Yangon: chiuse tre moschee, minacciate dai nazionalisti buddisti

I musulmani di South Dagon avevano il permesso di utilizzare tre edifici per tutto il Ramadan. Circa 200 estremisti hanno circondato le sale di preghiera. Leader islamici costretti a promettere di non pregarvi più. Attivista: “Non esistono protezioni legali per le minoranze”.


Naypyidaw (AsiaNews) – Le minacce mosse da un gruppo di nazionalisti buddisti causano la chiusura forzata di tre luoghi di preghiera islamici temporanei, allestiti per il Ramadan nella municipalità di South Dagon – città satellite a sud-est di Yangon. I funzionari del governo regionale avevano concesso alla comunità islamica il permesso di utilizzare a scopo religioso tre edifici residenziali, per tutta la durata del mese sacro (dal 6 maggio al 7 giugno).

Gli stabili sono situati rispettivamente nei distretti 26, 106 e 64 di South Dagon. Un funzionario dell’amministrazione generale racconta al quotidiano birmano Irrawaddy che tre giorni fa, una folla di circa 200 persone – tra cui alcuni monaci – si è radunata presso lo stabile nel distretto 26. Con fare intimidatorio, alcuni manifestanti hanno ispezionato la struttura dichiarandola “illegale”; poi hanno costretto i leader islamici a firmare un documento, in cui si impegnano a non pregarvi più. Un cronista di Rfa, testimone oculare, dichiara che tutto ciò è avvenuto sotto gli occhi delle autorità, che non sono intervenute. La stessa scena si è ripetuta anche il giorno seguente, presso le altre due sale di preghiera temporanee.

A guidare le proteste dei nazionalisti vi era U Michael Kyaw Myint. Egli afferma che le attività religiose islamiche in edifici residenziali sono “inaccettabili” e promette di chiudere anche i luoghi di culto frequentati dai musulmani in altri quartieri. “Loro [le autorità] potranno pure accettare tutto questo, ma noi no. Ne scoveremo altri e li fermeremo”. Al momento, le tre sale di preghiera sono chiuse a tempo indefinito. Secondo U Nyi Nyi, membro del parlamento regionale di Yangon, i musulmani di South Dagon volevano costruire una moschea permanente da tempo, ma in passato i residenti hanno sollevato obiezioni. Perciò, gli amministratori hanno preferito predisporre sale temporanee per il Ramadan.

I nazionalisti “non hanno rispettato lo Stato di diritto scavalcando i funzionari governativi”. Lo afferma Ko Mya Aye, membro di Generazione 88 – gruppo pro-democrazia che 30 anni fa guidò una rivolta studentesca contro il regime militare. “Se non c'è un permesso ufficiale – afferma l’attivista –, allora può essere intrapresa un'azione legale. Tuttavia, quanto accaduto dimostra che non esistono protezioni legali per le minoranze. Questo non va bene per il Paese. La nostra nazione sta già affrontando molte pressioni da parte della comunità internazionale. Questo incidente sfrutta gli affari religiosi per influenzare la politica: l'immagine del nostro Paese ne esce gravemente danneggiata”.