Processo a porte chiuse per Wang Quanzhang, avvocato per i diritti umani. Rischia 15 anni di prigione
di Wang Zhicheng

Secondo la corte, nel processo sono implicati “segreti di Stato”. Wang è accusato di aver collaborato con una Ong svedese per pubblicazioni sui diritti umani in Cina e di aver difeso membri della Falun Gong. Sua moglie, Li Wenzu, è agli arresti domiciliari, impossibilitata a partecipare al processo. Vietata l’entrata nella corte a giornalisti e diplomatici stranieri. Le “parole vuote” di Xi Jinping.


Tianjin (AsiaNews) – Rischia 15 anni di prigione Wang Quanzhang, 42 anni, avvocato per i diritti umani, il cui processo è iniziato lo scorso 26 dicembre alla Corte intermedia n. 2 di Tianjin. La corte ha voluto che il processo avvenisse a porte chiuse perché coinvolge “segreti di Stato”. Il verdetto sarà reso pubblico a “tempo debito”.

Wang (v. foto 2 con la famiglia) è accusato di “incitamento alla sovversione contro il potere dello Stato” e si citano come “prove” la sua collaborazione con una Ong svedese da cui egli avrebbe ricevuto fondi per assistenza legale, esercitazioni giuridiche, pubblicazioni legate alle violazioni ai diritti umani in Cina. Un’altra “prova” è il fatto che Wang abbia difeso membri del movimento spirituale Falun Gong, che è bollato dallo Stato come “culto malvagio”.

Wang è l’ultimo di un gruppo di circa 300 avvocati per i diritti umani, a subire il processo. Il gruppo – conosciuto come il “709” - è stato arrestato il 9 luglio 2015. Fra loro vi sono – almeno il 50% - cristiani (protestanti e cattolici) che usano le strettoie della legge cinese per difendere comunità, sacerdoti e pastori dai soprusi delle autorità locali. Diversi di loro hanno difeso le comunità del Zhejiang durante la campagna di distruzione delle croci. Molti di loro, dopo la detenzione, il processo e le “confessioni” (forzate) dei loro “crimini” danno segni di squilibrio mentale a causa delle torture e dei farmaci che erano costretti a prendere.

Wang è stato tenuto per quasi 3 anni e mezzo in prigione senza alcuna accusa – contro le leggi cinesi – e in isolamento. Alla moglie di Wang, Li Wenzu, è stata vietata ogni visita al marito. Il giorno del processo, Li non ha potuto recarsi a Tianjin ed è costretta agli arresti domiciliari a Pechino.

Prima del processo, la polizia ha messo molti attivisti e avvocati agli arresti domiciliari. Nonostante ciò, dozzine di attivisti e giornalisti cinesi si sono presentati davanti alla corte con cartelloni e slogan chiedendo la liberazione di Wang, ma sono stati portati via dalla polizia (v. foto). Anche a giornalisti stranieri e diplomatici venuti per assistere al processo, è stata negata l’entrata.

Nell’agosto 2018, il gruppo Onu sulle detenzioni arbitrarie, ha domandato la liberazione di Wang Quanzhang e il suo rilascio senza condizioni, oltre a un compenso per i danni subiti.

Molti attivisti hanno ricordato che salendo al potere, il presidente Xi Jinping aveva promesso che la Cina sarebbe stata “una nazione governata dalla legge”. Con il processo a Wang, essi dicono, queste promesse sono divenute solo “parole vuote”.