Papa: per la Chiesa un anno di gioie e afflizioni, tra abusi e nuovi martiri

Nell’incontro con la Curia per gli auguri di Natale, Francesco ha ripercorso l’anno passato, “tra successi e difficoltà, esterne e interne”. Di fronte agli abusi “la Chiesa non si risparmierà nel compiere tutto il necessario per consegnare alla giustizia chiunque abbia commesso tali delitti”. Le gioie per i nuovi beati e anche per i tanti consacrati che “vivono quotidianamente la loro vocazione in fedeltà, silenzio, santità e abnegazione”.


Città del Vaticano (AsiaNews) – La Chiesa ha avuto un anno “tra gioie e afflizioni, tra successi e difficoltà, esterne e interne”. Ci sono “uomini consacrati, che abusano dei deboli, approfittando del proprio potere morale e di persuasione. Compiono abomini e continuano a esercitare il loro ministero come se niente fosse; non temono Dio”; ci sono coloro che “seminano zizzania”, i migranti che trovano la morte o le porte sbarrate, i bambini che muoiono per le guerre o la povertà, i cristiani uccisi per la loro fedeltà a Gesù. Sono le “afflizioni” sul cammino della Chiesa, indicate oggi da papa Francesco nel lungo discorso rivolto alla Curia romana, ricevuta per la presentazione degli auguri di Natale.

Ma ci sono state anche le “gioie”: “la buona riuscita del Sinodo dedicato ai giovani”, “i passi finora compiuti nella riforma della Curia”, “i nuovi Beati e Santi che sono le ‘pietre preziose’ che adornano il volto della Chiesa e irradiano nel mondo speranza, fede e luce” e “anche il grande numero di consacrati e consacrate, vescovi e sacerdoti, che vivono quotidianamente la loro vocazione in fedeltà, silenzio, santità e abnegazione”.

L’incontro con la Curia per gli auguri di Natale è tradizionalmente l’occasione nella quale il papa traccia un bilancio dell’anno “interno” alla Chiesa, mentre l’incontro con il corpo diplomatico, all’inizio del nuovo anno, è il momento per una sguardo sul mondo.

Così anche quest’anno, nella certezza che “il Natale è la festa che ci riempie di gioia e ci dona la certezza che nessun peccato sarà mai più grande della misericordia di Dio, e nessun atto umano potrà mai impedire all’alba della luce divina di nascere e di rinascere nei cuori degli uomini. È la festa che ci invita a rinnovare l’impegno evangelico di annunciare Cristo, Salvatore del mondo e luce dell’universo”. “Ogni anno il Natale ci ricorda, però, che la salvezza di Dio, donata gratuitamente all’umanità intera, alla Chiesa e in particolare a noi, persone consacrate, non agisce senza la nostra volontà, senza la nostra cooperazione, senza la nostra libertà, senza il nostro sforzo quotidiano. La salvezza è un dono che deve essere accolto, custodito e fatto fruttificare (cfr Mt 25,14-30). L’essere cristiani, in generale, e per noi in particolare l’essere unti, consacrati del Signore non significa comportarci come una cerchia di privilegiati che credono di avere Dio in tasca, ma da persone che sanno di essere amate dal Signore nonostante il nostro essere peccatori e indegni. I consacrati, infatti, non sono altro che servi nella vigna del Signore che devono dare, a tempo debito, il raccolto e il ricavato al Padrone della vigna (cfr Mt 20,1-16)”.

Tante sono le afflizioni”. Francesco ha citato gli immigrati che “incontrano la morte, o quanti sopravvivono ma trovano le porte chiuse”. “Quanta paura e pregiudizio!” . E “quante persone e quanti bambini muoiono ogni giorno per mancanza di acqua, di cibo e di medicine! Quanta povertà e miseria! Quanta violenza contro i deboli e contro le donne! Quanti scenari di guerre dichiarate e non dichiarate! Quanto sangue innocente viene versato ogni giorno! Quanta disumanità e brutalità ci circondano da ogni parte! Quante persone vengono sistematicamente torturate ancora oggi nelle stazioni di polizia, nelle carceri e nei campi dei profughi in diverse parti del mondo!”.

Ancora: “viviamo anche, in realtà, una nuova epoca di martiri”. “Nuovi gruppi estremisti si moltiplicano prendendo di mira le chiese, i luoghi di culto, i ministri e i semplici fedeli. Nuovi e vecchi circoli e conventicole vivono nutrendosi di odio e ostilità verso Cristo, la Chiesa e i credenti”.

Ma c’è soprattutto, nel discorso di Francesco “la contro-testimonianza e gli scandali di alcuni figli e ministri della Chiesa”.

Come il David biblico, “anche oggi tanti Davide, senza batter ciglio, entrano nella rete di corruzione, tradiscono Dio, i suoi comandamenti, la propria vocazione, la Chiesa, il popolo di Dio e la fiducia dei piccoli e dei loro familiari. Spesso dietro la loro smisurata gentilezza, impeccabile operosità e angelica faccia, nascondono spudoratamente un lupo atroce pronto a divorare le anime innocenti”.

