La questione ucraina è giunta anche al Monte Athos
di Vladimir Rozanskij

La visita di un vescovo della Chiesa autocefala ha suscitato contrasti nei monasteri. La necessità di prendere posizione è stata sollecitata dal metropolita Ilarion (Alfeev) del patriarcato di Mosca, che ha condannato come “scismatici” tutti i monaci favorevoli a Kiev.


Mosca (AsiaNews) - Nei giorni scorsi per la prima volta un vescovo della Chiesa autocefala ucraina ha celebrato una liturgia in un monastero del Monte Athos, centro spirituale dell’Ortodossia. Il capo della diocesi di Odessa della nuova Chiesa ucraina, il vescovo Pavel (Juristyj) ha presieduto l’8 febbraio il rito eucaristico al monastero del Pantokrator (nella foto), accolti dalla fraternità dei monaci locali. Si tratta di uno dei pochi monasteri della Sacra Montagna che ha accettato l’invito del patriarca Bartolomeo, inviando una delegazione a Kiev per l’intronizzazione del metropolita Epifanyj (Dumenko), lo scorso 3 febbraio.

La maggior parte degli altri monasteri athoniti, peraltro, ha esplicitamente declinato l’invito; i cenobi di Filoteo e di Karakal hanno dichiarato che avrebbero “sbarrato le porte” a Epifanyj e ai suoi rappresentanti. Ora la necessità di prendere posizione è stata sollecitata dal metropolita Ilarion (Alfeev) del patriarcato di Mosca, che ha condannato come “scismatici” tutti i monaci favorevoli a Kiev. “È una scelta urgente per l’intera confederazione monastica e per ogni singola comunità del Monte Athos”, ha ammonito il metropolita in una dichiarazione diffusa dal portale ortodosso Iisus, “noi amiamo l’Athos non per la sua antichità, per l’architettura o gli splendidi paesaggi, ma perché la Montagna conserva la sua importanza come colonna della verità ecclesiastica per milioni di credenti ortodossi”.

Seguendo le indicazioni di Ilarion, l’archimandrita russo Evlogij (Ivanov) ha negato l’ingresso il 9 febbraio al vescovo Pavel, che dopo il Pantokrator intendeva visitare anche il monastero di San Pantaleo (il Panteleimon), chiudendogli le porte in faccia. Si tratta di uno dei 20 monasteri principali, da cui dipende l’amministrazione dell’intera Sacra Montagna, noto anche come Rossikon o monastero “dei russi”. Pur essendo effettivamente molto vicino alla Chiesa russa (nel XIX secolo era sotto il controllo dello zar di Mosca), il Panteleimon rimane comunque sottoposto all’autorità di Costantinopoli, come tutti i monasteri dell’Athos. Il presidente Putin lo ha visitato nel 2005; attualmente la comunità è composta da oltre 50 monaci, principalmente russi e ucraini.

Altri conventi, come lo Zografou dei bulgari e il monastero idioritmico Dochiariou, hanno negato la visita al vescovo Pavel di Odessa, e dal Vatopedi, uno dei monasteri maggiori, sette monaci hanno lasciato la comunità per protesta contro gli ucraini autocefali, che erano invece stati accolti nel cenobio. I sette hanno chiesto di trasferirsi nel Panteleimon. Per ora solo quattro monasteri hanno accettato la visita degli ucraini, mentre il patriarca Bartolomeo ha raccomandato a tutte le comunità dell’Athos di accogliere i rappresentanti della Chiesa autocefala di Kiev. Al prestigioso convento di Simonos Petras è stato concesso agli ucraini di venerare le reliquie di San Simone eremita, ma non di celebrare la liturgia.

Si attende nei prossimi giorni la riunione del Protos, l’assemblea dei 20 monasteri maggiori che amministra la repubblica monastica dell’Athos, detto anche il Santo Kinotes, chiamato a valutare la “questione ucraina”.