Al G20 di Buenos Aires ‘l’intima amicizia’ tra Cina e Argentina
di Silvina Premat

Al summit, i leader dei due Paesi firmeranno 37 accordi bilaterali. Nel 2017, l'Argentina ha importato merci dalla Cina per 12,3 miliardi di dollari Usa ma le esportazioni ammontano a meno della metà. Due esperti affrontano il tema dei rapporti sino-argentini.


Buenos Aires (AsiaNews) – “L'amicizia intima cancella la lontananza”, ha dichiarato Xi Jinping poco prima di lasciare la Cina per partecipare al G20. Nel comunicato, egli afferma che il suo Paese e l'Argentina “sono amici che si contraddistinguono per la reciproca fiducia” e “partner per sviluppo comune”. La vicinanza virtuale sarà rafforzata da 37 accordi bilaterali che il presidente cinese e quello argentino, Mauricio Macri, firmeranno il 1° dicembre quando terranno il loro quinto incontro in soli due anni.

Questi accordi coprono una vasta gamma di questioni – commercio elettronico, trasporti, energia, infrastrutture, scienza, tecnologia e istruzione, tra gli altri – ed approfondiranno il legame che ora fa della Cina il primo investitore in Argentina, con circa 10 miliardi di dollari Usa in aziende di comunicazioni, energia, agricoltura e infrastrutture; allo stesso tempo, il suo secondo maggior creditore dopo il Fondo monetario internazionale (Fmi).

In termini di milioni di dollari, l’“amicizia intima” tra i due Paesi, almeno fino ad ora, non è equa. Nel 2017, l'Argentina ha importato merci dalla Cina per 12,3 miliardi di dollari Usa, mentre le esportazioni ammontano a meno della metà: 4,59 miliardi (5,82 miliardi nel 2016).

Una simile avanzata cinese non desta sfiducia tra analisti economici e scienziati sociali. AsiaNews ha contattato due ricercatori argentini con diverse visioni del mondo politico che, tuttavia, concordano nel loro benvenuto agli investimenti cinesi; entrambi desiderano che le relazioni commerciali includano l'importazione, da parte del colosso orientale, di prodotti argentini con valore aggiunto e che questa non si riduca a materiali di consumo e prodotti di base.

Uno è Walter Formento, sociologo, direttore del Centro per i ricercatori in Politica ed Economia (Ciepe) e professore di Geopolitica, egemonia e comunicazione della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Nazionale di La Plata (Unlp). L’altro è Fernando Pedrosa, dottore in Processi politici contemporanei e ricercatore dell'Istituto di Studi dell'America e dei Caraibi della Facoltà di Scienze Sociali dell'Università di Buenos Aires (Uba), dove è professore ordinario di Politica del Sud-est asiatico.

Il progetto nazionale e multipolare cinese del governo di Xi Jinping è, nella prospettiva di Formento, “un grande alleato” per l'Argentina di oggi perché ha un forte impatto sull'economia reale, con tutto ciò che ne consegue in produzione e commercio. “Forse oggi la Cina è il player mondiale dal maggiore impatto – afferma – per via della sua capacità di investire e sviluppare l'economia reale, in un mondo che attraversa una crisi dei grandi attori finanziari storici e, in particolare, dei complessi di potere anglo-americani”. L’intellettuale, coautore con Wim Dierckxsens de “La crisi mondiale”, è anche referente dello spazio politico Incontro nazional popolare e latinoamericano (Enpl), confluito nel Fronte per la Vittoria del peronismo (Fpv).

Pedrosa offre un approccio storico. “La Cina oggi mi ricorda i momenti del diciannovesimo secolo in cui eravamo clienti della Gran Bretagna, Paese al quale l'Argentina era complementare. Questo perché, anche se avesse voluto, Londra non avrebbe potuto produrre ciò che produceva Buenos Aires. Non aveva il clima, né la terra, per farlo. Poi, quando gli Stati Uniti divennero potenza, erano molto competitivi e disponevano grano, soia, limone: tutto ciò che producevamo noi, lo facevano anche loro. D'altra parte, con la Cina torniamo ad un rapporto di complementarietà, perché Pechino non ha possibilità di produrre in futuro ciò che produciamo noi. Abbiamo quindi la possibilità di uno scambio continuo nel tempo”.

Questa politica non promuoverebbe una “colonizzazione economica”, se i governi fossero in grado di gestire questi investimenti per rafforzare in modo equilibrato il progetto strategico di ciascun Paese. “Nel caso dell'Argentina, al momento ci troviamo con un’amministrazione molto più impegnata a fare affari che a governare per l'intera popolazione”, avverte Formento.

Pedrosa è un collaboratore assiduo del segretario dei Media e dei contenuti pubblici dell'attuale governo di Macri ed è autore de “L'altra sinistra. La socialdemocrazia in America Latina”. Egli ammette che la Cina “sta cercando di convincerci; ma abbiamo la possibilità di avere un buon vincolo e non renderci schiavi”. Pedrosa ricorda che, oltre alla Cina, l'Argentina “ha molteplici ed importanti dipendenze economiche” come con gli Stati Uniti, il Brasile e l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (Asean). “Non sappiamo – aggiunge – cosa diventeranno quando saranno potenti e padroni del mondo; forse a quel punto saranno cambiati, ma ora l'Argentina è talmente arretrata che ha bisogno di produrre e generare lavoro e capitale per fare un salto”.

D'altro canto, la crescente tensione tra Cina e Stati Uniti sta avvantaggiando la regione dell'America Latina, perché Pechino ha ridotto le importazioni negli Stati Uniti e favorito l'acquisto di prodotti alimentari in Argentina e Brasile.

 “La grande sfida di un progetto nazionale argentino, se si pensa alla Cina e all'Asia-Pacifico, è che la Cina non solo acquisti materie prime per l'agroalimentare e petrolio, ma inizi anche a comprare in maniera proporzionata sempre più prodotti finiti, beni e servizi di valore aggiunto crescente”, afferma Formento. Pedrosa è d'accordo, ma avverte: “Il nostro problema con la Cina è proporzionato. L'unica cosa che produciamo ad una scala più o meno ragionevole per gli acquisti cinesi sono gli alimenti”.

Secondo Formento, l'interesse della Cina per l'Argentina non si limiterebbe tuttavia alla necessità di fornire cibo alla sua numerosa popolazione. “Pechino ha bisogno del passaggio oceanico sud-sud, che collega l'Oceano Atlantico meridionale ed il Pacifico meridionale attraverso il Canale di Beagle ed essere presente con i satelliti nel Polo Sud. Pertanto, l'Argentina ed il Sud America sono in una posizione chiave per negoziare con attori strategici in ascesa, come i Brics [Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica], e in particolare con l'Asia del Pacifico e la Cina. Vale a dire, sono in una posizione imbattibile per stabilire comprensione e sviluppo integrale reciproci. Non devono limitarsi ed essere subordinato alla Cina, che compra beni e servizi con un valore aggiunto molto basso o solo materie prime”.

Le decisioni che verranno prese permetteranno di capire se analisi come queste sono ingenue o, di fatto, si è di fronte a “partner di sviluppo comune”.