Cala la vendita di petrolio iraniano a causa delle sanzioni Usa

Da 2,5 milioni d barili al giorno dell’era pre-sanzioni si è passati a meno di un milione. Alcuni tradizionali compratori come Taiwan hanno bloccato i commerci per “mancanza di chiarezza sui pagamenti”. La Repubblica islamica alla ricerca di nuovi acquirenti, ma tiene nascosti i nomi. 

 


Teheran (AsiaNews/Agenzie) - A gennaio, per il terzo mese di fila, l’Iran vedrà le sue esportazioni di greggio di molto ridotte a causa delle sanzioni Usa entrate in vigore lo scorso novembre. È quanto emerge dai dati forniti dalle navi cisterna e da fonti dell’industria di settore, che confermano la situazione di criticità per la Repubblica islamica alla ricerca di nuovi acquirenti.

L’export di petrolio a novembre è crollato al di sotto di un milione di barili al giorno; in precedenza, il dato medio era di 2,5 milioni barili al giorno. Il dato è simile a quello dell’era pre-accordo nucleare, fra il 2012 e il 2016, quando erano in vigore le sanzioni dell’era Obama, artefice dell’apertura verso gli ayatollah. 

Dietro il crollo delle vendite che, secondo gli esperti, influirà non poco sul budget annuale della Repubblica islamica, la mancata chiarezza sui quantitativi che è possibile acquistare senza incorrere nella scure americana. Solo in un secondo momento Washington ha concesso una deroga per otto tradizionali compratori, fra i quali Cina, India, Giappone e Corea del Sud per scongiurare una impennata nei prezzi del greggio. Tuttavia, il provvedimento non ha avuto effetti in concreto.

Nel maggio 2018 Donald Trump ha ordinato il ritiro dall’accordo nucleare (Jcpoa) voluto dal predecessore, introducendo le più dure sanzioni della storia contro Teheran. Una decisione che ha provocato un significativo calo nell’economia iraniana - confermato da studi Fmi - e un crollo nel petrolio, obiettivo della seconda parte delle sanzioni in vigore dal 4 novembre.

Secondo gli ultimi dati forniti dagli esperti di settore, le vendite di petrolio iraniano a dicembre sono rimaste sotto al milione giornaliero e non vi sono elementi che indicano una possibile crescita per il mese corrente. Fra le nazioni che potrebbero acquistare il greggio degli ayatollah vi è Taiwan, che ha bloccato gli acquisti per una “mancanza di chiarezza sulle modalità di pagamento”. 

Teheran smentisce il calo nelle vendite e assicura di aver trovato nuovi compratori, senza rivelarne i nomi. Inoltre, il dato complessivo risulta migliore (1,35 milioni di barili al giorno) se assieme al greggio viene considerata anche la vendita di condensato, una variante del petrolio (più leggera). 

Va poi aggiunto che monitorare le esportazioni iraniane dall’entrata in vigore delle sanzioni risulta più difficile, perché molte navi spengono i sistemi di localizzazione alterando il dato complessivo. Infine, alcuni acquirenti che si erano allontanati a novembre sembrano tornare; fra gli altri vi è la Turchia, che ha ripreso le importazioni dopo un mese di stop a un livello inferiore della metà al periodo precedente le sanzioni.