Papa in Mozambico: costruire la pace, ‘fiore fragile’ che richiede un lavoro duro

Autorità civili e giovani i primi appuntamenti di Francesco in Mozambico. “Il mondo si distrugge per l’inimicizia. E l’inimicizia più grande è la guerra. Oggigiorno vediamo che il mondo si sta distruggendo per la guerra. Perché sono incapaci di sedersi e parlare”.


Maputo (AsiaNews) – Costruire la pace attraverso la riconciliazione, il “tendere la mano” all’altro. E’ il messaggio che papa Francesco rivolge oggi al Mozambico, Paese che meno di un mese fa, il 6 agosto, è arrivato a un accordo di pace che ha posto fine a 40 anni di conflitto armato costato almeno un milione di morti.

Giunto ieri sera a Maputo, il Papa ha dedicato i primi appuntamenti di questo suo 31mo viaggio pastorale ad autorità e giovani.

Innanzi tutto la protocollare visita di cortesia al presidente della Repubblica, Filipe Jacinto Nyusi, al palazzo Ponta Vermelha, nel Salone Indias dopo la quale Francesco ha incontrato le autorità politiche e civili, compresi i capi dei partiti di opposizione e il corpo diplomatico.

“Voi – le sue parole - conoscete la sofferenza, il lutto e l’afflizione, ma non avete voluto che il criterio regolatore delle relazioni umane fosse la vendetta o la repressione, né che l’odio e la violenza avessero l’ultima parola”.

“Durante tutti questi anni – ha detto ancora - avete sperimentato che la ricerca della pace duratura – una missione che coinvolge tutti – richiede un lavoro duro, costante e senza sosta, poiché la pace è «come un fiore fragile, che cerca di sbocciare tra le pietre della violenza» (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 2019), e quindi richiede che si continui ad affermare con determinazione ma senza fanatismo, con coraggio ma senza esaltazione, con tenacia ma in maniera intelligente: no alla violenza che distrugge, sì alla pace e alla riconciliazione       “.

“Molti di voi – ha sottolineato nel successivo incontro interreligioso con i giovani - sono nati sotto il segno della pace, una pace travagliata che ha attraversato momenti diversi: alcuni più sereni e altri di prova. La pace è un processo che anche voi siete chiamati a portare avanti, stendendo sempre le vostre mani soprattutto a coloro che passano momenti difficili. Grande è il potere della mano tesa e dell’amicizia tradotta in gesti concreti! Penso alla sofferenza di quei giovani carichi di sogni che sono venuti a cercare lavoro in città, e oggi si trovano senza casa, senza famiglia e senza una mano amica. Com’è importante imparare ad essere una mano amica e tesa! Cercate di crescere nell’amicizia anche con coloro che la pensano diversamente, in modo che la solidarietà cresca tra di voi e diventi l’arma migliore per trasformare la storia”.

E ancora, rispondendo alla domanda: “cosa fare per il futuro del Paese?” ha affermato: “Proprio come state facendo ora, restando uniti, aldilà di qualsiasi cosa vi possa differenziare, cercando sempre l’opportunità per realizzare i sogni di un Paese migliore, ma... insieme. Com’è importante non dimenticare che ‘l’inimicizia sociale distrugge. E una famiglia si distrugge per l’inimicizia. Un paese si distrugge per l’inimicizia. Il mondo si distrugge per l’inimicizia. E l’inimicizia più grande è la guerra. Oggigiorno vediamo che il mondo si sta distruggendo per la guerra. Perché sono incapaci di sedersi e parlare. Siate capaci di creare l’amicizia sociale. Non è facile, occorre sempre rinunciare a qualcosa, occorre negoziare, ma se lo facciamo pensando al bene di tutti potremo realizzare la magnifica esperienza di mettere da parte le differenze per lottare insieme per uno scopo comune. Se riusciamo a trovare dei punti di coincidenza in mezzo a tante divergenze, in questo impegno artigianale e a volte faticoso di gettare ponti, di costruire una pace che sia buona per tutti, questo è il miracolo della cultura dell’incontro’”.

Ai politici, prima, aveva ricordato che “come sappiamo, la pace non è solo assenza di guerra, ma l’impegno instancabile – soprattutto di quanti occupiamo un ufficio di maggiore responsabilità – di riconoscere, garantire e ricostruire concretamente la dignità, spesso dimenticata o ignorata, dei nostri fratelli, perché possano sentirsi protagonisti del destino della propria nazione. Non possiamo perdere di vista che, «senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione. Quando la società – locale, nazionale o mondiale – abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la tranquillità» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 59)”.

Ma la pace, ha ammonito Francesco, ha bisogno di essere costruita anche grazie all’unità della cultura e alla difesa della “casa comune”. “Il percorso dev’essere tale da favorire la cultura dell’incontro e da esserne totalmente impregnato: riconoscere l’altro, stringere legami, gettare ponti. In questo senso, è essenziale mantenere viva la memoria, quale via che apre al futuro, quale sentiero che conduce a cercare obiettivi comuni, valori condivisi, idee che favoriscano il superamento di interessi settoriali, corporativi o di parte, affinché le ricchezze della vostra Nazione siano messe al servizio di tutti, specialmente dei più poveri”.

“La pace ci invita anche a curare la nostra casa comune. Da questo punto di vista, il Mozambico è una nazione benedetta, e voi in modo speciale siete invitati a prendervi cura di questa benedizione. La difesa della terra è anche la difesa della vita, che richiede speciale attenzione quando si constata una tendenza a saccheggiare e depredare, spinta da una bramosia di accumulare che, in genere, non è neppure coltivata da persone che abitano queste terre, né viene motivata dal bene comune del vostro popolo. Una cultura di pace implica uno sviluppo produttivo, sostenibile e inclusivo, in cui ogni mozambicano possa sentire che questo Paese è suo, e in cui possa stabilire rapporti di fraternità ed equità con il proprio vicino e con tutto ciò che lo circonda”.