È morto Amos Oz, ‘gigante’ letterario, militante della pace, ‘traditore’ per la destra israeliana
di Joshua Lapide

Fecondo romanziere e saggista, ha partecipato a tutta l’epopea israeliana: i kibbutz, le guerre, fino a difendere la soluzione dei “due popoli, due Stati”. Ha spesso condannato il fanatismo e le colonie illegali nei territori occupati.


Tel Aviv (AsiaNews) – Un “gigante letterario”, come lo ha definito il presidente Reuven Rivlin; un militante della pace fra i due popoli, israeliano e palestinese, come è conosciuto nel mondo; un “traditore” come lo bolla l’ultra-destra israeliana, per aver lui condannato molte volte le colonie nei territori palestinesi occupati. Amos Oz, morto ieri a 79 anni, è stato tutto questo. Sua figlia Fania Oz-Salzberger, ne ha dato l’annuncio ieri, ringraziando “tutti coloro che l’hanno amato”.

Era nato a Gerusalemme da una famiglia russo-polacca nel 1939, ancora sotto il mandato britannico. A 14 anni, dopo il suicidio della madre, decide di vivere in un kibbutz, nel nord di Israele. È qui che cambia il suo cognome: da Klausner a Oz (in ebraico: forza, coraggio). In seguito studia filosofia e letteratura alla Hebrew University di Gerusalemme e comincia nel 1961 a scrivere i suoi libri.

Dopo aver preso parte alla guerra dei Sei Giorni nel 1967, Amos Oz si schiera contro l’annessione dei territori palestinesi. Nel 1978, mentre si firmano gli accordi israelo-egiziani di Camp David, diviene uno dei fondatori di “Peace Now” (Pace adesso), la prima organizzazione israeliana che si oppone alla colonizzazione dei territori occupati.

Personalità sempre inquieta, negli anni ’90 abbandona il partito labourista per militare nel partito di sinistra Meretz, che propugna la pace con i palestinesi. È intervenuto molte volte per condannare le operazioni militari israeliane a Gaza, o il fanatismo dei “price tags” contro chiese e moschee.

Fra i suoi scritti più famosi vi sono “La scatola nera”; “Una storia di amore e di tenebra”, legata al suicidio della madre; “Giuda”, in cui mette in luce la figura del traditore, titolo a lui appioppato dall’estrema destra israeliana.

Nei suoi romanzi, racconti e saggi si intrecciano le vite in rapporti complicati, sul sottofondo dei drammi di Israele: i sogni messianici del ritorno, l’angoscia della Shoah, le minacce della guerra, la lotta per il possesso della terra, rivendicata da due popoli.

Insieme ad altri autori come David Grossman, ha dato nuovo impulso alla lingua israeliana moderna e pur criticando gli errori del suo governo, non ha mai smesso di credere nello Stato israeliano.