“Sia chiaro che dinanzi a questi abomini la Chiesa non si risparmierà nel compiere tutto il necessario per consegnare alla giustizia chiunque abbia commesso tali delitti. La Chiesa non cercherà mai di insabbiare o sottovalutare nessun caso. È innegabile che alcuni responsabili, nel passato, per leggerezza, per incredulità, per impreparazione, per inesperienza o per superficialità spirituale e umana hanno trattato tanti casi senza la dovuta serietà e prontezza. Ciò non deve accadere mai più. Questa è la scelta e la decisione di tutta la Chiesa”. In proposito, Francesco ha ricordato che a febbraio ci sarà l’incontro nel quale “la Chiesa si interrogherà, avvalendosi anche degli esperti, su come proteggere i bambini; come evitare tali sciagure, come curare e reintegrare le vittime; come rafforzare la formazione nei seminari. Si cercherà di trasformare gli errori commessi in opportunità per sradicare tale piaga non solo dal corpo della Chiesa ma anche da quello della società. Infatti, se questa gravissima calamità è arrivata a colpire alcuni ministri consacrati, ci si domanda: quanto essa potrebbe essere profonda nelle nostre società e nelle nostre famiglie? La Chiesa dunque non si limiterà a curarsi, ma cercherà di affrontare questo male che causa la morte lenta di tante persone, al livello morale, psicologico e umano”.

“A quanti abusano dei minori vorrei dire: convertitevi e consegnatevi alla giustizia umana, e preparatevi alla giustizia divina”.

Ultima “afflizione” è “l’infedeltà di coloro che tradiscono la loro vocazione, il loro giuramento, la loro missione, la loro consacrazione a Dio e alla Chiesa; coloro che si nascondono dietro buone intenzioni per pugnalare i loro fratelli e seminare zizzania, divisione e sconcerto; persone che trovano sempre giustificazioni, perfino logiche e spirituali, per continuare a percorrere indisturbati la strada della perdizione”. E’ una realtà condannata già da Sant’Agostino: “Anche sulle cattedre episcopali c’è il frumento e c’è la zizzania; e tra le varie comunità di fedeli c’è il frumento e c’è la zizzania» (Sermo 73, 4: PL 38, 472). Le parole di Sant’Agostino ci esortano a ricordare il proverbio: ‘la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni’; e ci aiutano a capire che il Tentatore, il Grande Accusatore, è colui che divide, semina discordia, insinua inimicizia, persuade i figli e li porta a dubitare. In realtà, dietro questi seminatori di zizzania si trovano quasi sempre le trenta monete d’argento”.

“Tutti noi quindi, per far risplendere la luce di Cristo, abbiamo il dovere di combattere ogni corruzione spirituale, che «è peggiore della caduta di un peccatore, perché si tratta di una cecità comoda e autosufficiente dove alla fine tutto sembra lecito: l’inganno, la calunnia, l’egoismo e tante sottili forme di autoreferenzialità, poiché «anche Satana si maschera da angelo della luce» (2 Cor 11,14). Così terminò i suoi giorni Salomone, mentre il gran peccatore Davide seppe superare la sua miseria» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 165)”.

Ma nell’anno passato ci sono state anche “gioie”. ““Sono state numerose quest’anno”, ha detto Francesco ricordando, in particolare, “i nuovi Beati e Santi che sono le ‘pietre preziose’ che adornano il volto della Chiesa e irradiano nel mondo speranza, fede e luce. È doveroso menzionare qui i diciannove martiri d’Algeria: «Diciannove vite donate per Cristo, per il suo vangelo e per il popolo algerino, […] modelli di santità comune, la santità ‘della porta accanto’» (Thomas Georgeon, ‘Nel segno della fraternità’, L’Osservatore romano, 8 dicembre 2018, p. 6); l’alto numero di fedeli che ogni anno, ricevendo il Battesimo, rinnovano la giovinezza della Chiesa, quale madre sempre feconda, e i numerosissimi figli che rientrano a casa e riabbracciano la fede e la vita cristiana; le famiglie e i genitori che vivono seriamente la fede e la trasmettono quotidianamente ai propri figli attraverso la letizia del loro amore (cfr Esort. ap. postsin. Amoris laetitia, 259-290); la testimonianza di tanti giovani che scelgono coraggiosamente la vita consacrata e il sacerdozio”.

“Un vero motivo di gioia” è anche il grande numero di persone, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, “che lavorano pazientemente, per amore a Cristo e al suo Vangelo, a favore dei poveri, degli oppressi e degli ultimi, senza cercare di mettersi sulle prime pagine dei giornali o di occupare i primi posti. Persone che, lasciando tutto e offrendo la loro vita, portano la luce della fede dove Cristo è abbandonato, assetato, affamato, carcerato e nudo (cfr Mt 25,31-46)”.

A Natale, ha concluso Francesco, “è necessario aprire il nostro cuore alla vera luce, Gesù Cristo: la luce che può illuminare la vita e trasformare le nostre tenebre in luce; la luce del bene che vince il male; la luce dell’amore che supera l’odio; la luce della vita che sconfigge la morte; la luce divina che trasforma in luce tutto e tutti; la luce del nostro Dio: povero e ricco, misericordioso e giusto, presente e nascosto, piccolo e grande”.