Istanbul, Santa Sofia in moschea non porta più voti a Erdogan

Un sondaggio elaborato da Avrasya Research conferma che lo “strappo” del “sultano” non è fonte di ulteriori consensi. Al partito di governo Akp il 35% dei voti; 12,4% al movimento di opposizione filo-curdo Hdp. Meno del 30% apprezza l’operato del presidente, bocciato dal 40% degli interpellati.


Istanbul (AsiaNews) - La conversione di Santa Sofia in moschea, voluta con forza dal “sultano” Recep Tayyip Erdogan per “islamizzare” la Turchia, non ha portato maggiore consenso al presidente e al partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp) al governo nel Paese. È quanto emerge da un sondaggio pubblicato dal giornale (di opposizione) Bianet, secondo cui la (controversa) scelta di cambiare la destinazione d’uso dell’antica basilica cristiana non incide sulle scelte degli elettori. 

L’inchiesta, elaborata da Avrasya Research, è stata condotta fra il 25 e il 29 luglio su un campione complessivo di 2460 in rappresentanza di diverse fasce di età e status sociale. Secondo i risultati, ben il 99,7% degli interpellati ha detto che la riapertura a luogo di culto musulmano “non cambia” le preferenze di voto.  

In caso di elezione oggi, l’Akp riceverebbe il 35% dei voti e l’alleato nazionalista Nationalist Movement Party (Mhp) il 7,4%. L’ İYİ (Good) Party il 12,4% e il movimento di opposizione Peoples' Democratic Party (Hdp, filo-curdo) l’11,7% delle preferenze. I due partiti satellite dell’Akp, il Future Party e il Democracy and Progress Party (Deva) rispettivamente il 2,2 e il 2,3%. 

In riferimento al gradimento personale del presidente Erdogan e del suo operato alla guida del Paese, il 28.9% afferma di apprezzare il lavoro del “sultano”, improntato al nazionalismo e all’islam; il 40,2% degli interpellati è contrario e il 30,9% non approva, né critica le scelte del presidente. Il governo è apprezzato dal 30,3% degli intervistati, bocciato dal 41,9%, mentre il 27,8% non esprime un giudizio netto.

Infine, per la grande maggioranza degli interpellati il problema più importante da risolvere in Turchia è di natura “economica”, seguito dalla “disoccupazione”, poi dal “tasso di inflazione” e dalla crescente “ingiustizia”. Ai primi posti, dunque, non figura la religione o l’islam per una nazione che si vuole, almeno nella maggioranza dei suoi abitanti, laica.