predecessore Barack Obama, introducendo  più dure sanzioni della storia contro Teheran. Una decisione che ha provocato un significativo calo nell’economia iraniana - confermato da studi del Fmi - e un crollo nelle vendite di petrolio, obiettivo della seconda parte delle sanzioni che saranno in vigore dal 4 novembre.

Il termine “iper-inflazione”, ha dichiarato Rouhani, “è basato su analisi economiche e politiche errate”. Egli ha quindi assicurato che verrà messo un freno all’aumento vertiginoso dei tassi. 

Il governo lancia messaggi rassicuranti e improntati all’ottimismo, ma sulla stampa nazionale iniziano a circolare con crescente frequenza i paragoni con il Venezuela, che viaggia attorno al 50-55% di inflazione. Solo negli ultimi mesi il dato in Iran è cresciuto passando dall’11,5% di agosto al 13,5% di settembre, per poi passare al 15,9% di ottobre. 

Tuttavia, vi sono altri istituti che pubblicano dati più rassicuranti, a conferma della grande confusione che regna attorno all’economia del Paese: il Centro di statistica iraniano fissa il tasso di inflazione per ottobre al 2,1%, un valore molto più basso rispetto a quello della Cbi. Al contrario, il Fondo monetario internazionale (Fmi) prevede un dato del 29,6% entro la fine dell’anno e un tasso di crescita economica di segno negativo (-1,5%).