Kuwait, lavoratori stranieri venduti come schiavi sui social network

La vicenda emersa in seguito a una inchiesta di Bbc Arabic e riguarda in modo diffuso diversi Paesi del Golfo. Le donne proposte come “lavoratrici” e filtrate secondo criteri diversi: età, razza, carattere, provenienza. Il sistema di sponsorizzazione (Kefala) fra i fattori che favoriscono il fenomeno. 


Kuwait City (AsiaNews) - Le autorità del Kuwait hanno promosso una vasta operazione contro il commercio di vite umane, alimentato attraverso l’uso dei più importanti social media fra i quali Instagram, l’app dedicata allo scambio e alla condivisione di foto. Le forze di sicurezza hanno aperto un fascicolo di inchiesta a carico dei proprietari di diversi account, attraverso i quali i lavoratori domestici venivano “venduti come schiavi”. 

La vicenda è emersa in seguito a una inchiesta di Bbc Arabic, in base alla quale si è scoperto un enorme mercato online alimentato grazie all’uso di applicazioni per cellulari diffuse sulle piattaforme Apple e Goolge, inclusa la popolare app per foto di proprietà di Facebook. Le donne venivano messe in vendita come “lavoratrici” per mezzo di hashtag quali “cameriera in vendita” o “domestica per trasferimento”.

Il fenomeno riguarda migliaia di donne e uomini, con le loro immagini diffuse sui social e filtrate in base a criteri precisi quali età, razza, carattere, provenienza. L’obiettivo del commercio - diffuso in diversi Paesi del Golfo, non solo il Kuwait - in forte espansione era quello di poter acquistare un domestico, spesso ridotto in schiavitù, al miglior prezzo. 

In seguito all’inchiesta Instagram e altri social avrebbero iniziato a rimuovere i contenuti sensibili e a bloccare la diffusione degli hashtag incriminati, impedendo la creazione di nuovi account. Mubarak Al-Azimi, capo dell’Autorità pubblica del Kuwait per la manodopera, afferma di aver aperto un’indagine nei riguardi di una donna emersa nel rapporto Bbc che ha venduto una ragazzina di soli 16 anni proveniente dalla Guinea. 

Fra le persone indagate vi sarebbe anche un poliziotto. 

In Kuwait la grande maggioranza delle famiglie hanno un lavoratore domestico, proveniente dalle zone più povere dell’Asia o dell’Africa. Nella sua inchiesta, gli esperti sotto copertura hanno parlato con 57 utenti e contattato decine di persone che ceravano di vendere la propria lavoratrice o lavoratore domestica sfruttando fra gli altri una app chiamata 4sale. Fra i criteri esibiti al momento della “vendita” il fatto che sia “pulito e sorridente” o che “non si permette di chiedere giorni liberi”. 

Fra i fattori che favorivano la riduzione in schiavitù dei lavoratori domestici il cosiddetto sistema di “sponsorizzazione”, il cosiddetto sistema “Kefala” che costringeva gli stranieri a chiedere il “permesso” del proprio padrone per “cambiare impiego o lasciare il Paese”. Di recente alcune nazioni del Golfo, come il Qatar, hanno cancellato tale pratica ma gli abusi restano diffusi.