La Ue sui rischi del 5G: un attacco velato a Huawei
di Emanuele Scimia

L’Unione europea non minimizza il rischio associato all'uso del 5G, ma finora ha escluso la messa al bando di Huawei, il principale fornitore di questa tecnologia. Esperti: il vero problema nel lancio del 5G è la cornice giuridica cinese, che obbliga le società tecnologiche cinesi a cooperare con i servizi di intelligence di Pechino.


Bruxelles (AsiaNews) - In una valutazione del rischio associato all’utilizzo della tecnologia wireless di quinta generazione (5G), pubblicata il 9 ottobre, l'Unione europea non ha puntato direttamente il dito su Huawei, ma è chiaro che l’obiettivo della sua indagine è il colosso cinese delle telecomunicazioni. Il documento è stato redatto sull’onda delle preoccupazioni per i potenziali pericoli posti dall’uso dell’hardware 5G di Huawei nelle infrastrutture e nelle industrie chiave in Europa.
Nelle sue conclusioni la Commissione europea dichiara che le sfide alla sicurezza nello sviluppo e nell’uso dei sistemi 5G sono legati principalmente al “ruolo dei fornitori nella costruzione e gestione” di tali network. La Commissione inoltre sottolinea che Stati extra-Ue o attori sostenuti da un Paese non appartenente all’Unione – un eufemismo per Cina e Huawei – sono la minaccia più grave e plausibile per le reti europee 5G.
Entro la fine del 2019, la Ue dovrebbe concordare una serie di misure di “mitigazione” per affrontare i rischi identificati nel report.
Huawei è un leader mondiale nel 5G e fornisce già apparecchiature mobili per molte reti 4G nella Ue. Le infrastrutture 5G miglioreranno la connettività nell’ambito dell’economia digitale, in particolare in settori quali l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata e i veicoli a guida autonoma.
Pressati dagli Stati Uniti, i Paesi membri della Ue stanno valutando l’opportunità di escludere le compagnie tecnologiche cinesi dalla costruzione della rete europea a banda larga 5G.
Gli Usa hanno ripetutamente minacciato di riconsiderare alleanze e partenariati con i Paesi che acquistano tecnologia 5G cinese.
I leader statunitensi affermano che Huawei potrebbe agire per conto del governo cinese e dell’Esercito popolare di liberazione attraverso backdoor (o vulnerabilità) nel sistema 5G di altri Stati, spiando e sabotando le loro essenziali infrastrutture e piattaforme wireless.
Il governo Usa evidenzia inoltre che l’adozione della tecnologia cinese da parte dei Paesi della NATO potrebbe mettere in pericolo le future capacità militari dell’Alleanza atlantica.
Lo scorso maggio gli Stati Uniti hanno inserito Huawei nella loro “lista nera”, il che significa che il gigante cinese non può fare affari con le aziende americane. Anche il Giappone e l’Australia hanno bandito Huawei e ZTE (un’altra delle maggiori imprese di telecomunicazioni cinesi) dai loro sistemi 5G.
Piuttosto che un divieto assoluto, la Ue mira a introdurre misure comuni che possono essere utilizzate a livello nazionale per proteggere i dati sensibili. Ma la realtà è che Huawei ha già strappato la maggior parte dei suoi contratti 5G in Europa.
Germania e Gran Bretagna si sono rivolte a Huawei per la costruzione delle loro future reti 5G, mentre la Francia ha finora evitato di usare questa tecnologia cinese per le sue infrastrutture. Huawei equipaggia anche il gigante delle telecomunicazioni Vodafone in Italia e altre aziende del settore in Europa.
I cinesi sostengono che i problemi di sicurezza legati alla tecnologia 5G potrebbero essere risolti attraverso soluzioni tecniche.
Per dissipare i sospetti statunitensi ed europei, il CEO e fondatore di Huawei, Ren Zhengfei, ha dichiarato il 26 settembre che la sua azienda potrebbe condividere la tecnologia 5G con i gestori telefonici occidentali. Oltre a creare condizioni di parità per i concorrenti, la concessione in licenza della proprietà intellettuale relativa al 5G di Huawei consentirebbe agli acquirenti di modificare il codice sorgente del loro futuro hardware 5G. Secondo Ren, ciò eliminerebbe i possibili rischi nell’utilizzo della tecnologia Huawei.
Ma secondo il Cooperative Cyber ​​Defense Center of Excellence (CCDCOE) - un hub di difesa informatica accreditato dalla NATO che ha sede in Estonia - i Paesi occidentali non possono eliminare del tutto il rischio che le agenzie di intelligence cinesi controllino le reti 5G tramite Huawei, a meno che non evitino del tutto l’acquisizione della tecnologia made in China.
Come sottolineato ad AsiaNews da Kadri Kaska, un esperto in campo legale del CCDCOE, “il rischio per gli utenti Huawei, come percepito dall’Occidente, deriva da una combinazione di fattori, di cui la tecnologia è un aspetto importante, ma non quello decisivo”.
Secondo Kaska e Henrik Beckvard (un altro ricercatore del CCDCOE), il vero problema è il quadro giuridico cinese. Essi si riferiscono al fatto che le società tecnologiche cinesi sono legalmente obbligate a cooperare con i servizi di intelligence del loro Paese.
Kaska ha osservato che è sostanzialmente impossibile proteggere asset tecnologici in presenza di vulnerabilità che “potrebbero consentire l’accesso illegittimo a servizi vitali, e permettere al cliente di controllare il codice sorgente non mitigherebbe completamente questo problema”.
Kaska ha insistito sul fatto che la maggior parte delle nazioni e degli operatori di telefonia non avrebbero realisticamente le risorse per sfruttare l’offerta di Ren. “La modifica del codice sorgente – ha spiegato - non è una azione singola; essa richiede una costante ricerca e un grande impegno da parte di un team specializzato che conosce bene la tecnologia 5G “. “Gravi vulnerabilità nella sicurezza – ha aggiunto - non sono state scoperte nemmeno nei software open source più diffusi, nonostante questi siano stati sotto costante controllo della comunità globale di esperti per anni”.