Papa: la comunione vince sulle divisioni, è la prima testimonianza

E’ la prima testimonianza che gli Apostoli offrono, ancora oggi è via per essere testimoni, è nel “DNA della comunità cristiana”, è vittoria “sulla mentalità che assolutizza lo spazio del privato”. “Non è lecito distruggere la vita, renderla oggetto di sperimentazioni o false concezioni”.


Città del Vaticano (AsiaNews) – La comunione vince sulle divisioni, è la prima testimonianza che gli Apostoli offrono, ancora oggi è via per essere testimoni, è nel “DNA della comunità cristiana”, è vittoria “sulla mentalità che assolutizza lo spazio del privato”. La comunione nella comunità cristiana è stato l’argomento del quale ha parlato papa Francesco all’udienza generale di oggi, Nel corso dell’incontro, nel saluto rivolto ai polacchi, Francesco ha ribadito che “la vita è sacra perché è dono di Dio. Siamo chiamati a difenderla e servirla già dal concepimento nel grembo materno fino all’età avanzata, quando è segnata dall’infermità e dalla sofferenza. Non è lecito distruggere la vita, renderla oggetto di sperimentazioni o false concezioni. Vi chiedo di pregare affinché sia sempre rispettata la vita umana, testimoniando così i valori evangelici specialmente nell’ambito della famiglia”.

In precedenza, alle 20mila persone presenti in piazza san Pietro, il Papa, proseguendo nelle catechesi dedicate agli Atti degli Apostoli, ha parlato del tema  “Fu associato agli undici apostoli “ (At, 1, 21-22.26).

Negli Atti, ha osservato Francesco “c’è il viaggio del Vangelo”. “Tutto parte dalla Risurrezione di Cristo. Questa, infatti, non è un evento tra gli altri, ma è la fonte della vita nuova. I discepoli lo sanno e – obbedienti al comando di Gesù – rimangono uniti, concordi e perseveranti nella preghiera. Si stringono a Maria, la Madre, e si preparano a ricevere la potenza di Dio non in modo passivo, ma consolidando la comunione tra loro. Quella prima comunità era formata da 120 fratelli e sorelle: un numero che porta dentro di sé il 12, emblematico per Israele, perché rappresenta le dodici tribù, ed emblematico per la Chiesa, per via dei dodici Apostoli scelti da Gesù. Ma ora, dopo gli eventi dolorosi della Passione, gli Apostoli del Signore non sono più dodici, ma undici. Uno di loro, Giuda, non c’è più: si è tolto la vita schiacciato dal rimorso”.

“Aveva iniziato già prima a separarsi dalla comunione con il Signore e con gli altri, a fare da solo, a isolarsi, ad attaccarsi al denaro fino a strumentalizzare i poveri, a perdere di vista l’orizzonte della gratuità e del dono di sé, fino a permettere al virus dell’orgoglio di infettargli la mente e il cuore trasformandolo da «amico» (Mt 26,50) in nemico e in «guida di quelli che arrestarono Gesù» (At 1,17). Giuda aveva ricevuto la grande grazia di far parte del gruppo degli intimi di Gesù e di partecipare al suo stesso ministero, ma ad un certo punto ha preteso di ‘salvare’ da sé la propria vita con il risultato di perderla (cfr Lc 9,24). Ha smesso di appartenere col cuore a Gesù e si è posto al di fuori della comunione con Lui e con i suoi. Ha smesso di essere discepolo e si è posto al di sopra del Maestro. Lo ha venduto e con il «prezzo del suo delitto» ha acquistato un terreno, che non ha prodotto frutti ma è stato impregnato del suo stesso sangue (cfr At 1,18-19)”.

“Se Giuda ha preferito la morte alla vita (cfr Dt 30,19; Sir 15,17) e ha seguito l’esempio degli empi la cui vita è come l’oscurità e va in rovina (cfr Pr 4,19; Sal 1,6), gli Undici scelgono invece la vita e la benedizione, diventano responsabili nel farla fluire a loro volta nella storia, di generazione in generazione, dal popolo d’Israele alla Chiesa. L’evangelista Luca ci fa vedere che dinanzi all’abbandono di uno dei Dodici, che ha creato una ferita al corpo comunitario, è necessario che il suo incarico passi a un altro. E chi potrebbe assumerlo? Pietro indica il requisito: il nuovo membro deve essere stato un discepolo di Gesù dall’inizio, cioè dal battesimo nel Giordano, fino alla fine, cioè all’ascensione al Cielo (cfr At 1,21-22). Occorre ricostituire il gruppo dei Dodici. Si inaugura a questo punto la prassi del discernimento comunitario, che consiste nel vedere la realtà con gli occhi di Dio, nell’ottica dell’unità e della comunione”.

E’ in tale ottica la comunità prega Dio perché indichi il prescelto tra i due candidati,  Giuseppe Barsabba e Mattia. Nella scelta di quest’ultimo si ricostituisce “il corpo dei Dodici, segno che la comunione vince sulle divisioni, sull’isolamento, sulla mentalità che assolutizza lo spazio del privato, segno che la comunione è la prima testimonianza che gli Apostoli offrono. Gesù l’aveva detto: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv13,35). I Dodici manifestano negli Atti degli Apostoli lo stile del Signore. Sono i testimoni accreditati dell’opera di salvezza di Cristo e non manifestano al mondo la loro presunta perfezione ma, attraverso la grazia dell’unità, fanno emergere un Altro che ormai vive in un modo nuovo in mezzo al suo popolo: il Signore Gesù. Gli Apostoli scelgono di vivere sotto la signoria del Risorto nell’unità tra i fratelli, che diventa l’unica atmosfera possibile dell’autentico dono di sé”.

“Anche noi abbiamo bisogno di riscoprire la bellezza di testimoniare il Risorto, uscendo dagli atteggiamenti autoreferenziali, rinunciando a trattenere i doni di Dio e non cedendo alla mediocrità. Il ricompattarsi del collegio apostolico mostra come nel DNA della comunità cristiana ci siano l’unità e la libertà da sé stessi, che permettono di non temere la diversità, di non attaccarsi alle cose e ai doni e di diventare martyres, cioè testimoni luminosi del Dio vivo e operante nella storia”.