Papa: oggi ci sono più martiri che all’inizio della vita della Chiesa, e sono dappertutto

“I martiri sono quegli uomini e quelle donne fedeli alla forza mite dell’amore, alla voce dello Spirito Santo, che nella vita di ogni giorno cercano di aiutare i fratelli e di amare Dio senza riserve; essi ci insegnano che, con la forza dell’amore, con la mitezza, si può lottare contro la prepotenza, la violenza, la guerra e si può realizzare con pazienza la pace”.


Città del Vaticano (AsiaNews) – Imparare a “vivere una vita piena, accogliendo il martirio della fedeltà quotidiana al Vangelo”. E’ il monito rivolto oggi dal Papa al termine di una udienza generale nella quale ha sottolineato valore e senso del martirio ed è tornato a ricordare che “oggi ci sono più martiri che all’inizio della vita della Chiesa, e i martiri sono dappertutto”.

Alle 20mila persone presenti in piazza san Pietro, Francesco, continuando il ciclo di catechesi sugli Atti degli Apostoli, ha sottolineato il male della “zizzania”. “E quale è la peggiore zizzania che distrugge una comunità? La zizzania della mormorazione, la zizzania del chiacchiericcio”.

Il Papa si è soffermato sulla vicenda di Stefano, uno dei primi sette diaconi. “Il diacono nella Chiesa – ha rilevato - non è un sacerdote in seconda, è un’altra cosa; non è per l’altare, ma per il servizio. E’ il custode del servizio nella Chiesa. Quando a un diacono piace troppo di andare all’altare, sbaglia. Questa non è la sua strada. Questa armonia tra servizio alla Parola e servizio alla carità rappresenta il lievito che fa crescere il corpo ecclesiale”.

Stefano, dunque, “evangelizza con forza e parresia, ma la sua parola incontra le resistenze più ostinate. Non trovando altro modo per farlo desistere, cosa fanno i suoi avversari? Scelgono la soluzione più meschina per annientare un essere umano: cioè, la calunnia o falsa testimonianza. E noi sappiamo che la calunnia uccide sempre. Questo ‘cancro diabolico’, che nasce dalla volontà di distruggere la reputazione di una persona, aggredisce anche il resto del corpo ecclesiale e lo danneggia gravemente quando, per meschini interessi o per coprire le proprie inadempienze, ci si coalizza per infangare qualcuno”.

“Condotto nel Sinedrio e accusato da falsi testimoni – lo stesso avevano fatto con Gesù e lo stesso faranno con tutti i martiri mediante falsi testimoni e calunnie – Stefano proclama una rilettura della storia sacra centrata in Cristo, per difendersi. E la Pasqua di Gesù morto e risorto è la chiave di tutta la storia dell’alleanza. Dinanzi a questa sovrabbondanza del dono divino, Stefano coraggiosamente denuncia l’ipocrisia con cui sono stati trattati i profeti e Cristo stesso. E ricorda loro la storia dicendo: «Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori» (At 7,52). Non usa mezze parole, ma parla chiaro, dice la verità”.

“Questo provoca la reazione violenta degli uditori, e Stefano viene condannato a morte, condannato alla lapidazione. Egli però manifesta la vera “stoffa” del discepolo di Cristo. Non cerca scappatoie, non si appella a personalità che possano salvarlo ma rimette la sua vita nelle mani del Signore e la preghiera di Stefano è bellissima, in quel momento: «Signore Gesù, accogli il mio spirito» (At 7,59) – e muore da figlio di Dio perdonando: «Signore, non imputare loro questo peccato» (At 7,60). Queste parole di Stefano ci insegnano che non sono i bei discorsi a rivelare la nostra identità di figli di Dio, ma solo l’abbandono della propria vita nelle mani del Padre e il perdono per chi ci offende ci fanno vedere la qualità della nostra fede”.

“I martiri – ha aggiunto nel saluto ai fedeli arabi - sono quegli uomini e quelle donne fedeli alla forza mite dell’amore, alla voce dello Spirito Santo, che nella vita di ogni giorno cercano di aiutare i fratelli e di amare Dio senza riserve; essi ci insegnano che, con la forza dell’amore, con la mitezza, si può lottare contro la prepotenza, la violenza, la guerra e si può realizzare con pazienza la pace”.