​Papa: coronavirus, le famiglie in questo momento difficile conservino la pace

I dottori della legge “sentono sufficienza: ‘Noi siamo andati all’università, ho fatto un dottorato, no, due dottorati. So bene, bene, bene, cosa dice la legge; anzi conosco tutte, tutte, tutte le spiegazioni, tutti i casi, tutti gli atteggiamenti casistici’. E si sentono sufficienti e disprezzano la gente, disprezzano i peccatori: il disprezzo verso i peccatori”.


Città del Vaticano (AsiaNews) – Papa Francesco che continua a dedicare alle persone malate la messa che celebra ogni mattina a Casa Santa Marta, stamattina ha invitato a pregare per le famiglie, perché in questo momento difficile conservino la pace, la gioia e la fortezza. Una preghiera speciale anche per le persone con disabilità.

“Continuiamo a pregare – le sue parole - per le persone ammalate in questa pandemia. Oggi vorrei chiedere una speciale preghiera per le famiglie, famiglie che da un giorno all’altro si trovano con i bambini a casa perché le scuole sono chiuse per sicurezza e devono gestire una situazione difficile e gestirla bene, con pace e anche con gioia. In modo speciale penso alle famiglie con qualche persona con disabilità. I centri di accoglienza diurni per le persone con disabilità sono chiusi e la persona rimane in famiglia. Preghiamo per le famiglie perché non perdano la pace in questo momento e riescano a portare avanti tutta la famiglia con fortezza e gioia”.

All’omelia, commentando il passo evangelico del figlio prodigo (Lc 15, 1-3. 11-32) ha sottolineato che “questa parabola Gesù la dice in un contesto speciale: ‘Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo’. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: ‘Costui accoglie i peccatori e mangia con loro’. E Gesù gli rispose con questa parabola. Cosa dicono? La gente, i peccatori si avvicinano in silenzio, non sanno dire, ma la loro presenza dice tante cose, volevano ascoltare. I dottori della legge cosa dicono? Criticano. ‘Mormoravano’, dice il Vangelo, cercando di cancellare l’autorità che Gesù aveva con la gente. Questa la grande accusa: ‘Mangia con i peccatori, è uno impuro’”.

“La gente – ha detto ancora Francesco - sente il bisogno di salvezza. La gente non sa distinguere bene, intellettualmente: ‘Io ho bisogno di trovare il mio Signore, che mi riempia’, ha bisogno di una guida, di un pastore. E la gente si avvicina a Gesù perché vede in Lui un pastore, ha bisogno di essere aiutata a camminare nella vita. Sente questo bisogno. Gli altri, i dottori sentono sufficienza: ‘Noi siamo andati all’università, ho fatto un dottorato, no, due dottorati. So bene, bene, bene, cosa dice la legge; anzi conosco tutte, tutte, tutte le spiegazioni, tutti i casi, tutti gli atteggiamenti casistici’. E si sentono sufficienti e disprezzano la gente, disprezzano i peccatori: il disprezzo verso i peccatori”.

“Nella parabola il figlio dice al padre: ‘Dammi i soldi e me ne vado’. Il padre dà, ma non dice nulla perché è padre”. “Un padre sa soffrire in silenzio”.

“L’altro figlio rimprovera il padre: ‘Sei stato ingiusto’”.

“Cosa sentono questi della parabola? Il ragazzo sente voglia di mangiarsi il mondo, di andare oltre, di uscire dalla casa, e forse la vive come una prigione e ha anche quella sufficienza di dire al padre: ‘Dammi quello che tocca a me’. Sente coraggio, forza. Cosa sente il padre? Il padre sente dolore, tenerezza e molto amore. Poi quando il figlio dice quell’altra parola: ‘Mi alzerò - quando rientra in sé stesso - mi alzerò e andrò da mio padre’, trova il padre che lo aspetta, lo vede da lontano. Un padre che sa aspettare i tempi dei figli”. Il figlio maggiore “si indignò”.

“Queste sono le cose che si dicono in questo passo del Vangelo, le cose che si sentono. Ma qual è il problema? Il problema - cominciamo dal figlio maggiore - il problema è che lui era a casa, ma non si era mai accorto cosa significasse vivere a casa: faceva i suoi doveri, faceva il suo lavoro, ma non capiva cosa fosse un rapporto di amore con il padre. ‘Il figlio si indignò e non voleva entrare’. ‘Ma questa già non è la mia casa?’ … aveva pensato. Lo stesso dei dottori della legge. ‘Non c’è ordine, è venuto questo peccatore qui e gli hanno fatto la festa, e io?’. Il padre dice la parola chiara: ‘Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo’. E di questo, il figlio non se n’era accorto, viveva a casa come fosse un albergo, senza sentire quella paternità … Tanti ‘alberghieri’ nella casa della Chiesa che si credono i padroni. È interessante, il padre non dice alcuna parola al figlio che torna dal peccato, soltanto lo bacia, lo abbraccia e gli fa festa; a questo deve spiegargli, per entrare nel cuore: aveva il cuore blindato per le sue concezioni della paternità, della figliolanza, del modo di vivere”.

“Tante cose ci dice questa parabola del Signore che è la risposta a coloro che lo criticavano perché andava con i peccatori. Ma anche tanti oggi criticano, gente di Chiesa, coloro che si avvicinano alle persone bisognose, alle persone umili, alle persone che lavorano, anche che lavorano per noi. Che il Signore – la preghiera finale del Papa - ci dia la grazia di capire qual è il problema. Il problema è vivere in casa ma non sentirsi a casa, perché non c’è rapporto di paternità, di fratellanza, soltanto c’è il rapporto di compagni di lavoro”.