P. Cedric Prakash: il linciaggio è un crimine di terrorismo

Il gesuita indiano sostiene che i linciaggi di massa sono “la più grande vergogna dell’India”. Dal 2012 ci sono stati 130 incidenti, con 311 persone coinvolte e 47 omicidi. Ministri federali “osannano i colpevoli”. La situazione è diventata così esplosiva che “serve una legge apposita”.


New Delhi (AsiaNews) – I linciaggi di massa sono “la più grande vergogna dell’India di oggi”. Lo afferma p. Cedric Prakash, attivista indiano, pacifista e membro del Jesuit Refugee Service (Jrs). Egli condanna senza mezzi termini gli episodi di cieca violenza perpetrati da folle di indù nei confronti soprattutto delle minoranze religiose musulmana e cristiana. Il problema dei linciaggi è diventato talmente diffuso, dichiara, “che deve essere considerato come un atto di terrorismo punibile per legge”.

L’attivista indiano cita il feroce omicidio di Tabrez Ansari, 24enne musulmano del Jharkhand. Le immagini che lo ritraggono accovacciato e implorante misericordia hanno fatto il giro della rete. A essere puniti dalle organizzazioni indù aderenti alla famiglia del Sangh Parivar sono soprattutto i musulmani, ma esistono anche casi di vittime cristiane.

Il comun denominatore delle violenze, spesso utilizzato solo come pretesto, è la questione delle “vacche sacre”. La vacca è l’animale sacro dell’induismo e la sua uccisione è considerata un oltraggio agli dei. Alcuni Stati vietano il commercio e il consumo della carne bovina, che è invece alla base dell’alimentazione per cristiani e musulmani, nonché fonte esclusiva di guadagno per i poveri che lavorano la pelle degli animali.

Per p. Prakash, le violenze compiute in nome della presunta protezione delle vacche sacre è “terrorismo di Stato”. I linciaggi, continua, “sono diventati la nuova normalità, che non serve essere troppo intelligenti per rendersene conto”. La cosa ancora più grave, denuncia, “è che grazie agli smartphones, la violenza è visibile e diventa virale e alcuni spettatori e persino gli esecutori provano una sorta di sadico piacere nel filmare le violenze!”.

Egli cita il sito FactChecker che monitora gli episodi di linciaggio: dal 2012 si sono verificati 130 incidenti, con 311 vittime coinvolte; di queste, 47 sono state uccise. Nel 77% dei casi, al governo degli Stati indiani in cui venivano compiuti gli omicidi, c’erano i politici del Bharatiya Janata Party, il partito nazionalista indù di cui il premier Narendra Modi (al suo secondo mandato) è il capo carismatico. Secondo l’attivista, “la tragedia dei linciaggi in India è che in apparenza essi ricevono la condanna ufficiale del governo di turno; ma poi, nei fatti, alcuni dei ministri al governo federale hanno pubblicamente incensato e reso omaggio con ghirlande di fiori i responsabili di questi macabri omicidi”.

La regolarità con cui vengono compiuti, continua, “esige l’approvazione di una legge anti-linciaggio”. Già nel settembre 2017, ricorda, la Corte suprema indiana aveva chiesto agli Stati d’intervenire con “misure forti, ma non è stato fatto niente. In alcuni Stati il governo e i meccanismi dell’ordine pubblico sono spudoratamente conniventi con le folle assassine”. Per questo, sottolinea, “non basta avere nuove leggi speciali contro i linciaggi. Serve che il governo centrale dichiari in maniera aperta che i linciaggi e la dittatura della folla (mobocracy) non saranno più tollerate”. Alle soglie del 150mo anniversario di nascita del Mahatma Gandhi, che verrà celebrato il 2 ottobre, “i leader devono smetterla d’indugiare nella vuota retorica e diffondere la dottrina ‘ahimsa’ (della non-violenza) di Gandhi”.