Seoul: un modello nella lotta al Covid-19, grazie ai cittadini

La prof.ssa Eusun Lee spiega i successi della Corea del Sud. All’inizio del mese, i contagi giornalieri erano circa 500; ora si aggirano sul centinaio. “La popolazione si è da subito attenuta alle regole e al buonsenso”. Per molti esperti, la capacità diagnostica su vasta scala è la chiave per il controllo dell'epidemia.


Seoul (AsiaNews) – Il governo sudcoreano “ha reagito con prontezza ed efficacia all’emergenza coronavirus, ma il merito dei successi che il Paese sta ottenendo è tutto dei cittadini e dei comportamenti responsabili che sin da subito hanno assunto”. Lo dichiara ad AsiaNews la prof.ssa Eusun Lee, docente e specialista in Medicina d'emergenza presso il Korea University Guro Hospital di Seoul, commentando i progressi del Paese nella lotta alla diffusione del Covid-19. Il bilancio globale delle vittime del virus è di oltre 215mila infezioni e più di 8.800 morti. Nel tentativo di frenare la pandemia, molti governi stanno ricorrendo a severe misure preventive come la chiusura dei confini o l’isolamento sociale; ma la Corea del Sud, che prima di esser superata dall’Italia è stata a lungo il primo Paese per numero di infezioni al di fuori della Cina, è emersa come un simbolo di speranza e un modello da emulare.

Oggi le autorità sanitarie sudcoreane hanno registrato un aumento delle nuove infezioni quotidiane, a causa di nuovi focolai nella città sud-orientale di Daegu, nonché a Seoul e nelle aree limitrofe. Il Centro coreano per il controllo e la prevenzione delle malattie (Kcdc) afferma che i 152 contagi confermati ieri interrompono quattro giorni consecutivi di aumenti a due cifre e portano il numero totale di infezioni nella nazione a 8.565. L’incremento annunciato è simile alle 100 o più infezioni giornaliere riportate durante la scorsa settimana, ma molto più basso delle 500 o più della prima settimana di questo mese. Finora, in Corea del Sud a causa del virus sono morte 91 persone, per lo più pazienti anziani con malattie di base. Altre due vittime sono state riportate all'inizio della giornata, ma queste non sono incluse nell’aggiornamento ufficiale. Il Kcdc afferma che 59 pazienti affetti dal Covid-19 versano in condizioni critiche. Seoul ha dimesso dagli ospedali un totale di 1.947 pazienti completamente guariti al coronavirus fino a ieri, in aumento di 407 rispetto al giorno prima: è il più alto numero di guarigioni giornaliere.

“Sin dai primi giorni dell’emergenza – racconta la prof.ssa Eusun Lee – i sudcoreani hanno mostrato grande responsabilità civica. In molti hanno ridotto al minimo gli spostamenti e, in caso di necessità, uscivano di casa indossando mascherine protettive. La popolazione si è da subito attenuta alle regole e al buonsenso: in caso di tosse, coprirsi la bocca con il braccio; lavarsi spesso le mani; mantenere una ragionevole distanza di oltre un metro gli uni dagli altri. Un altro aspetto importante è che i coreani sono soliti usare spesso i servizi di consegna a domicilio, che nel Paese sono molto ben sviluppati. A mio avviso, questo ha permesso alle persone di restare in casa, evitando di contribuire alla diffusione del virus”.

Per molti esperti, la capacità diagnostica su vasta scala è stata la chiave per il controllo dell'epidemia in Corea del Sud. “Sono d’accordo”, dichiara Eusun Lee. “In anni recenti – continua – il Paese ha avuto a che fare con la Sindrome respiratoria mediorientale (Mers). Al tempo, il governo ha potenziato le strutture mediche nei grandi ospedali. Allo stesso tempo, le compagnie che producono strumenti di diagnostica hanno migliorato i propri prodotti, che ora esportano in tutto il mondo. Per fare ciò, queste società sono ricorse persino all’Intelligenza artificiale (Ai)”. Quando a gennaio gli scienziati cinesi hanno pubblicato per la prima volta la sequenza genetica del virus Covid-19, almeno quattro aziende sudcoreane hanno iniziato a sviluppare e stoccare kit per i test insieme al governo, ben prima che fosse individuato il primo focolaio nel Paese.

Nel momento in cui le cose sono iniziate a peggiorare, Seoul ha avuto la possibilità di esaminare più di 10mila persone al giorno, anche presso i centri diagnostici improvvisati. Il governo ha messo in atto il programma di test più ampio e ben organizzato al mondo, combinato con ampi sforzi per isolare le persone infette e rintracciare o mettere in quarantena chi vi era entrato in contatto. Secondo le stime, la Corea del Sud ha esaminato più di 270mila persone.

“Di fatto – spiega Eusun Lee – solo nella città di Daegu vi è carenza di posti letto per i pazienti che necessitano di assistenza medica nei reparti di terapia intensiva. Questo centro urbano registra quasi il 90% delle infezioni a livello nazionale. In caso di emergenza, il governo si riserva il diritto di requisire strutture ricettive come gli ostelli e collegi. Qui trovano sistemazione le persone malate che non hanno bisogno di particolari attenzioni. A prendersene cura, vi sono uno-due medici e le infermiere. Quanti versano in condizioni più gravi sono ricoverati nel Keimyung University Daegu Dongsan Hospital. Questo ospedale è riservato ai pazienti da coronavirus. Chi non rientra in questa categoria è stato trasferito altrove. Le persone più a rischio, come gli anziani, trovano posto negli altri ospedali della città”.

“Personalmente – conclude la prof.ssa – ho paura di contrarre il virus. Tuttavia, poiché lavoro in una struttura medica universitaria, dispongo di mascherine e altri dispositivi di protezione a sufficienza. Molti dei miei colleghi che sono partiti volontari per Daegu sono invece sotto pressione, perché ogni giorno hanno a che fare con circa un centinaio di pazienti in più. Le risorse mediche a volte sono carenti ma molti dottori ed infermieri continuano ad arrivare in città per dare una mano. La lezione più importante che altri Paesi possono apprendere dal modo in cui la Corea del Sud sta gestendo l’emergenza è la sinergia tra governo e popolazione: i cittadini rispettino le disposizioni e restino in casa”. (PF)