Le Maldive accusano Pechino: gonfia il costo dei progetti per indebitare i Paesi

Nell’arcipelago cambia l’assetto delle relazioni geopolitiche. Il nuovo governo di Malè ribadisce il ritorno alla politica dell’“India First”. Le Maldive rischiano di cadere nella trappola d’indebitamento in cui è già caduto lo Sri Lanka.


Malè (AsiaNews/Agenzie) – Pechino “gonfia il costo del debito”. È l’accusa lanciata da Ibrahim Ameer, nuovo ministro delle Finanze delle Maldive. Durante una visita ufficiale a New Delhi, egli ha dichiarato che la Cina “ha gonfiato i prezzi dei progetti per le infrastrutture” negoziate dall’ex presidente Abdulla Yameen. Per questo, ha assicurato, il nuovo governo guidato dal presidente Ibrahim Mohamed Solih del Maldivian Democratic Party (Mdp), vuole ripristinare la politica dell’“India First” e rinegoziare gli accordi commerciali siglati con la Cina.

La svolta nelle relazioni geopolitiche nell’Oceano Indiano era attesa da quando Solih ha battuto a sorpresa il rivale, il presidente uscente Yameen. Quest’ultimo, molto amico della Cina, negli anni scorsi ha siglato una serie di progetti con Pechino, tra cui la costruzione di un ponte del valore di 1,5 miliardi di dollari che collega l’aeroporto alla capitale Malè.

Gli esperti in campo economico sottolineano che tali piani rischiano di far cadere il paradiso fiscale in una trappola d’indebitamento senza via d’uscita, alla stregua di quanto sta già avvenendo nello Sri Lanka. Infatti lo scorso anno Colombo è stata costretta a cedere per 99 anni a Pechino il controllo del porto di Hambantota per finanziare il suo debito.

Intanto l’India festeggia la rinnovata amicizia con Malè. Alla cerimonia d’insediamento del nuovo governo, il 17 novembre scorso, ha partecipato il premier indiano Narendra Modi, che ha offerto il proprio sostegno “ad aiutare il Paese nelle difficoltà finanziarie”. Infine ieri sono cadute tutte le accuse di corruzione nei confronti di un altro amico di Delhi, l’ex presidente Mohamed Nasheed, leader dell’Mdp e primo presidente democraticamente eletto nel 2008, costretto all’esilio nel 2012 e ritornato in patria dopo la vittoria dell’alleato Solih.