Caritas, con governo e ribelli per proteggere i profughi Kachin dal coronavirus

A causa del conflitto etnico, 106.305 persone vivono dal 2011 in campi per sfollati interni. In questi giorni, Caritas sta intensificando iniziative e misure per prevenire la diffusione del virus nelle strutture. Il direttore nazionale: “In caso di bisogno, tutta la comunità cattolica del Paese è pronta alla mobilitazione”.


Yangon (AsiaNews) – In Kachin, Stato lungo il confine nord-orientale con la Cina, Caritas Myanmar lavora a stretto contatto con governo, organizzazioni ribelli ed istituzioni internazionali per prevenire la diffusione del coronavirus nei campi per sfollati interni (IDPs) del conflitto etnico. Lo racconta ad AsiaNews Richard Win Tun Kyi, direttore nazionale del braccio umanitario della Chiesa birmana – conosciuto in patria con il nome di Karuna Mission Social Solidarity (Kmss).

Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha), 97.455 persone vivono ancora in 139 accampamenti di fortuna costruiti in Kachin. Tra questi, 120 accolgono 57.951 sfollati in aeree controllate dal governo di Naypydaw; i restanti 19 ospitano 39.504 profughi in territori amministrati dalla Kachin Independence Organization (Kio). Altre 8.850 persone hanno trovato rifugio più a sud, nei 32 campi allestiti dalle autorità birmane nello Stato di Shan. Nel Kachin e nello Shan la Chiesa può contare su una forte presenza, dovuta all’alta percentuale di cristiani (cattolici e battisti).

Nonostante la rapida diffusione del virus 2019-nCoV nel mondo, in Myanmar le autorità non hanno ancora confermato episodi di infezione. “Nelle aree di confine – afferma Win Tun Kyi – Kmss e partner locali stanno rispondendo alla crisi sanitaria, ma al momento non si rilevano neanche casi sospetti. Ma lo Stato di Kachin è uno dei più importanti punti d’accesso al Paese e confina con la provincia cinese dello Yunnan, dove le autorità cinesi hanno già confermato diversi episodi di contagio. Per questo motivo, l’attenzione resta alta”. In questi giorni, Caritas sta intensificando iniziative e misure per prevenire la diffusione del virus nei campi per sfollati. “In particolare – prosegue il direttore – stiamo educando la popolazione a mettere in pratica alcune semplici precauzioni igienico-sanitarie, come lavarsi le mani di frequente ed indossare mascherine protettive. È fondamentale che ogni caso sospetto sia riportato al personale medico e ai funzionari responsabili delle strutture di accoglienza. Nel frattempo siamo in stretto contatto con le organizzazioni Onu di stanza a Yangon [nel sud del Paese], con cui ci confrontiamo su come reagire in caso di emergenza. Il prossimo incontro è previsto per domani. I nostri volontari collaborano anche con il Dipartimento per la Salute della Kachin Independence Organization (Kio)”.

Seppur in assenza di contagi, l’epidemia sta già influenzando la vita quotidiana della popolazione Kachin. “I valichi di frontiera sono chiusi. Le merci incontrano difficoltà a passare da un Paese all’altro. Questo sta avendo un impatto sull’economia delle aree più prossime al confine. L’effetto più immediato è l’aumento dei prezzi per i beni di consumo. Per il momento, il fenomeno non interferisce con le nostre operazioni. Tuttavia, siamo preparati a rispondere in caso di peggioramento della situazione. A breve incontreremo i nostri sostenitori e finanziatori, con cui metteremo a punto un ‘piano B’. Stiamo lavorando in base alle nostre capacità, ma la Conferenza episcopale del Myanmar (Cbcm) sta monitorando la situazione da vicino attraverso i vescovi Kachin – conclude Win Tun Kyi –. Nel caso avessimo bisogno di qualcosa, sarebbe pronta una mobilitazione da parte di tutta la comunità cattolica del Paese”. (PF)