Pacifisti Usa al Congresso: no alla guerra all’Iran. Ma Washington vende armi ai sauditi

Decine di associazioni e ong lanciano un appello ai parlamentari per fermare l’escalation della tensione. Il pericolo è che si ripeta quanto successo nel 2003, con la manipolazione di rapporti e documenti di intelligence per giustificare lo scontro. L’amministrazione Trump vuole aggirare il veto del Congresso e vendere armi per 7 miliardi a Riyadh e Abu Dhabi. 


Washington (AsiaNews/Agenzie) - Decine di associazioni pacifiste e Ong pro diritti umani negli Stati Uniti hanno firmato una lettera aperta al Congresso, invitando i parlamentari a predisporre misure urgenti per scongiurare la guerra con l’Iran. Ciò avviene in un contesto di crescente tensione, con i “falchi” della Casa Bianca guidati dal consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton che spingono per l’operazione militare.

Il Congresso, scrivono i 62 firmatari dell’appello, non si può rendere complice di questa corsa al conflitto e “far ripetere sotto i suoi occhi, quanto già successo nel 2003 con l’invasione dell’Iraq”. Il riferimento, nemmeno troppo implicito, è alla campagna di propaganda messa in campo dall’allora amministrazione Bush per giustificare l’attacco contro Saddam Hussein, fra cui l’accusa - rivelatasi infondata - di possedere armi chimiche.  

La Casa Bianca sotto la leadership di Trump, proseguono, ha sempre più “politicizzato” i rapporti dell’intelligence relativi al nucleare iraniano e “hanno mosso false accuse di legami” fra Iran e al-Qaeda. “Mentre i tamburi di guerra si fanno sempre più numerosi - concludono gli attivisti - il Congresso deve rispondere ai dettami costituzionali […] e impedire all’amministrazione di lanciare una guerra non autorizzata”. 

Fra i firmatari vi sono: Veterans Against the War; Americans for Peace Now; Bulletin of the Atomic Scientists; Center for International Policy; Council on American-Islamic Relations; Federation of American Scientists; Maryknoll Office for Global Concerns; Jewish Voice for Peace; Presbyterian Church Usa e United for Peace and Justice.

L’escalation della tensione fra Repubblica islamica e americani è uno dei grandi temi di queste settimane, oltre che elemento di grande timore fra le diplomazie internazionali. All’origine dello scontro, la decisione del presidente Usa Donald Trump nel maggio dello scorso anno di ritirarsi dall’accordo nucleare (Jcpoa) raggiunto a fatica dal predecessore Barack Obama, introducendo le più dure sanzioni della storia contro Teheran.

Intanto il fronte di scontro fra Casa Bianca e Congresso si arricchisce di un nuovo capitolo: fonti parlamentari Usa riferiscono che il Dipartimento di Stato non ha rispettato la scadenza [ieri il termine previsto] che imponeva di fornire spiegazioni in merito a una “politicizzazione” del rapporto annuale sulle armi, per mettere in cattiva luce l’Iran e favorire la guerra.

Secondo i critici, il documento dell’amministrazione Usa - dietro il quale vi sarebbero Bolton e il segretario di Stato Mike Pompeo - avrebbe “distorto” le informazioni sulla Repubblica islamica “per giustificare l’azione militare”. Fonti diplomatiche e parlamentari aggiungono che il rapporto ha dipinto l’Iran “nel modo più oscuro possibile” e manipolato l’intelligence, per giustificare la guerra “come l’amministrazione George W. Bush” nel 2003. 

Infine, in tema di armi l’amministrazione Trump sta cercando di aggirare il Congresso per finalizzare un contratto di vendita di armi all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti (Eau) per un valore complessivo di 7 miliardi di dollari. Pompeo e funzionari del Dipartimento di Stato stanno spingendo l’acceleratore per ottenere una “disposizione di emergenza” che, di fatto, consentirebbe di superare il veto parlamentare alla vendita. Repubblicani e democratici hanno più volte nel recente passato espresso parere contrario, perché le armi vengono poi usate nel conflitto in Yemen e finiscono per colpire in larga maggioranza la popolazione civile. Ed è possibile che vengano usate in futuro contro l'Iran.