Cessate il fuoco: Manifestazioni di gioia a Gaza e proteste in Israele

La fine degli scontri mediata dall’Egitto. È la prima volta che un cessate il fuoco avviene dopo solo due giorni di guerra. Per i giovani palestinesi questa è una “vittoria su Israele”. Manifestazioni nel sud di Israele a Sderot e Nir Am, con critiche al governo e all’esercito, che ha perso prestigio. Oggi in programma manifestazioni anche a Tel Aviv. Il monito dell'arcivescovo greco ortodosso di Sebastia ai Paesi del Golfo.


Gerusalemme (AsiaNews) - Ieri sera, l’Egitto è riuscito a mediare un cessate il fuoco fra Hamas e Israele. Lo stop alle violenze è il primo nella storia di Israele raggiunto dopo solo due giorni di scontri. I residenti nel sud di Israele sono stati informati dalle autorità militari che potevano uscire ormai dai rifugi, dove si erano riparati dalla pioggia di razzi da Gaza, iniziata l’11 novembre scorso.

La fine delle ostilità ha riversato nelle strade in Gaza una grande folla in spontanee manifestazioni di giubilo, con giovani adolescenti che scandivano a squarciagola canti e slogan, festeggiando quella che essi definiscono “la vittoria su Israele”. Ismail Radwan, rappresentante di Hamas, attirato dalla folla, ha improvvisato un discorso esaltando la “vittoria della Resistenza Islamica”, la “nuova parità di forze fra lo Stato sionista e la Resistenza”, ripetendo una frase del capo degli Hezbollah, Hassan Nasrallah: “Il nemico è più fragile di una tela di ragno”.  Rivolgendosi poi ai Paesi del Golfo, Radwan li ha invitati a fermare la tendenza a normalizzare i rapporti con Israele. Egli ha ringraziato “l’Egitto, il Qatar, l’Iran, la Siria e le Forze di resistenza islamiche” non palestinesi.

Ma i giovani di Gaza, non avevano tanta voglia di ascoltare, presi dall’entusiasmo, lo hanno interrotto con slogan tipo “Al Qassam ed il popolo sono un solo pugno” e “Andremo a scovarli viuzza dopo viuzza, casa dopo casa”. Il riferimento è al fallito tentativo del commando israeliano di rapire Marwan Issa, il numero due delle Falangi di Al Qassam, che ha scatenato gli scontri di questi due giorni.

Anche nel sud di Israele vi sono state manifestazioni spontanee, ma di protesta e scontento, soprattutto negli insediamenti attorno alla Striscia. Ieri sera giovani israeliani hanno incendiato gomme e lanciato sassi contro le forze d’ordine e bloccato le strade a Sderot e Nir Am, esprimendo il loro scontento per il cessate il fuoco. Gli irosi manifestanti si sono dati appuntamento oggi per bloccare le anche le strade di Tel Aviv in segno di protesta. I giovani protestano contro la perdita di prestigio dell’esercito israeliano che “una volta faceva tremare di paura tutti gli arabi”. Uno di loro, intervistato da un giornalista israeliano ha detto che “con questo cessate il fuco ci siamo sparando sui piedi”.

Avi Gabbay, capo dell’Unione Sionista, ha dichiarato al Jerusalem Post che “i residenti del sud che protestano hanno ragione” perché “Il governo continua ad abbandonarli”.

La società israeliana si trova sotto shock, abituata in passato ad essere protetta da un esercito inattaccabile ed intoccabile. Questa volta da Gaza sono piovuti circa 480 missili con raggi più lontani rispetto al 2014.  Per la prima volta un missile nuovo lanciato dalla Striscia ha raggiunto la città costiera di Ashkelon, ovvero a 13 Km a nord di Gaza e soli 50 km a sud di Tel Aviv. Ironia della sorte: nel palazzo colpito a Ashkelon dal missile, l’unico morto è un palestinese di 48 anni, originario di Hebron.

Le nuove paure degli israeliani, non abituati a vivere sotto le bombe, spingono a chiedere il conto al governo. Sulla stampa cresce la polemica e il premier Benjamin Netanyahu si trova al centro delle critiche. In più, con l’era di internet la censura imposta alla stampa dai militari israeliani, non basta più a nascondere la vera entità delle perdite subite durante i conflitti

L’arcivescovo di Sebastia dei greco- ortodossi, mons. Atallah Hanna ha invece avuto parole per il Qatar, che in questi giorni aveva donato 15 milioni di dollari a Gaza, chiedendo in cambio “calma” e la fine delle manifestazioni “Marcia del Grande Ritorno” di ogni venerdì. Il vescovo ha detto che i Paesi arabi del Golfo si illudono se pensano che la resistenza svenderà la propria giusta causa in cambio di un pugno di dollari. (PB)